Perciò, da quanto tu stesso riporti e volendo essere pignoli, non c'è giuramento di fedeltà "alla Repubblica e alle sue leggi"; precisamente infatti gli impegni assunti sono tre:
- fedeltà alla Repubblica Italiana;
- osservanza delle sue leggi e della Costituzione;
- adempimento di tutti i doveri del proprio stato etc. etc.
È interessante notare che, mentre i primi due impegni sono passivi, solo il terzo - il più corposo - si configura come attivo; e naturalmente è quello di solito dimenticato.
Ma tutto questo ha importanza relativa.
Infatti quello di soldato d'Italia è uno solo dei giuramenti da me prestati; esistendone un altro precedente e superiore, di solito io li riassumo per semplicità nella formula "giuramento di fedeltà alla Patria".
Continuo a non capire in base a quale autorità tu voglia insegnarmi cosa io abbia o meno giurato, ma tant'è, questi sono i tempi. Pazienza.
Sei ovviamente libero di considerare Patria e Repubblica la stessa cosa, così come puoi farlo con una mela e una pera.
Non per questo la realtà però cambia: la Patria è letteralmente la "terra dei padri", e quindi innata, non discutibile e persistente; la Repubblica è solo una forma istituzionale, mutabile a piacere. E infatti nei primi 85 anni dello Stato unitario l'Italia fu una Monarchia; non per questo però non esisteva la Patria (tanto meno è morta l'8 settembre del '43).
Per fare un paragone, la Patria è come i genitori: quella è, piaccia o meno. Si può amare, si può odiare, ma non si può cambiare.
La Repubblica, invece, è una specie di tutore. Nominato dal tribunale, se non funziona se ne sceglie un altro. Ne discende, per conseguenza, che non ha senso affermare che sia la migliore forma di governo possibile, come del resto dimostrato dai fatti.
Per quanto riguarda le osservazioni storiche, esse sono prive di fondamento.
Lo Stato della Chiesa era - ed è - uno Stato sovrano, quindi pienamente in diritto di difendere il proprio territorio e le proprie istituzioni dalle aggressioni tanto interne quanto esterne. Se per la sua debolezza militare doveva farlo ricorrendo ad ausilii esterni non penso ci sia niente da contestare.
Altro è il comportamento di quelli Stati che di aiuti esterni si giovarono per aggredire; quando addirittura, invece che di Stati, non si trattava che di sovvertitori dell'ordine costituito.
L'ultima tua affermazione sottace inoltre un assunto implicito: che l'unità politica della penisola potesse avvenire soltanto nella forma dello stato nazionale centralizzato, come sorto dalla Rivoluzione Francese; un modello di stato cioè annullatore di ogni diversità , intrinsecamente aggressivo e che porterà alle due immani tragedie dei conflitti mondiali.
Proprio l'esempio della Spagna - evidentemente poco conosciuto - dimostra che un altro modello era possibile; quello, cioè, della monarchia imperiale (o, in altra declinazione, della repubblica confederale). In merito consiglio, di Cardini e Valzania, "Le radici perdute dell'Europa".
Ultimo esempio di tale modello fu in Europa l'impero asburgico, dove popoli differenti vivevano in pace con l'unico riferimento comune a tutti che era l'Imperatore. Venuta meno questa costruzione, quegli stessi popoli hanno iniziato - o, meglio, ricominciato - a scannarsi come cani rabbiosi.
Come noto - o come dovrebbe esser noto - una via simile è la "strada nascosta" che percorre il cosiddetto "risorgimento": quella che voleva cioè unire l'Italia in una confederazione di Stati, a seconda delle proposte sotto la guida del Papa piuttosto che quella della Casa d'Asburgo.
Purtroppo tale idea aveva un vizio di fondo, imperdonabile dai Mazzini e dai Ga-ribaldi: quello di conservare il potere temporale del Papa...
Mandi.
Luigi