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Mauro
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Massimo ha scritto: La domanda in me è nata spontanea: questa gente è venuta qui per lavorare ed inserirsi nel nostro paese o è venuta qui per rompere il cazzo?
Per me la seconda, se inserita in questo contesto.
Per gli immigrati io sono favorevole alla loro entrata, è un doppio vantaggio per noi...siamo stati noi Italiani ad andare all'estero quando c'erano tempi brutti non vedo perchè gli altri non dovrebbero venire da noi. In casa mia finalmente dopo quasi un anno siamo riusciti a regolarizzare una donna venuta da fuori....e vi assicuro che qui non è facile regolarizzare un immigrato, non per nulla, ma per la burocrazia italiana e gli innumerevoli errori che fanno al Comune....praticamente un'odissea. Non so se qualcuno del forum ha avuto la mia stessa esperienza.
Detto questo, tutto è bello; ma se cominciasse a rubare o se cominciasse a fare cio' che vuole la sua testa, il calcio in c***o io glielo do lo stesso, anzi pure doppio.
E se fosse italiana la persona, non cambierebbe il mio concetto; certo se è straniera...la regola la conosciamo, se ne torna a casa.
O sta minestra o sta finestra...oh, ma il nostro datore di lavoro, se facessimo casino dove ci manderebbe?
Dio creò l'alpino, lo mise sulla montagna e poi gli disse arrangiati.
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tutto giusto però non commettiamo l'errore di fare di tutt'un erba un fascio!
perchè io conosco dei mussulmani che sono meglio di tanti che si professano cristiani.
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Hellis
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Si Abby, io capisco il tuo pensiero e lo condivido anche.

Il mio riferimento al Chador era una ricollocazione della discussione sul Crocefisso, ovvero che se per un Musulmano il Crocefisso rappresenta un cadaverino, per me il Chador rappresenta il simbolo della segregazione, un atto coercitivo insomma, verso le donne.

In sintesi un Musulmano deve essere libero in Italia di non mangiare carne di maiale. Ma è di fatto impossibile costringerci ad organizzarci per creare mense pubbliche (scolastiche etc etc) che soddisfino tutte le esigenze multireligiose.
Come ci sono i Musulmani, ci sono i Buddisti, gli animisti e centininaia di altre religioni.. poi passiamo per i vegeteriani etc etc. Ah ci stiamo dimenticando quelli per cui una scelta alimentare diversa non è un capriccio, ma un dovere: gli intolleranti al glutine, gli intolleranti alle uova, etc etc.
Poi trasponiamo il tutto non solo sul piano alimentare, ma su tutte le questioni che riguardano la vita pubblica.
Allora a me sta bene la multiculturalità .. anzi benissimo. Ma la multiculturalità  deve appartenere a tutti, il punto di incontro deve essere comune e lo sforzo per essere raggiunto di entrambe le parti.
Sulla questione alimentare, per fare un esempio, io dico che se fosse possibile, la precedenza dovrebbe essere data alle persone per cui, purtroppo, l'attenzione nei cibi è una questione di salute.
Il Musulmano che frequenta la mensa scolastica si mangerà  la pasta e salterà  la carne eccheccazzo. Io a Bassano ci ho perso 9 kg perchè non mi piaceva il mangiare: cazzi miei (e contenta la mia morosa di allora che oggi è mia moglie).
Mia figlia ha in classe, all'asilo, tre bimbi indiani: spiegatemi perchè i genitori di questi bimbi non si sono mai lamentati di nulla, e non si sono mai posti problemi particolari. Ok sono di etnia o religione Sick (quelli dei Gurka mi pare), e portano i capelli lunghi intrecciati sotto al turbante. Ma a me sinceramente non da nessun fastidio, e una volta ci scherzavo e facevo "le tigri di Monpracen"(mia moglie voleva andare 3 m sotto terra).
Fra l'altro qui da noi sono considerati degli ottimi "vaccari" (quelli che curano le vacche) perchè per loro religione sono sacre: ma alla fine qui poi le bestie si uccidono anche, e non hanno mai posto problemi di religione.
Ora non capisco perchè una religione forte come quella Musulmana non predichi un pò più di tolleranza.

Ah Federico... io non porto Crocefissi, perchè sono un mangiapreti :wink:
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Hellis ha scritto:Si Abby, io capisco il tuo pensiero e lo condivido anche.

...(omissis)...

Ah Federico... io non porto Crocefissi, perchè sono un mangiapreti :wink:
:lol:
Bene, vedo che hai già  provveduto ad eliminare simboli offensivi. Ma lasciamo stare il mangiapreti che non so mica se qualche migrante lo possa considerare dieta offensiva :wink:
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Ciao Hellis,
grazie per tuo appoggio morale, ma ......una preghiera.....una supplica....una minaccia se nn basta... :

NON MI CHIAMARE ABBY !!!!!!! ahahahahahahahah

Per il resto niente da dire...bastrebbe ci considerassimo semplicemente individui, non già  tutti uguali...azzo...non lo siamo !!, ma tutti diversi che devono vivere insieme!!
Certo che per il cibo bisogna dare la precedenza ai motivi di salute...ci mancherebbe........
Il cibo si puo' rifiutare...me lo posso portare da casa, ma queste sono cose che credo che le persone intelligenti, di qualunque razza o religione lo capiscano e siano d'accordo...il discorso degli estremisti e degli ignoranti...beh é una croce che un po' tutti dobbiamo portare...

Tu dici che i mussulmani dovrebbero essere un po' piu' tollleranti !! ma io credo che un po' tutti dovrebbero essere piu' tolleranti, non esistono solo i talebani di religione mussulmana..
Per la religione mussulmana...non mi avventuro perché non ne so praticamente nulla...e credo che la compagnia sia purtroppo grande anche tra quelli che la giudicano...
Non so quali siano i precetti e quali le credenze..quali le eresie,non so se si puo' considerarla ..omogenea...non so neppure se si sia giusto chiamarla mussulmana...
E di tutto questo me ne dispiaccio, ma la mia ignoranza nel campo mi tiene fuori da dire cazzate...

Dobbiamo decidere se le persone che accogliamo a casa nostra, vengano da Agrigento o da Dakar, le vogliamo considerare come amici o come ospiti...quello che possiamo pretendere da loro non é molto diverso...molto diverso é l'approccio mentale...

Ridico che contro chi viola le nostre leggi non ci puo' essere tolleranza, se nn la stessa che viene usata per ognuno di noi...

Ciao Hellis, ricordati la mia preghiera ..........

Ciao ABBADIA
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jolly46
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Mi sembra interessante questo "fondo":


Iraq, le Forze Armate italiane e il Crollo di Nasiriyah

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Andrea Tani, 17 novembre 2003

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Lo schianto di Nasiriyah ha messo tragicamente fine a quella specie di età  dell'innocenza (o della mistificazione, a seconda dei punti di vista) nella quale le Forze Armate italiane hanno vissuto negli ultimi venti anni. Più precisamente dal 1982, quando iniziò, con il Libano, la serie dei loro interventi fuori area a prevalente, se non esclusivo, carattere umanitario. La fortunosa e fortunata esperienza di Italcon del generale Angioni (il Condor di Oriana Fallaci) ha costituito una pietra miliare sulla quale si sono forgiati i nuovi militari del Dopomuro, molto diversi dallo stereotipo tradizionale del guerriero italico al quale tutto sommato era appartenuto anche l'appannato soldato democristiano della Guerra fredda.
Antiquato e ancorato esclusivamente alla Soglia di Gorizia ma formato da capi che avevano fatto una guerra e ne conoscevano le concretezze, quest'ultimo era rimasto comunque un "operatore della guerra" - come si direbbe oggi - senza confusioni e fraintendimenti. Questi sono iniziati invece con l'insperato successo della missione che riuscì a fare una dignitosa figura nelle condizioni orrende della carneficina libanese, schivando sia Sabra e Shatila sia i camion bomba che massacrarono i contingenti francese e americano. Tornò in Patria con un solo morto (un marò del battaglione San Marco) e un certo rispetto da parte di ambienti militari esteri arroganti e orgogliosi che avevano conosciuto il soldato italiano solo nella storia scritta dai vincitori e nelle storielle da caserma. Con il senno di poi - di un poi che arriva a queste tristi giornate - si può dire che l'esperienza fu in qualche modo foriera di equivoci che non hanno portato bene alle Forze Armate.

Senza più il nemico canonico che avevano sempre avuto dall'inizio della loro esistenza e in assenza di uno scopo definito, esse approfittarono del dignitoso esito del Libano per riconvertirsi gradualmente nel corso dei decenni successivi a un ruolo pressocché esclusivo di "operatrici di pace". In questo ruolo hanno creduto con sempre maggiore convinzione (anche perché il contesto politico-culturale del Paese si prestava mirabilmente ad assecondarlo) e hanno continuato a farlo sempre con una uniformità  di indirizzo del tutto indipendente dal colore politico del momento.

Che sia prima nato l'uovo o la gallina - ossia siano state le Forze Armate a vedere nel nuovo ruolo un eccellente veicolo di riconoscimento e legittimazione o la classe dirigente a spingerle in tale direzione - non ha molta importanza. E' un fatto che raramente nella storia d'Italia si è verificata una simile concordia fra l'opinione pubblica, l'intellighenzia politico-culturale, le classi di governo e la corporazione militare, come nell'assunzione della pace a riferimento basilare della militarità  nazionale. Analogamente a quello che avevano man mano rappresentato nella vicenda storica dell'Italia il Risorgimento, l'Unità  Nazionale, Trento e Trieste, l'impero, il posto al sole, la riconquista della Patria invasa dall'uno e dall'altro, la salvaguardia del Mondo Libero…

Il prodotto delle Forze Armate ha quindi man mano trasmigrato dalle tradizionali tipologie storiche (affermazione della potenza nazionale, difesa della Patria, salvaguardia delle democrazia o produzione di sicurezza, a seconda delle varie epoche) a una quasi esclusiva assistenza ai derelitti e ai bisognosi, generalmente out of area in situazioni preferibilmente postbelliche di peace keeping. L'enforcing era lasciato volentieri ad altri. Così facendo le Forze Armate si sono trasformate in agenzie di assistenza internazionale, mettendosi in competizione con le ONG ancor prima che queste fossero costituite. Le hanno anzi vicariate quando non esistevano, assumendone una specie di patrocinio morale appena hanno cominciato a operare. Il metro di riferimento dell'efficienza e l'efficacia dello strumento militare è diventato la generosità  e non più la capacità  di vincere conflitti assicurando la sicurezza nella quale la stessa generosità  si poteva esplicare.

Si è così profondamente snaturata la natura della professione militare e - quel che è peggio - il ruolo e la funzione dello strumento bellico nazionale. Chiunque abbia assistito alle recenti celebrazioni del 4 novembre e abbia riflettuto su quello che è stato detto anche ai massimi livelli istituzionali - con questa incredibile enfasi su un nuovo esercito radicalmente diverso e quindi migliore di quello che aveva fatto il Piave, Vittorio Veneto, El Alamein, Lero, la Campagna d'Italia e la Guerra fredda - non può non aver compreso quanto profonda sia stata la metamorfosi storica che le Forze Armate hanno subito.

La strage di Nasiriyah ha bruscamente riportato tutti alla realtà  su questo e altri temi. E' stato ribadito drammaticamente che gli eserciti - regolari o irregolari - sono formati da soldati armati da uno Stato o da una fazione per gestire a proprio favore la naturale e ineliminabile propensione dell'uomo alla sopraffazione e alla violenza sia aggredendo i nemici sia proteggendo i propri o altrui concittadini dalle loro conseguenze. Infami assassini islamici hanno portato questa banale ovvietà  alle estreme conseguenze senza regole e senza quartiere. Lo shock emotivo che il Paese ha subito è stato enorme. Il suo rientro nella Storia non poteva essere più traumatico.

Tutta la manipolazione di questi anni è apparsa nella sua inconsistenza, a partire dall'emblematica vicenda del Libano dalla quale siamo partiti. In primis, il dettaglio costantemente ignorato dalle cronache e dalla leggenda, ma assai significativo all'indomani di Nasiriyah, che non era stata la bontà  italica a evitare a Italcon i destino dei Marines e della Legione Straniera. Vi avevano concorso l'insignificanza geopolitica del Paese del quale era emanazione, la particolare sagacia della stazione SISMI di Beirut (sul cui libro paga si trovavano tutti i capi della guerriglia palestinese) e il filoarabismo parossistico dei governanti del tempo, senza dimenticare la professionalità  del generale Angioni che aveva adottato, mutuandoli dalle sue esperienze ranger americane, i famosi zigzag obbligati per entrare nella base italiana. I terroristi del tempo poi colpivano obiettivi definiti, non erano le schegge impazzite e nichiliste di oggi e attaccavano i loro nemici non l'intero genere umano. Il terrorismo era ancora laico, relativamente razionale.

Oggi la situazione è ben diversa. L'Iraq non è un Libano diviso fra due fazioni che accettano l'intervento di mediatori ma un Paese occupato contro la sua volontà  nel quale il contingente italiano è percepito dai suoi abitanti come filoamericano, come del resto il governo che ne ha ordinato l'invio a Nasiriyah, con l'aggiunta - in questo caso - di una contiguità  con Israele che allora non sussisteva. Il SISMI sembra che brancoli nel buio, a quanto riferiscono gli organi di stampa, come la CIA del resto. I generali Angioni del momento dal canto loro si preoccupano innanzitutto di non essere percepiti come un fastidio dagli iracheni ma come un aiuto, dato che la missione è umanitaria e la sua filosofia è di tenere aperto il rapporto con loro. Le massicce strutture in cemento armato che avrebbero forse ridotto le conseguenze dell'attentato, simili a quelle che circondano tutte le basi angloamericane (con spazi di sicurezza, zig zag, strade deviate, sensori, lanciagranate nei corpi di guardia…) potevano essere interpretate come barriere psicologiche per la cooperazione. I poveri iracheni si sarebbero innervositi.

Era dal 1982 che una base militare di un esercito serio non veniva violata da un veicolo esplosivo in un attentato suicida. Le predisposizioni che lo rendono impossibile sono diffuse e conosciute: bastava adottarle. Se non fosse tragico, sarebbe solo assurdamente incomprensibile, come lo sono i commenti dei VIP governativi accorsi a Nassiria i giorni dopo l'attacco, che concordano sulla necessità  di "cambiare strategia e rafforzare le difese". Ma cosa aspettavano dopo l'aggressione all'ONU, la strage alla moschea di Najaf del 29 agosto e la serie ininterrotta di bombardamenti e attentati dall'inizio di ottobre in tutto l'Iraq, culminata con l'attacco alla Croce Rossa del 27 ottobre? Si poteva veramente immaginare che gente che attacca la Croce Rossa esiti di fronte a un carabiniere sorridente che accarezza un bambino solo perché è rispettoso delle usanze locali? E che dire delle passate dichiarazioni tranquillizzanti del Ministro della Difesa (che peraltro voleva ribattezzare il suo dicastero "della Pace") comparse sulla stampa e riprese tutte insieme in una beffarda sequenza sui giornali di questi giorni?

Tutta la vicenda, fino al tragico giorno del crollo, era ammantata da una combinazione di inconsapevole anelito al martirio e ottimismo incosciente che lascia sgomenti. Del senno di poi sono piene le fosse, ma insomma è difficile trovare ragioni plausibili o attenuanti per una catastrofe così annunciata. E di fronte a tutto ciò nessuna autocritica, nessuna rimozione, nessuna dimissione. Solo fatalità  e connesso eroismo. Rassegnazione e lacrime. La vittoria ha molti padri e la sconfitta è orfana. Lo è come i figli dei poveri padri di famiglia che abbiamo visto sui giornali e in televisione, gran parte dei quali si trovavano nel posto orrendo dove sono caduti oltre che per aiutare gente che li ha contraccambiati nel modo che sappiamo, anche per assicurare ai propri cari un futuro di decenza, non consentito dalla meschina riconoscenza ordinaria del proprio Paese.
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Federico
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Perfetto, Jolly46.

Peccato che, come si usa dire, questo articolo non fosse stato scritto prima dell'attentato.

Concordo appieno, soprattutto, sull'enorme "misunderstanding" sulla figura del militare, che da noi in Italia ha assunto connotati farseschi, presentando il soldato come un misto tra crocerossina/cappellano/volontario ONG. In questa "tripartizione" manca l'aspetto fondamentale, quella del soldato. E' da almeno una ventina d'anni che la grancassa mediatico-politica batte sul tasto del soldato di pace, che si è trasformato ultimamente in "operatore" di pace, come a voler sottolineare la completa estraneità  delle nostre Forze Armate (solo di nome?) da qualsivoglia connotazione militaresca. Non c'è da stupirsi se, quindi, il Ministero da cui dipendono avesse fatto una cosiddetta fuga in avanti, proponendosi cone Ministero della Pace. Siamo onesti: a parte noi 4 gatti "fanatici" su questo e sull'altro forum, quello di Pierantonio, (che io sappia non ce ne sono altri, e questo dovrebbe dire parecchie cose al proposito), a quanti dispiaceva o trovavano completamente errata questa "visione" tutta Italiana? A ben pochi. Ora forse, come al solito troppo tardi, le cose cambieranno un pochino. Ma sarà  un cambiamento ben tenue, se pure ci sarà , anche perchè io, da pessimista congenito, come mi definiscono (anche se io preferisco vedermi semplicemente come realista :wink: ) ho notato che molte delle immagini viste in tv durante il Lutto Nazionale mostravano si (qualche) Tricolore ma accanto ad essi non sono MAI mancate quelle altre bandiere, quelle arcobaleno con scritto su "pace". E sappiamo tutti come la pensano coloro che la espongono. Non si pensi nemmeno per un secondo che questi abbiano cambiato idea.

La differenza sta tutta qui: gli Italiani sono stati drogati da oramai 60 anni di "educazione" secondo cui il benessere di cui godono è uno status quo, quasi nemmeno un diritto, dato che l'idea di diritto sottintende (è l'altra faccia della stessa medaglia) l'idea di prezzo da pagare per mantenerlo, di rinuncia a qualche cosa in vista del diritto acquisito. E non sia mai che un Italiano (ma, poi, in tutta sincerità , questo "Italiano" esiste? O, forse, non sarebbe meglio togliersi le fette di salame dagli occhi e rassegnarsi all'esistenza si 56 milioni di Sig. e Sig.re Rossi, ognuno di essi animato dalle sue proprie prerogative ed interessi, che nulla, o poco, hanno a che fare con l'idea di Popolo?) sia disposto scientemente a rinunciare a qualche cosa, se prima non ne ha ricevuto il tornaconto. Meglio anzi prendersi il tornaconto senza subire rinuncie. Questo è il peggior difetto nostro. Non ci si stupisca, quindi, della nascita dell' "Operatore di Pace". Gli Americani, invece, i loro soldati non si sognano nemmeno di chiamarli "Peace Operators" li chiamano, magari brutalmente per le nostre orecchie pacifiste, e con una buona dose di orgoglio "Warriors", guerrieri. Ma loro, gli Americani, sanno che lo standard di vita, i vantaggi di cui godono eccetera, NON sono gratis. Che tutto ha un prezzo, nel bene e nel male, e che per proteggere/affermare/gadagnare i propri vantaggi molto spesso una crocerossina, con fucile o senza, serve a un bel nulla. Ci vuole un soldato, un guerriero appunto.

Non dico che la "visione" USA sia per forza quella giusta, dico però che quella Italiana è sicuramente sbagliata. E pure quella dell'ONU, che ha coniato il termine "Soldato di Pace", contro il terrorismo non serve a nulla.

Ritengo che i Militari Italiani, Carabinieri compresi, se avessero sempre adottato un atteggiamento un po' più "cazzuto", passatemi il termine, non avrebbero probabilmente fatto così presto "amicizia" con gli Iraqueni, ma avrebbero rappresentato un obiettivo molto meno allettante. L'amicizia, poi, sarebbe arrivata lo stesso, dato che atteggiamenti di separazione assoluta, di bianco/nero, buono (io)/cattivo (tutti gli altri) non rientrano nelle nostre peculiarità . E, forse, si sarebbe trattato di amicizia più vera perchè, come insegnano tutti coloro che con i medio orientali hanno lavorato, se questi non vedono, non sentono, non percepiscono la vera e reale esistenza del pugno di ferro, si convincono che esiste solo il guanto di velluto e che quindi l'interlocutore è debole, una "femmina", indegna di rispetto e di considerazione, buona da usare a proprio piacimento, quando più fa loro comodo, e da derubare alla prima occasione. Dice nulla il saccheggio della base, dopo l'attentato? State certi che se avessero avuto anche solo il sospetto di una possibile reazione da parte nostra, non si sarebbero nemmeno sognati di avvicinarsi in massa, quasi che si trattasse di andare al supermercato, così come hanno fatto. Qualche furto, forse, ci sarebbe stato lo stesso, ma si sarebbe trattato dell'azione di un criminale, non del gesto coram populo che è stato, e che, secondo me, ha dimostrato al di la di ogni possibile dubbio che tutto il rispetto, "amicizia" addirittura, di cui hanno sempre cianciato i nostri vertici, anche militari, era tutta una loro illusione, o, peggio, una enorme balla. Se così fosse stato, non dico che non ci sarebbe stato l'attentato (ritengo che i suicidi fossero non Iraqueni), ma quasi certamente non ci sarebbe stato il saccheggio.

In poche parole: sarebbe ora che, almeno un po', i nostri militari si comportassero per come gli Iraqueni si aspettano che un soldato si comporti, e non come un'infermeira/assistente sociale col fucile.

Saluti
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Federico ha scritto:Non ci si stupisca, quindi, della nascita dell' "Operatore di Pace". Gli Americani, invece, i loro soldati non si sognano nemmeno di chiamarli "Peace Operators" li chiamano, magari brutalmente per le nostre orecchie pacifiste, e con una buona dose di orgoglio "Warriors", guerrieri.
Ecco, non per "aggrapparmi alle parole", come dice qualcuno (ma d'altronde "nomen est omen" :D , se non ricordo male...), ma ti chiedo in sincera amicizia: hai provato a confrontare, nelle foto ed immagini dei media, come solitamente portano l'elmetto, si muovono in una pattuglia, impugnano l'arma, operano ad un check-point i nostri soldati e quelli americani?
Se l'hai fatto, sono sicuro che sei arrivato a conclusioni simili alle mie; altrimenti prova a farlo, e vedrai che comunque il risultato non cambierà .
Forse è meglio continuare a chiamarli "operatori di pace", che forse è un complimento per un volontario di un ONG, ma per un soldato non so...
Mandi.
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Luigi ha scritto:ma ti chiedo in sincera amicizia: hai provato a confrontare, nelle foto ed immagini dei media, come solitamente portano l'elmetto, si muovono in una pattuglia, impugnano l'arma, operano ad un check-point i nostri soldati e quelli americani?
Se l'hai fatto, sono sicuro che sei arrivato a conclusioni simili alle mie; altrimenti prova a farlo, e vedrai che comunque il risultato non cambierà .

Questa sì che è "sintonia", sono anni che io e qualcun altro facciamo anche questo tipo di considerazioni ed alla fine raggiungiamo le tue stesse conclusioni!
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Pardon, mi ero dimenticato.
Più che con gli americani penso ad un paragone con gli inglesi (gente che ha più o meno le nostre risorse ma ........ un altro spirito).
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:D

Ragazzacci! Sempre a mettere il dito nella piaga...

a proposito di "warriors" americani, però, mi permetto di far notare che al di là  delle apparenze, non è tuuto oro quello che luccica.

Stanno infatti facendosi sempre più forti le voci di chi sta denunciando la scarsa preparazione, per usare un eufemismo, delle unità  della Guardia Nazionanale e dei riservisti mobilitati.

Ad esmpio, da http://www.sftt.org , scrive un membro di una unità  "regolare" dello U.S. Army:

"I can give you a few pointers to pass on to the guys coming over here. The enemy is getting much smarter. He watches us and makes adjustments accordingly. Some trends we've noticed, and you need to emphasize this to NG/Reserve units. Looking professional means a lot. We've notice the convoys that get hit more often are one with soldiers out of uniform (The guard guys usually travel in flak vest and t-shirt) and do not pull security when they stop. ...(omissis) "

(Vi posso dare alcuni suggerimenti da passare ai ragazzi che stanno venendo qui. Il nemico si fa sempre più furbo. Ci tiene d'occhio e compie adattamenti in base a ciò che vede. Abbiamo notato delle tendenze, e dovete enfatizzarle alle unità  della Guardia Nazionale/Riserva. Apparire professionali significa molto. Abbiamo notato che i convogli che vengono colpiti con più frequenza sono quelli con i soldati con uniforme irregolare (i ragazzi della Guardia solitamente viaggiano col giubbotto antischegge direttamente sulla t-shirt (sottintendendo la mancanza della giacca e del resto dell'equipaggiamento-mia nota) e non organizzano la sicurezza quando fanno delle soste.))

Vi dice nulla tutto ciò?

Ciao
Art. Federico
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Federico ha scritto:Vi dice nulla tutto ciò?
Beh, tante cose che è meglio tacere... :evil:
Però anche le parole del mio c.le istr. il mattino del primo alza bandiera a Tolmezzo.
"Anche se è spiacevole dirlo, la prima impressione conta, eccome... "

Jolly46 ha scritto:Questa sì che è "sintonia"...
Mio nobile e valoroso amico, quando le orde nemiche avranno travolto le nostre malferme difese sarà  per me un onore impugnare al tuo fianco un'ultima volta la spada, per poi avviarci insieme verso il Walhalla, dove potremo riposare accanto ai nostri avi... :D

Mandi.
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Luigi ha scritto: per poi avviarci insieme verso il Walhalla, dove potremo riposare accanto ai nostri avi... :D
Vi siete scoperti! :shock:
Praticate il culto di Odino (bere, mangiare, festeggiare tutta la vita e poi morire eroicamente per andare in un posto migliore ancora :twisted: ).
Adesso vorrete togliere il crocefisso ed appendere una coscia di cinghiale in tutte le aule...
...posso unirmi alla nobile schiera? :?:
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Nicola ha scritto: ...
Vi siete scoperti! :shock:
Praticate il culto di Odino (bere, mangiare, festeggiare tutta la vita e poi morire eroicamente per andare in un posto migliore ancora :twisted: )
...
Non c'entra nulla, ma mi è tornato in mente leggendo di Odino.

Una delle possibilità  della derivazione della località  Udine sembra sia da Odin (il dio Odino) e il vicino fiume Torre dal dio Thor. L'ho letto tempo fa su una guida turistica. Boh ...
Maurizio, fante d'arresto ("rottamato" NATO)
"Più forte del destino"
motto del 120° btg. f.arr. Fornovo
http://fanteriadarresto.altervista.org/

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