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Federico
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Parallelo Ardito?

Sarà  sicuramente il caldo, ma mi è venuto in mente che la nazionale di calcio e il nostro Esercito (con particolare riferimento al Regio Esercito) manifestino forse una medesima indole nostrana, esplicantesi in campi differenti.

Mi spiego: i mondiali, a mio modesto più che vinti sono stati non persi, nel senso che la squadra catenaccio, come viene spesso e volentieri definita specie all'estero, è stata fenomenale a non prendere goal, mentre ha fatto molta (troppa?) fatica a segnarli. Mentre la condotta difensiva era una costante, gli attacchi sono stati episodici, quasi fossero delle sortite (più o meno gratificate dal successo) dal maniero assediato.

Se ci fate caso, parlando in generale, lo stesso può dirsi per tutte le "avventure" belliche italiane. Lasciando stare il secondo dopoguerra, in cui la difensiva derivava soprattutto dalle clausole armistiziali, il Regio Esercito è spesso e volentieri risultato fenomenale in difesa e contemporaneamente scarso in attacco. E' quasi come se non solo chi comanda, ma pure chi in base ai comandi agisce, si trovasse molto più a suo agio a difendersi che ad attaccare.

E naturalmente esistono le eccezioni alla regola. Così come a volte il catenaccio calcistico si rivela molto più simil ad un colabrodo, allo stesso modo il Regio Esercito ha subito delle umiliantissime sconfitte in difesa, delle vere e proprie rotte vergognose (Caporetto e la Catanzaro in Nord Africa balzano alla mente). All'opposto, invece, ci sono episodi direi luminosi, di attacchi premiati da successi al di la delle aspettative, sia nel calcio che in guerra.

Pazzie?
Art. Federico
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Gian Luca
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assolutamente no, almeno a mio avviso.
Illuminante in questo senso l'analisi sociologica che Massignani nel suo "Alpini e tedeschi sul Don" fa circa l'eccezionalità  delle Truppe Alpine in estremi casi difensivi vs minor efficacia in chiave offensiva, giustificata nella reciproca conoscenza valligiana o, comunque, nella percepita vicinanza geografica che stimola il "dar tutto pur di tornare a baita".
Ciao!
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Federico
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Gian Luca ha scritto:assolutamente no, almeno a mio avviso.
Illuminante in questo senso l'analisi sociologica che Massignani nel suo "Alpini e tedeschi sul Don" fa circa l'eccezionalità  delle Truppe Alpine in estremi casi difensivi vs minor efficacia in chiave offensiva, giustificata nella reciproca conoscenza valligiana o, comunque, nella percepita vicinanza geografica che stimola il "dar tutto pur di tornare a baita".
Ciao!
Ben! Iniziavo a pensare di essere stordito dalla calura.

Attacco: oltre a quanto dice Massignani (su cui ho alcune perplessità , nello specifico argomento relativo all'efficacia degli attacchi vs difesa) io sottolineerei invece l'addestramento. Ed a questo proposito trovo che sia davvero illuminante la lettura "comparata" di due libri:

- Policarpo Chierici, Comandante Alpino (scritto e curato dal figlio Arnaldo, Reduce di Russia pure lui), che fu il Comandante del Val Chiese e, a tratti, dell'avanguardia della Tridentina

- Urla di Vittoria nella Steppa, di Giorgio Gaza, che del Val Chiese di Chierici comandava una Compagnia.

Gaza, soprattutto, enfatizza molto l'addestramento, scarsissimo a suo avviso, che molti reparti, compreso il suo ma non la sua Compagia, avevano in materia di attacco. Ripeto: ho trovato il confronto fra i due libri molto interessante: vecchie tattiche da trincee del Carso "contro" moderni sbalzi effettuati con reciproche protezioni.

Ciao
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Luigi
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Federico ha scritto: Attacco: oltre a quanto dice Massignani (su cui ho alcune perplessità , nello specifico argomento relativo all'efficacia degli attacchi vs difesa) [...]
In effetti a me pare di ricordare che Massignani sottolinei le minori capacità  operative medie delle unità  italiane (anche alpine) rispetto a quelle tedesche, nel contempo però evidenziando come non fosse vero che ottenessero risultati solo nella difensiva. Però ho letto il libro ormai due anni fa, e potrei ricordare male.
Di sicuro, osservazioni simili sono state fatte da Rochat, che porta a testimonianza la condotta della "Julia" fra il 16 dicembre 1942 ed il 16 gennaio 1943, periodo in cui ad una situazione operativamente difensiva si affiancò spesso un comportamento tatticamente d'attacco, come nel famoso caso della "Signal Hohe" (si scrive così?).

Ritornando al certamente fondato paragone calcistico che hai fatto, anche qui si può ritrovare un aspetto simile: certo notevole efficienza media difensiva, ma contemporanea sottovalutazione anche delle cose buone fatte in attacco (ad esempio, in Germania l'Italia ha segnato 12 gol, la Francia mi pare solo 9). Da ciò deriva l'impressione di una certa tendenza italica a sminuire i propri meriti ed a lamentarsi senza fondamento, tendenza sfruttata ed amplificata sia in campo calcistico che militare dalle altre nazioni.
In entrambi i campi, infatti, nonostante la fama non buona che ci perseguita i risultati non sono certo mancati: quattro campionati ed un europeo da una parte, due guerre mondiali (su tre) e tre campagne coloniali maggiori (su quattro) dall'altra.
Andiamo a vedere i numeri corrispondenti della grande ed ammirata Germania, ed avremo qualche sorpresa.
Mandi.
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Grazie Luigi,

torno un attimo al tema attacco vs difesa degli Alpini in Russia, rifacendomi al confronto tra i due libri che ho indicato qui sopra.

Gaza è pesantementemente critico nei confronti del come detti attacchi venissero sferrati. Ricordo in particolare due episodi del suo libro: il primo si riferisce al primissimo intervento degli Alpini della Tridentina, ancora in estate, quando si tratto di dare una mano a Messe per tamponare un'offensiva sovietica. Le perdite furono alte, molto alte. Stando a Gaza ciò fu perchè, a parte la situazione molto critica in cui gli Alpini si trovarono ad operare, anche, se non soprattutto, per la maniera tra il "garibaldino" e il "carsico" con cui gli assalti venivano ordinati. Nulla o quasi preparazione dell'intervento. Nessuna ricognizione (questo ci può anche stare data l'emergenza) e, ciò che è più grave agli occhi di Gaza, assolutamente nessuna manovra in attacco: un semplice ordine "Savoia!" e via che si va, praticamente alla cieca, in bocca ai russi alla maniera di ondata umana, come se si stesse sbalzand fuori da una trincea del Carso.

Chierici, che pure descrive la scena, che comandava il Btg, racconta che per avere almeno una pallida idea di dove fosse e di dove d ovesse andare, saltò su sul seggiolino di una motocicletta portata da un Bersagliere e con lui andò un po' avanti ed indietro lungo la linea per farsi un'idea. Poi, Savoia!, e l'assalto.

Il secondo episodio raccontato da Gaza, che aveva passato mesi in Patria ad addestrare un po' modernamente i suoi, avvenne durante la prima fase della ritirata, quando la sua Compagnia dovette sgomberare un villaggio. L'azione avvenne sotto agli occhi di Ufficiali germanici i quali alla fine si complimentarono per l'azione, da manuale: plotoni allargati ed in reciproca protezione, così per le squadre. La reazione russa costò perdite alla Compagnia ma esse sarebbero con ogni probabilità  state molto maggiori se la Compagnia, in luogo della manovra, avesse effettuato il consueto attacco non manovrato in massa.

Ho sempre trovato molto interessanti le differenze tra i due testi. A parte le, a volte nemmeno velate critiche di Gaza nei confronti di Chierici (e viceversa: mi riferisco soprattutto al famigerato episodio di Nikitowka/Arnautowo, in cui il Val Chiese, che era avanti verso Nikolajewka, con la Compagnia di Gaza più o meno a mezza strada tra la testa del Btg e il luogo del martirio, fra gli altri, della 33a del Bergamo, anche se Chierici non spinge troppo sul mancato intervento di Gaza), è proprio sulla differenza di addestramento considerato minimo indispensabile dai due Ufficiali (Chierici Ten. Col. anziano, se non erro richiamato, Gaza giovane Tenente) che verte la parte interessante del confronto dei due libri.

Ciao
Art. Federico
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Da questo "parallelo ardito" stanno uscendo cose interessanti non poco.
Ax, suggerisco di spostarlo nella sezione di storia e cultura militare.

L'iconoclastia di Gaza è testimoniata anche dal libro di Luigi Grossi "Avanti il Val Chiese", altro testo molto bello ed ormai introvabile (ma quanti libri ci sono su questo battaglione in Russia?).
Scrive chiaramente che molti altri ufficiali si trattenevano dal dileggiare Gaza, che girava con elmetto e giacca bianca, e quando arrivavano i colpi chinava la testa, solo perchè sapevano del suo passato di guerra in Grecia (Gaza aveva fra l'altro interpretato il ruolo del maggiore Annoni nel film "I trecento della settima").
Purtroppo molti quadri erano ancora ai tempi del "La mitraglia non è merda".

Altro ufficiale "najone", nel senso che aveva il "mestiere" nel sangue, fu il capitano Lamberti, comandante del Monte Cervino nelle fasi di fuoco dell'inverno 1942-1943. Così almeno lo descrive Vicentini nel suo "Noi soli vivi", testo che consiglio per la vivacità  della scrittura e la ricchezza delle osservazioni anche militari.
Purtroppo nessuno ha finora tentato di analizzare compiutamente le prestazioni in combattimento delle nostre unità  alpine in Russia, sul modello di quanto fa da anni la storiografia anglosassone. E si che di cose da mettere sul fuoco ce ne sarebbero, a partire dall'ambiente operativo assolutamente inusuale (Pierpa, segna! :P 8) )
Mandi.
Luigi

P.S.: fra i testi citati da Massignani in bibliografia, ci sarebbe da leggere (i.e. "vorrei leggere") il resoconto del Gen. Gandin (proprio quello di Cefalonia) steso al rientro da uno "scambio" addestrativo con il Deutsche Heer. Chissà  che abisso rispetto al monocolato e badogliesco Regio Esercito...
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su Lamberti, a detta di molti uno fra i migliori Ufficiali dell'Esercito, consiglio l'intervista di Nuto Revelli ne "La strada del davai", da poco ristampato per Einaudi.
Naturalmente Lamberti, dopo la prigionia in Russia, venne emarginato per le sue posizioni critiche nei confronti delle "nuove" forze armate e fu praticamnte costretto a congedarsi anzitempo.

Luigi il libro di Gaza è ancora in commercio?
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Gian Luca ha scritto:su Lamberti, a detta di molti uno fra i migliori Ufficiali dell'Esercito, consiglio l'intervista di Nuto Revelli ne "La strada del davai", da poco ristampato per Einaudi.
Naturalmente Lamberti, dopo la prigionia in Russia, venne emarginato per le sue posizioni critiche nei confronti delle "nuove" forze armate e fu praticamnte costretto a congedarsi anzitempo.

Luigi il libro di Gaza è ancora in commercio?
Uhmm... Lamberti mi sa che è una figura un po' grigia. Intendiamoci: non sto dicendo che lui fosse "grigio", solo che così viene fatto passare da alcuni.

Specie per il suo scrivere sull'Alba, e cioè il giornale propagandistico sovietico in lingua italiana pubblicato per i pochi superstiti dell'ARMIR ancora in vita all'inizio delle pubblicazioni. Per scrivere li sopra, bisognava aver aderito alle posizioni sovietiche, e sappiamo tutti che cosa ciò significasse. Questo, credo che molti non glielo abbiano mai perdonato, a lui, il Comandante ad inetrim del più bel reparto del Regio Esercito (e credo anche di ricordare che ci sia polemica nei confronti del comandante titolare, che era in Italia...).

Che poi la posizione di Lamberti fosse dovuta solo ed esclusivamente al riconoscimento tecnico, diciamo, che lui si trovava in prigionia anche grazie all'incompetenza di molti sui superiori, cosa che ci può anche stare a mio modesto avviso, credo che l'aver pubblicamente sposato le posizioni sovietiche, sia stato inaccettabile per molti. Insomma: da una parte Lamberti che scrive sui giornali rossi, al caldo, ben nutrito e ben curato, dall'altro il Ten Stagno, solo per fare un esempio, che per non essersi piegato, in prigionia morirà  a guerra finita da un pezzo. O lo stesso futuro Gen. Reginato, da Sten medico dello stesso Btg di Lamberti, che dalla prigionia tornò solo nel '51 (iniziandola nel '41!), o Don Brevi e tanti, tantissimi altri.

Penso che sia come minimo comprensibile che i prigionieri si siano sentiti traditi da uno come Lamberti.

Ciao
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Per carità , ci sta eccome.
Sull'argomento sono assolutamente ignorante avendo letto solo la campana del diretto interessato, filtrata da uno come Revelli le cui posizioni sono note a tutti.
Ciao.
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Federico ha scritto: Penso che sia come minimo comprensibile che i prigionieri si siano sentiti traditi da uno come Lamberti.
In effetti non lo avevo scritto per non mettere troppa carne al fuoco, ma anche Vicentini esprime tutto lo sconcerto dei prigionieri sopravvissuti nel leggere cotanta firma in calce agli articoli su "L'alba".
Il grigio quindi ci sta tutto.
In effetti, aggiungo, il comandante effettivo del battaglione, maggiore d'Adda, era rientrato in Italia per malattia poco prima della bufera.

Mi permetto, caro Federico, di precisare il refuso: Reginato venne liberato nel 1954. Non per pignoleria, ma perchè tre anni in più di prigionia nei lager sovietici non sono una quisquilia! :(
Gian Luca, di "Urla di vittoria nella steppa" vidi alcune copie in libreria l'anno scorso. Penso quindi che si trovi ancora.
Mandi.
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P.S: ho da tempo una curiosità  insoddisfatta in tema di "grigiore". Chi fu, dei tre generali catturati durante il ripiegamento del C. d'A. Alp., a dire ai sovietici che, se avesse immaginato la durezza di trattamento, non si sarebbe arreso?
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Grazie a Luigi.
Per rispondere alla tua mi riservo di fare qualche controllo nella mia piccola biblioteca sulla ritirata.
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Gian Luca ha scritto:Grazie a Luigi.
Per rispondere alla tua mi riservo di fare qualche controllo nella mia piccola biblioteca sulla ritirata.
Molto gentile!
Intanto che ci sono, qualora fosse sfuggito vi segnalo la ristampa ad opera della sezione ANA di Conegliano del libretto curato dal comando del Gruppo omonimo dopo la campagna di Grecia.
C'è perfino un foto del leggendario pezzo ardito che venne issato sul Golico, con lo scudo ripetutamente centrato dalla controbatteria nemica.
A vederlo mi si è ghiacciata la schiena!
Mandi.
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1954, certo: nel 51 rientrarono i Generali se non erro.

Il Generale di cui parli, proprio non saprei dirti che fosse.

Mi pare, però, che Etelvoldo Pascolini fosse un Mutilato di Guerra, andato volontario in Russia con la Vicenza (cioè Truppa di Guarnigione) e che per queste sue codizioni non fosse molto in forma. Che sia lui?

Domandina: e come si farebbe per avere la ristampa di quel librettino di cui parli?

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Federico ha scritto: Domandina: e come si farebbe per avere la ristampa di quel librettino di cui parli?
In qualche rara libreria si trova. Altrimenti, su "L'Alpino" si consigliava di contattare l'ANA di Conegliano (che ovviamente mi passa la percentuale su ogni copia venduta :P 8) )
Mandi.
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Ripesco il post: non ho trovato ancora "Urla di vittoria nella steppa".
Tuttavia, leggendo l'Alpino, ho ordinato "Giuseppe Lamberti alpino ribelle".
Vi saprò dire.
Saluti a tutti!
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