Capitano Giuseppe Grandi


Nacque a Limone (Cuneo) il 20/2/1914 da Ciro Menotti e Cardani Enrica.
Diplomatosi in ragioneria all'Istituto tecnico Galilei di Firenze, fu ammesso nel 1934 all'Accademia Militare di Modena da dove nel 1936 ne uscì nominato Sottotenente in s.p.e. Dopo aver frequentato la Scuola d'Applicazione di Torino, fu destinato al 5° Reggimento Alpini .
Ottenne un elogio dall'Ispettorato delle Truppe Alpine in occasione della costruzione della strada militare nella zona dell'Altissimo. Tenente dal 1 Ottobre 1938 fu poi istruttore ed allenatore presso la Scuola Militare di Alpinismo in Aosta fino alla dichiarazione di guerra del Giugno 1940.
Partecipò col Btg Tirano alle operazioni che si svolsero sulla frontiera alpina occidentale,quindi rientrò ad Aosta e vi rimase fino alla partenza per la Russia nel Luglio 1942.Comandante la 46^ compagnia la mattina del 26 Gennaio 1943 a Nikitowka alla testa dei suoi alpini venne gravemente ferito all'addome durante una carica contro i russi. Portato al riparo ed adagiato su una slitta, gli alpini gli sono intorno qualcuno ha le lacrime agli occhi. Il moribondo li vede e dice loro: “Che cosa fate con quei musi! Avanti cantate con me la canzone del Capitano”: Ed intona per primo “Il comandate la compagnia…” I suoi alpini facendosi forza,stringendo le labbra per non piangere fanno coro assieme a lui, un coro triste ,lento di voci che tremano di singhiozzi”. Questo episodio realmente accaduto è entrato di diritto nella Leggenda Alpina.
Paolo Caccia Dominioni immortalerà questa scena in diversi disegni e nell'affresco che decora una delle sale del Museo Nazionale Storico degli Alpini a Trento. 
Alla sera entra da vincitore in Nikolajewka, durante la marcia viene confessato da Padre Alfredo Battaglino della 309° sezione Sanità, e pernotta assieme ad altri feriti in un capannone. Il 27 gennaio nonostante l'ordine di abbandonare i feriti gravi ,gli alpini della 46^ continuano a portarlo con loro. Questo bel gesto d'altruismo si rivelerà vano perché durante la stessa giornata Giuseppe Grandi muore. Non volendolo abbandonare neppure da morto sarà trascinato sulla slitta ancora per un giorno finchè il 28 gennaio 1943 sarà sepolto in un campo di fianco alla pista .

Di lui scrive tra gli altri, Nuto Revelli nel libro-diario "Mai Tardi"
“Povero Grandi, le gambe sono piegate. Si diventa poco quando si è morti; non si è più niente! (…) Con la coperta che fa da barella lo trasportiamo in un campo, a dieci metri dalle isbe. Il cuore mi scoppia, vorrei piangere, gridare. Scavo con il piede nella neve farinosa, ma la buca è poco profonda . Grandi sentirà freddo per sempre”
Il suo corpo rimane disperso come tanti altri Alpini in terra russa.
Dopo la sua morte verrà promosso Capitano con anzianità 1 Gennaio 1942.


Alla memoria di questa bellisima figura alpina venne conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare.

Medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione: Magnifica figura di comandante di compagnia le cui virtù hanno avuto modo di essere particolarmente notate fin dai primi giorni in cui assumeva posizioni sul fronte orientale.Situazioni critiche e minacciose furono da lui affrontate con freddo calcolo e con indomito coraggio.L'attività del capitano Grandi è stata talmente preziosa e infaticabile da metterlo in evidenza come uno dei soldati più meritevoli cui resta indissolubilmente legata la granitica opera difensiva che fece delle linee della sua divisione un baluardo insormontabile.Durante un arduo e difficile ripiegamento,allo scopo di sventare una irruenta manovra nemica di aggiramento,infervorati con la voce e con l'esempio i suoi alpini,si lanciava irresistibilmente nel cuore della mischia riuscendo dopo aspra e sanguinosa lotta ad arrestare e frantumare il poderoso urto di un nemico superiore in uomini e mezzi.Ferito all'addome e consapevole della fine imminente,non desisteva dall'animare i propri uomini:Vedendo intorno alla sua slitta insanguinata pochi alpini superstiti,silenziosi e addolorati, trovava la forza di incitarli ad esultare per il superbo successo conseguito e ad intonare con lui la strofa di una nostalgica canzone:”il comandante la compagnia l' è si ferito e sta per morir..”Come un vasto,religioso corale si diffonde allora nella distesa gelida della steppa la voce degli alpini,quale simbolo imperituro della tenace gente della montagna,del suo incomparabile spirito di sacrificio,del suo eccezionale ardimento,della sua inconcussa fede nella vittoria. (Quota 228,quota 226,7 – Belegorny-Arnautowo,Russia 9 Settembre 1942-Gennaio 1943)