Andrea68
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Luigi ha scritto:
Questa nuova ipotesi cambia tutto.
Ma come nuova? Praticamente si è partiti da lì: opportunità  di dare il supporto di unità  pesanti, presumendo di averne, al 4° CdA. E non di trasformare gli Alpini in meccanizzati. Poi per alimentare un po' la discussione mi sono calato nella parte del cattivo :twisted:
Anche per capire in che modo avrebbero operato gli Alpini in tale situazione.
Sono state proposte alcune, continuo a sperare non fossero solo quelle, delle misure previste per la difesa; e ho ribattuto su come non sarebbero state poi così tremende da superare. Ogni volta che uno progetta una strategia difensiva dovrebbe domandarsi "se fossi il mio nemico come mi fregherei?"

Se, come detto sopra, le opzioni si esaurivano negli sbarramenti statici e nella guerriglia mi vien da dire "santo cielo ci è andata grassissima!"
Ribadisco la mia scarsa fiducia sulla tenuta delle opere, sia nelle valli alpine che in pianura, e la mia solidarietà  a quanti le guarnivano. Se si punta sulla guerriglia si dà  per scontato di perdere il controllo del territorio, e a me questa non sembra una strategia avveduta. Così come il contare passivamente sulle debolezze reali o presunte dell'avversario. Questo si riferisce agli Ungheresi: la loro debolezza può essere sfruttata se siamo noi a contrattaccarli, altrimenti se stanno di rincalzo conta poco.
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jolly46
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La discussione è ovviamente molto interessante, purtroppo il suo sviluppo è limitato dalla scarsa conoscenza che abbiamo su tanti risvolti contrapposti e possiamo fare solo illazioni ed ipotesi legate alla conoscenza dell'entità  ed articolazione delle truppe sul terreno.
Nello specifico l'ipotesi fatta, ovvero attacco nel 1989 e non considerazione delle armi nucleari, presenta degli evidenti limiti storico/dottrinali.
Nel 1989 ambedue le parti credo avessero già  tacitamente messo da parte l'ipotesi di un conflitto in Europa (e le riduzioni dello strumento italiano alla frontiera orientale ne sono un sintomatico aspetto), non considerare l'ipotesi nucleare è poi, a parer mio, concettualmente errato.
Le forze NATO (e quindi anche quelle italiane) a partire dalla metà  degli anni 50 sono state dimensionate, organizzate ed addestrate ad operare in ambiente nucleare poichè la loro inferiorità  numerica non permetteva altre alternative.
Quindi i numeri in gioco in fatto di divisioni, carri armati, artiglierie e quant'altro sono indissolubilmente legati al possesso ed all'uso certo dell'armameno nucleare, fosse solo quello tattico (ipotesi limitata cui non credo).
Se vogliamo fare ipotesi su scenari credibili penso che dovremmo spostare l'analisi agli anni 60/70, al massimo i primi 80 ma assolutamente non oltre.
E dovremmo tener conto anche dell'utilizzo dell'arma nucleare, come d'altronde la dottrina in vigore (anche nel suo evolversi temporale) prevedeva, fosse la "rappresaglia massiccia" degli anni 50 o la "risposta flessibile" degli anni successivi.
Resta il fatto che dal passo di Resia a Tanamea la difesa sarebbe stata affidata in toto ad unità  alpine, quindi niente meccanizzati e/o corazzati, salvo il piccolo contributo del gruppo tattico Savoia/10° Avisio che secondo dottrina avrebbe costituito la riserva mobile del Corpo d'Armata.
Per capire meglio le possibilità  di difesa sull'arco alpino bisognerebbe capire l'entità  della mobilitazione, ovvero oltre alle cinque brigate alpine quanti altri reparti alpini saremmo stati in grado di mettere in campo, visto che delle unità  dell'esercito di campagna dislocate sul territorio nazionale nessuna era "predisposta" per lo spostamento su quel fronte, che tutto sommato era secondario visto che la maggior pressione sarebbe stata giù in pianura dove avrebbero potuto manovrare meglio le unità  motorizzate attaccanti.
Parer mio, non sarebbe stata una passeggiata, la Pusteria è una valle piuttosto ampia ma pur sempre una "canalizzazione" naturale che avrebbe ceato problemi all'attaccante.
Non penso solo agli sbarramenti controcarri, ma anche alle demolizioni ed al vasto uso di mine.
L'esperienza tedesca durante la campagna d'Italia con la magistrale condotta di operazioni ritardatrici penso sia stata da noi ben studiata ed applicata ove possibile, il concetto stesso della nuova fortificazione permanente degli anni della guerra fredda è un'eredità  degli studi e delle applicazioni tedesche sul fronte italiano.
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Luigi
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Andrea68 ha scritto: Ma come nuova? Praticamente si è partiti da lì
Veramente si è partiti dai VCC al Morbegno e dalle critiche di Cavalli proprio alla meccanizzazione delle TT.AA, che è cosa diversa dalle unità  di seconda schiera per il contrattacco.
Andrea68 ha scritto: Se, come detto sopra, le opzioni si esaurivano negli sbarramenti statici e nella guerriglia mi vien da dire "santo cielo ci è andata grassissima!"
Non è che fanteria leggera = difesa statica, fanteria meccanizzata = difesa dinamica. Gli alpini vivono (vivevano?) di fuoco e movimento, fuoco e movimento. Altra cosa la fortificazione permanente, ma anche altri i compiti.
Dal poco che so, inoltre, le operazioni nelle retrovie erano considerate "nel caso che", non "in ogni caso", cioè modello jugoslavo.
Andrea68 ha scritto: Così come il contare passivamente sulle debolezze reali o presunte dell'avversario. Questo si riferisce agli Ungheresi: la loro debolezza può essere sfruttata se siamo noi a contrattaccarli, altrimenti se stanno di rincalzo conta poco.
Anche questa è una questione diversa, in quanto si era partiti dal discutere "quanto avremmo retto", e su questo la qualità  delle truppe attaccanti avrebbe avuto il suo bel peso.

Vedo che in ogni caso nel frattempo è sceso in campo un luminare, per cui alle sue osservazioni mi rimetto umilmente :D
Mandi.
Luigi
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Relativamente alla supposta scarsa credibilità  della fortificazione permanente (malvista peraltro anche da qualcuno negli alti comandi) mi preme ebidenziare invece quanto comunque la stessa presentasse anche in anni recenti elementi di validità  e di efficienza.

Principalmente la presenza della fortificazione sia nei settori montani che collinari e di pianura permetteva la dilatazione dei settori difensivi tenuti dalle divisioni e brigate ed anzi consentiva a queste grandi unità  la costituzione di riserve mobili a tergo della posizione avanzata.
Comunque rappresentavano elementi ritardatori non trascurabili che avrebbero permesso lo spiegamento delle grandi unità  che dal resto dell'Italia settentrionale avrebbero affiancato quelle stanziali ed anche il completamento agli organici di guerra dei reparti.

Il valore aggiunto della fortificazione permanente rispetto a quella campale era altresì importante nell'eventualità  del previsto utilizzo da parte di entrambi i contendenti dell'arma nucleare tattica.

Personalmente ritengo una errata scelta quella presa dallo S.M.E. a metà  degli anni 70 di considerare conclusa l'esperienza della fortificazione permanente e quindi di non dedicarvi più risorse economiche per la manutenzione e l'ammodernamento.
Adeguatamente aggiornata e grazie all'introduzione di nuove tecnologie la fortificazione avrebbe costituito ancora un'ottima opzione a disposizione degli alti comandi (l'esperienza svizzera docet) e vista la sempre presente "coperta corta" in fatto di uomini, armi e mezzi avrebbe rappresentato una notevole risorsa a disposzione dei comandi sul terreno.

Solo per l'ambiente montano (ed anche in presenza di forze eli/aviotrasportate, che comunque avrebbero dovuto fare i conti con le montagne ed il meteo) sarei proprio curioso di vedere qualche ipotesi di "puntata" attraverso la Pusteria dal confine austriaco alla stretta di Rio di Pusteria, su una strada che in qualche punto era facilmente ostruibile da qualche semplice demolizione stradale (ci aggiungiamo anche qualche pillola da 90?).

Nel settore di pianura il discorso era diverso e più preoccupante, ma anche lì la "densità " di opere permanenti e la loro natura puntiforme avrebbe rappresentato un ostacolo deciso e non trascurabile, lasciando alle forze mobili motorizzate/meccanizate/corazzate l'onere della battaglia d'arresto e della contromanovra.

Mi è capitato di dirlo altre volte, eravamo inferiori sulla carta ma ce la saremmo giocata, duramente ed all'ultimo colpo.
I miei dubbi nascono da quello che avevamo dietro, ovvero nulla o quasi, ma in quel caso non era purtroppo un problema militare quanto politico.
Di una politica che se ne è ampiamente fregata delle esigenze militari per la difesa della Patria e ci ha sempre lasciato con la coperta corta anzi cortissima.
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Re: E se fosse scoppiata?

Andrea68 ha scritto:Visto che si prefigura come un argomento molto vasto propongo di mettere delle sponde per delimitare il campo.
Parliamo della situazione a livello operazionale, lasciando fuori per quanto è possibile considerazioni di più alto livello strategico, ideologico, politico ed economico. E teniamo pure in ghiacciaia l'opzione nucleare, che pure ha avuto un peso enorme su tutta la strategia della tensione tra i due blocchi.
E' l'estate del 1989 e in qualche modo i russi stanno arrivando. Che facciamo? quali sono le nostre opzioni? E le loro?
Le osservazioni che ho fatto sopra venivano dalla valutazione se fosse opportuno o meno dare un po' di appoggio di truppe corazzate o meccanizzate al 4° Corpo d'Armata per difendere le principali aste vallive, naturali vie di penetrazione per qualunque attacco. Io ho già  detto la mia. Aprite il fuoco! :P
In ogni caso l'opzione nucleare occorre tenerla in considerazione, in quanto era previsto nei piani sovietici che l'attacco dovesse iniziare con l'uso di missili nucleari tattici, lanciati su città  come Bonn, Francoforte, Colonia, Stoccarda, Monaco, i porti di Amburgo e Rotterdam, il Comando NATO a Bruxelles e per quanto riguarda l'Italia la città  a maggior rischio era Verona.

Sembra che l'attacco all'Italia dovesse avvenire impiegando le truppe sovietiche basate in Ungheria, affiancate dalle Divisioni di questo paese, attraverso l'invasione dell'Austria e non della Jugoslavia.

A questo punto, dopo l'attacco nucleare russo bisogna vedere se la NATO era in grado di lanciarne a sua volta e se la risposta è sì, vuol dire che c'era ancora una struttura di Comando e forse si poteva anche spostare qualche reparto corazzato-meccanizzato per rinforzare gli Alpini.

Curioso il fatto che l'attacco sarebbe avvenuto invadendo l'Austria e non attraverso la Jugolslavia.
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E se fosse scoppiata?

Andrea68 ha scritto:Il Gruppo di Forze Meridionale in Ungheria aveva certamente piani per tutte e due le opzioni.
Io nel mio archivio ho trovato questi due documenti se vi possono interessare. Non li ho ancora mai esaminati a fondo, quindi non so se sono validi.
Mi auguro che i dati di Mr. Johnson sul tipo e numero di mezzi siano esatti, anche perché dopo i Leopard del nostro Esercito, non ho alcuna intenzione di cercare di fare tornare i conti visto che non sono neppure ragioniere. :roll:
Scherzo, mi rendo conto che catalogare un'enorme mole di dati richiede tempo e moltissima pazienza e per farmi perdonare allego un file con le forze di entrambi gli schieramenti.
Allegati
NATO Vs PdV.zip
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Re: E se fosse scoppiata?

Max Falchi ha scritto: In ogni caso l'opzione nucleare occorre tenerla in considerazione, in quanto era previsto nei piani sovietici che l'attacco dovesse iniziare con l'uso di missili nucleari tattici, lanciati su città  come Bonn, Francoforte, Colonia, Stoccarda, Monaco, i porti di Amburgo e Rotterdam, il Comando NATO a Bruxelles e per quanto riguarda l'Italia la città  a maggior rischio era Verona.

Sembra che l'attacco all'Italia dovesse avvenire impiegando le truppe sovietiche basate in Ungheria, affiancate dalle Divisioni di questo paese, attraverso l'invasione dell'Austria e non della Jugoslavia.

A questo punto, dopo l'attacco nucleare russo bisogna vedere se la NATO era in grado di lanciarne a sua volta e se la risposta è sì, vuol dire che c'era ancora una struttura di Comando e forse si poteva anche spostare qualche reparto corazzato-meccanizzato per rinforzare gli Alpini.

Curioso il fatto che l'attacco sarebbe avvenuto invadendo l'Austria e non attraverso la Jugolslavia.
E anche "l'inferno nucleare di Wuerzburg", sventurata cittadina della Franconia che nelle partite a Central Front non arrivava mai indenne alla fine...
Lasciare da parte le atomiche è sì una forzatura, ma se si cominciano a sparare quelle ogni ipotesi va a ramengo e si entra nel campo dell'imponderabilità  totale. Ma non penso che se ne sarebbe fatto un uso disinvolto e generalizzato; non senza prima almeno tentare di sfondare, o resistere con le forze convenzionali. Il rischio di escalation era comunque elevatissimo, e del resto un campo di battaglia nuclearizzato non è un ambiente confortevole nemmeno per chi le lancia. Sennò le forze convenzionali che cosa ci stavano a fare?
Ripeto che è una forzatura, ma se chiosate sempre con un fungo atomico possiamo anche chiudere il thread :lol:

Avevo posto l'accento sul passaggio dall'Austria perchè la discussione era nata da lì, ma non intendevo come passaggio alternativo alla soglia di Gorizia, semmai complementare. Potrebbe essere una mossa diversiva, o un'opportunità  nata da qualche pasticcio austriaco. Piuttosto siete così sicuri che la Jugoslavia si sarebbe opposta al passaggio delle forze del PdV? Anche dopo la morte di Tito?
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Io jolly lo leggerei per ore :).
jolly46 ha scritto: ...
Se vogliamo fare ipotesi su scenari credibili penso che dovremmo spostare l'analisi agli anni 60/70, al massimo i primi 80 ma assolutamente non oltre.
E dovremmo tener conto anche dell'utilizzo dell'arma nucleare, come d'altronde la dottrina in vigore (anche nel suo evolversi temporale) prevedeva, fosse la "rappresaglia massiccia" degli anni 50 o la "risposta flessibile" degli anni successivi.
E' vero, probabilmente i primi anni '80 hanno rappresentato uno dei periodi più glaciali tra le due potenze. Purtroppo la mia conoscenza delle forze contrapposte diminuisce quanto più si va indietro, quindi posso giusto leggervi e fare qualche commento.
jolly46 ha scritto:
Resta il fatto che dal passo di Resia a Tanamea la difesa sarebbe stata affidata in toto ad unità  alpine, quindi niente meccanizzati e/o corazzati, salvo il piccolo contributo del gruppo tattico Savoia/10° Avisio che secondo dottrina avrebbe costituito la riserva mobile del Corpo d'Armata.
Appunto! E' un fronte molto lungo per 5 brigate, di cui una pure in retrovia e un battaglione in Abruzzo. E le uniche forze pesanti sono quelle già  citate del Savoia e i Carabinieri. Il 10° Avisio non lo conosco: da aggiungere all'OdB?
jolly46 ha scritto:
Per capire meglio le possibilità  di difesa sull'arco alpino bisognerebbe capire l'entità  della mobilitazione, ovvero oltre alle cinque brigate alpine quanti altri reparti alpini saremmo stati in grado di mettere in campo,
Questo aspetto della mobilitazione è sempre rimasto molto vago. Oltre ai battaglioni quadro e BAR darimpolpare in fretta e furia non conosco altre unità  di rinforzo. C'erano piani per la costituzione di altri battaglioni? Si è parlato della Brigata Piemonte, ma sinceramente non mi ispira tantissima fiducia.
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10 Avisio
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prima
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II btr 88/27 Sexton
III btr 88/27 Sexton (da 10-02-60)
01-01-63 assorbe CIII gr sem
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20-12-75 > 10 Avisio
di stanza a 57 Bolzano
poi
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Luigi
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Il battaglione L'Aquila, finchè la frontiera era "calda", era di stanza a Tarvisio. Solo dal '75, se ricordo bene, passò in Abruzzo dopo la notoria (e malfamata) prima riforma dello strumento militare terrestre italiano.
Come ho già  scritto in "cantina", è interessante notare come nello stesso anno iniziava, con il famoso "Libro bianco", la parallela ristrutturazione della Marina militare. Dopo trent'anni temo che i risultati dei due processi siano stati un po' diversi.

A me rimane un dubbio su "Savoia".
Essendogli assegnata la missione di presa contatto e frenaggio per il 4° C. d'A. Alp., sospetto che non avrebbe salvato molto per il successivo ruolo di riserva mobile. Sbaglio in qualche cosa?
Mandi.
Luigi
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jolly46
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Luigi le tue perplessità  credo siano quelle di tutti, senza esaminare le carte è spesso difficile fare analisi e chissà  quando riusciremo a leggere qualcosa in concreto su questo tema così importante per noi.

Io ipotizzo che ambedue i ruoli fossero assegnati a Savoia, ma dubito che l'impiego dell'unità  avvenisse nelle valli alpine dove non c'erano spazi di manovra e magari avrebbe finito con imbottigliarsi.
Penserei più ad un suo ruolo nella piana di Bolzano che ben tornerebbe con la sua dislocazione a Merano e con la presenza dei semoventi di artiglieria a Trento (vedi intervento di Wintergreen).
Un'altra zona di operazioni per Savoia poteva essere quella di Tolmezzo-Carnia-Venzone a chiusura dello sbocco nella pianura friulana, si spiegherebbe così la presenza di distaccamenti del reparto a Carnia.
Interessante in questo caso la "continuità " dello schieramento con le opere della fortificazione permanente ben numerose nel settore.

Relativamente allo schieramento delle cinque brigate alpine sulla fronte, teniamo conto che nel settore Carnia-Cadore sarebbero state schierate la Julia, la Cadore e la Taurinense (di cui il btg. Mondovì ed il gruppo Pinerolo ante 75 erano già  assegnati alla Julia e dislocati a Tolmezzo e Paluzza) con il Comando Truppe Carnia-Cadore a fare da cerniera fra il 4° ed il 5° Corpo d'Armata.
In sostanza da nord di Tanamea fino al passo di Monte Croce Comelico si sarebbero schierati 11 battaglioni alpini con il supporto di fuoco di 11 gruppi di artiglieria da montagna (ante 75 il rapporto battaglioni/gruppi era 1:1), direi con una buona densità  considerata il terreno e l'orografia e numero sufficiente anche ad avere riserve immediate ed impiegabili.

In Pusteria e nella Val Venosta sarebbero rimaste Tridentina ed Orobica.
Per quanto riguarda le unità  di mobilitazione, oltre ai battaglioni alpini d'arresto di cui abbastanza conosciamo, certamente direi che sarebbero stati costituiti altri battaglioni se come è vero negli anni 50/60 per il settore alpino era prevista la costituzione all'emergenza del Comando 1^ Armata e relativa Intendenza.
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Se può servire, anche se l'esperienza è di 10 anni prima.
Nel settembre 69 la mia cp alpina, la 50, ha fatto un'esercitazione nella pianura sotto Prato alla Stelvio con un plotone di carri M47 del Savoia.
Se fosse stato l'esempio di una corretta collaborazione carri-fanteria ci sarebbe stato da piangere: non abbiamo fatto altro che correre e sbalzare avendo a fianco i carri, con la preoccupazione che non ci vedessero.
Se con questi presupposti avessimo dovuto combattere…….
Dal punto di vista dell'arresto facevano più impressione i bunker, anche se vuoti, ed il fossato anticarro che attraversava l'alta Val Venosta poco sotto Malles.
Effettivamente in quella zona non saprei come avrebbero potuto operare dei complessi di carri anche ridotti: poco spazio, ostacoli naturali ed artificiali, fossato anticarro e opere sui fianchi della montagna da cui era facile colpire il fondovalle.
Sarebbe stato preferibile, da entrambe le parti l'utilizzo di fanteria, da parte italiana con mortai da 120, e di artiglieria come il 105/14 che si poteva portare in quota, dove la corta gittata non era un limite.
Comunque, non dimentichiamoci che, per arrivare al Passo di Resia, le truppe del Patto di Varsavia avrebbero dovuto attraversare la parte meridionale della Germania e l'Austria e mantervi aperte le linee di collegamento e rifornimento.
Infine mi chiedo che apporto avrebbe dato il Savoia (con 40/48/51 carri scegliete voi) se avesse anche dovuto frazionarsi tra Val Venosta (bassa naturalmente), Val Pusteria e Valli della Carnia?
Meglio gli alpini d'arresto!
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jolly46 ha scritto:Relativamente allo schieramento delle cinque brigate alpine sulla fronte, teniamo conto che nel settore Carnia-Cadore sarebbero state schierate la Julia, la Cadore e la Taurinense (di cui il btg. Mondovì ed il gruppo Pinerolo ante 75 erano già  assegnati alla Julia e dislocati a Tolmezzo e Paluzza) con il Comando Truppe Carnia-Cadore a fare da cerniera fra il 4° ed il 5° Corpo d'Armata.
In pratica il 4° Corpo d'Armata avrebbe operato soltanto con le Brigate Orobica e Tridentina più i supporti?
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jolly46 ha scritto: Io ipotizzo che ambedue i ruoli fossero assegnati a Savoia, ma dubito che l'impiego dell'unità  avvenisse nelle valli alpine dove non c'erano spazi di manovra e magari avrebbe finito con imbottigliarsi.
In effetti, non è che le Alpi avrebbero consentito ai nostri carri le azioni che impedivano a quelli nemici.

Wintergreen, non sarei così drastico.
Non vedo quale altra collaborazione coi carri avreste potuto attuare, se non coprirne i fianchi (i.e. "correre e sbalzare"); non penso che i panzergrenadieren in Russia facessero niente di diverso. E la preoccupazione che menzioni mi pare sia sempre stata quella di qualsiasi fante da quando il carro armato è entrato in scena.

Ora però mi accorgo della mia ignoranza, e mi rivolgo perciò agli amici meccanizzati con una domanda piuttosto ingenua: ma in combattimento, voi dovevate scendere dagli M113/VCC o no? Oppure dipendeva dalla situazione?
Mandi.
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Luigi ha scritto:Ora però mi accorgo della mia ignoranza, e mi rivolgo perciò agli amici meccanizzati con una domanda piuttosto ingenua: ma in combattimento, voi dovevate scendere dagli M113/VCC o no? Oppure dipendeva dalla situazione?
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Venivano fatti scendere molto prima di venire a contatto con le forze avversarie, sia in presenza di carri armati nemici, sia che ci si trovasse di fronte alla sola fanteria, che normalmente si presume sia equipaggiata con razzi anticarro.

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