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Mercoledì, 18 Ottobre 2023

Terza battaglia dell'Isonzo

L’Isonzo continua a dominare il fronte italiano: è un punto cruciale per gli strateghi militari.
Cadorna decide di ignorare Trieste e punta tutto su Gorizia.
Da mezzogiorno di lunedì 18 ottobre 1915 l’artiglieria italiana si abbatte su circa cinquanta chilometri di postazioni austro-ungariche, da Monfalcone alle Prealpi Giulie.
Avanziamo a Doberdò, a San Martino e sul Monte San Michele.
In prima battuta l’esercito asburgico vacilla; poi si riorganizza e ci ricaccia indietro. Ancora una volta.
L’offensiva viene sospesa ai primi di novembre. Le linee austriache non sono state spezzate. E la porzione di territorio strappata al nemico è irrisoria rispetto ai caduti.
L’esercito italiano supera quota 67.000 perdite; quello austro-ungarico ne conta più o meno 42.000.
La tregua dura meno di una settimana. Giovedì 11 novembre 1915 l’esercito italiano tenta una nuova offensiva. Qualche progresso viene fatto a nord di Gorizia, verso Oslavia, ma in sostanza non cambia nulla. Neanche questa volta. Gli assalti diminuiscono fino a cessare il 5 dicembre. Tra italiani e austriaci si contano circa 75.000 perdite.
I soldati sono demoralizzati, stanchi di farsi uccidere per pochi metri. Il malumore invade le trincee, acuito dalle sempre peggiori condizioni di vita. Le razioni non bastano, gli indumenti non sono adeguati. L’inverno è alle porte, piove tanto e fa freddo. Anche l’opinione pubblica inizia a stancarsi dei continui fallimenti.