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Hellis ha scritto: Però gli iracheni non ce l'hanno chiesta sta liberazione, glie la stiamo portando di nostra iniziativa... e secondo me è un nascondersi dietro ad un dito.
L'operazione e' Iraq libero ma in fin dei conti e' come la seconda guerra mondiale, l'importante era sconfiggere Hitler, la liberazione era in secondo piano e qua.......idem, l'importante e' rendere inoffensivo Sadda e poi.....si pensera' ad una democratizzazione.

Per quanto riguarda bombe e missile ed il comportamento degli americani, Inglesi beh, sentito da qualche parte che il telegiornale Al Queida ha scazziato enormemente il suo operatove in missione in iraq perche' diceva che al contrario del 1991 le truppe avanzavano con cautela e prima di sparare cercano di vedere le reazioni degl iiracheni per vedere se depongono le armi oppure no.
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mmmm..Lele ho qualche dubbio. Saddam è certamente come Hitler, ma non ha l'enorme potenzialità  che possedeva il teutonico criminale.
Spero di sbagliarmi, ma probabilmente i problemi veri sorgeranno dopo, ossia per mettere in atto la "democratizzazione".
Leggevo un passaggio di un libro "il feroce Saladino", in cui l'autore sosteneva che la storia insegna che il problema non è sconfiggere gli eserciti mediorientali, ma è vivere poi in mezzo la deserto come loro (che ci sono nati) e cambiare la loro cultura.

Ciao a presto :D
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Hellis ha scritto:mmmm..Lele ho qualche dubbio. Saddam è certamente come Hitler, ma non ha l'enorme potenzialità  che possedeva il teutonico criminale.
Spero di sbagliarmi, ma probabilmente i problemi veri sorgeranno dopo, ossia per mettere in atto la "democratizzazione".
Leggevo un passaggio di un libro "il feroce Saladino", in cui l'autore sosteneva che la storia insegna che il problema non è sconfiggere gli eserciti mediorientali, ma è vivere poi in mezzo la deserto come loro (che ci sono nati) e cambiare la loro cultura.
No, io non volevo paragonare Saddam a Hitler, volevo solo dire che inizialmente il motivo della guerra puo' essere uno ma poi le conseguenza possono essere molto di piu'.

Sulla democratizzazione concordo pienamente con te, sara' difficilissssssima ed a mio avviso quasi impossibile anche perche' non so se tutti gli iracheni saranno contenti.
Vedremo e speriamo che il tutto si risolvi in fretta e senza ulteriori perdite sia dalla parte "nostra" che dalla "loro".
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Ciao ragazzi, ho letto con interesse i vostri post e mi sono venute in mente un paio di domande "esistenziali". Le butto li tanto per vedere che cosa succede :wink:

1) La democrazia è davvero un valore assoluto? Cioè: deve per forza rappresentare un valore "urbi et orbi"?

2) "Cambiare la cultura" ho letto qui sopra: è un'azione lecita in assoluto? Cioè, sottintendendo il fatto di cambiare una cultura in qualcosa di più prossimo alla nostra: non si tratta forse di una violenza?

So che molto probabilmente sono fuori tema, e se Axtolf lo riterrà  opportuno cancelli pure il mio post, capirei senz'altro, ma la curiosità  circa le risposte eventuali alle mie domande era piuttosto fortina :)

Saluti
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Ciao Fede.
Sostanzialmente imporre una cultura è di per se una violenza a mio modo di vedere. Sembra di essere qui per parlare delle crociate civilizzatrici, della conversione degli Indios d'America (pagata a caro prezzo dalle popolazioni indigene), e io sostanzialmente ci vedo un nesso con la situazione attuale.
Il problema comunque resta. Al di la del piano etico, sul quale si possono condividere o condannare i miei anatemi, resta il fatto che se si vuole "esportare il nostro modello di democrazia", si deve comunque esportare la nostra cultura (giusta o sbagliata che sia la nostra cultura, e/o giusta o sbagliata che sia l'azione). Per esportare in medioriente la nostra cultura, bisognerà  pure che gli occidentali ci vivano là .. e non è un problema secondario. Dal mio punto di vista, senza ridiscutere del problema Saddam+Regime, sarebbe opportuno lasciar vivere gli iracheni da iracheni.
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:cry:
VIVA LA PACE
:roll:
Così sgombro immediatamente il campo da eventuali dubbi.
Hellis ha scritto:Da lì a dire che Saddam sia un innocente ce ne passa. Per i delitti perpretrati dovrebbe restarci secco all'istante. E' un dittatore pazzo e sanguinario punto e basta.
La gittata dei missili è una violazione certamente, ......
In effetti quando gli iracheni hanno sparato questi missili non hanno praticamente sortito effetti, tutti sparacchiati a vanvera e molti intercettati dai Patriots.
La pressante richiesta di alcuni Paesi affinchè la ricerca da parte degli Ispettori dell'ONU continuasse, trova nell'uso da parte di Saddam dei missili SCUD una significativa risposta su quelle che sono le reali intenzioni di questa persona e di tutto il suo "entourage".
E qui mi pongo due domande:
1.- Come mai gli Ispettori nel loro bimensile girovagare per il suolo iracheno non sono riusciti a identificare il ricovero di questi "stuzzicadenti". So benissimo che non ci vuole molto per nasconderli, ma comunque non gli hanno trovati.
2.- Come mai nel memoriale consegnato alle Nazioni Unite da parte di Saddam (con il suo entourage) non c'è menzione della dimenticata distruzioni di queste armi. Ma la colpa è della segretaria che ha lasciato la finestra aperta mentre è andata a farsi un caffè, e un refolo di vento dispettoso ha fatto svolazzare nei cieli iracheni la minuta.
Hellis ha scritto:Ma lo era anche un tal Pinochet (praticamente impunibile perchè qualche grosso stato lo protegge). Lo è anche un tale Musharraf (passato da "canaglia" a "buono").
Non devono MAI esistere due pesi e due misure. Mi sto ancora chiedendo quale differenza esista per la Chiesa Cattolica, sono credente e professante, tra i serbi e gli iracheni.
Hellis ha scritto:Ora se si troveranno depositi nascosti di armi non convenzionali, continuerò a chiedermi perchè un pazzo come Saddam non le abbia usate:
A) Ritrovamento pilotato e giustificativo (armi pseudoirachene)?
B) Se Saddam le aveva (come tanti altri stati) e non le ha usate allora non è pazzo come ce lo dipingono?
Per me questo personaggio non conosce la pazzia, o meglio la conosce molto bene: quella degli avversari politici o economici, comunque di potere.
Il personaggio è molto astuto, e sa benissimo che non può pensare di vincere questa guerra, ma che può con efficacia rompere le scatole a chi gli sta rompendo le uova nel paniere. Vedi i rapporti con l'ONU nel periodo immediatamente precedente l'inizio dell'invasione (di questo si tratta): ti mostro e non ti mostro; ce l'avevo ma non lo trovo; me l'ero scordato, ecc. Questo stato di cose ha portato quasi alla "rottura diplomatica" paesi come gli USA, l'Inghilterra, la Germania, la Russia, la Francia, ecc..
La conoscenza che ha della forza del suo nemico è tale per cui sa benissimo che l'uso di certe "sostanze" al massimo potrà  provocare qulche caso di dissenteria tra le forze che lo stanno combattendo, ma sa altresì che lo stesso uso gli precluderebbe qualsiasi possibilità  di difesa e protezione in futuro. Ed inoltre potrà  sempre affermare che lui quella "roba lì" mica l'aveva, e che sono stati quelli che ce l'avevano con lui a portarla e poi trovarla

:?: :?: :?: :?: :?: :?:

Sono altresì convinto che l'imposizione di un certo stile di vita, di una cultura, di un certo modo di agire, di una religione, e via di seguito, a chi ha radici diverse dalle nostre sia un atto di "violenza". Al massimo noi "occidentali" se vogliamo esportare il nostro modello di vita possiamo illustrarla al "diverso". Sta a lui (singolo o comunità ) scegliere se accettare o meno questa proposta?

Un salutone fraterno a tutti.
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Da quando sono iniziate le operazioni militari ho ritenuto di non intervenire sul tema pace/guerra, oramai siamo in guerra!
Lascio perdere poi anche lo stomachevole spettacolo sulle televisioni, sui giornali e sulle piazze, un unico accenno alle televisioni: credono di essere nel clima "telefilm" ed i giornalisti cercano solo lo scoop che fa carriera invece di dare le informazioni corrette, verificate, precise.

Intervengo per sottoporre a voi tutti una problematica che si sta evidenziando nelle operazioni:
- gli Alleati stanno effettuando azioni di bombardamento sulle città  molto mirate a determinate obiettivi (i giornalisti parlando di immani bombardamenti ma gli stessi iraqeni ammettono poche vittime, ricordo che a Dresda in una notte i bombardieri inglesi fecero 250.000 vittime ed alla scuola di Gorla a Milano una sola bomba uccise oltre 200 bambini)
- nel superamento delle città , stanno evitando di investirle direttamente sia per evitare più difficili combattimenti urbani che per evitare perdite elevate fra la popolazione civile (uso dell'artiglieria, elicotteri ed aerei in ruolo Close Air Support ovvero supporto ravvicinato, secondo voi a quale esito porterebbero?)
- di converso sembra che gli iraqeni combattano in vesti civili, si facciano scudo delle popolazioni, fingano di arrendersi, usino veicoli civili come i fuoristrada giapponesi come supporti per cannoncini ed altre armi, creando ovviamente problemi nelle regole di ingaggio degli Alleati
- a questo punto, mi sorge la domanda, è lecito se gli Alleati di fronte a questo tipo di atteggiamento modifichino l'impostazione iniziale ed aprano comunque il fuoco contro "civili", sia persone che mezzi?

Ricordo che in Somalia, il 2 luglio 93 a Pasta, i nostri soldati furono attaccati dalle milizie somale che si fecero scudo, non so quanto consenzienti, con donne e bambini. In quell'occasione ci furono dei Caduti e molti feriti, ricordo sempre con nitidezza un mio caro amico che fu estratto da un VCC, che era stato colpito da un razzo controcarri, letteralmente con le budella fuori, si è salvato, è sempre in servizio, ma la "cicatrice" gli rimarrà  per sempre.
Se dovesse trovarsi di nuovo in una situazione simile, come si comporterebbe, avrebbe la paura di colpire dei "civili" o questa volta sparerebbe subito?
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Hellis
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Vittorio Zucconi (Repubblica):

WASHINGTON - E' cambiato il vento della guerra. L'euforia soffia verso Bagdad, nelle vele dei soldati e della Borsa, spinge l'attacco che non poteva essere più rinviato, dopo la settimana di marcia insabbiata e "il pugnale è al cuore di Saddam", intona il portavoce del comando centrale. I tempi della fine ormai dipendono solo "da quanto gli ultimi soldati iracheni abbiano voglia di battersi per un regime finito", sorride un Rumsfeld di nuovo sprezzante. La necessità  d'uscire dal logorio morale e tattico della "sporca guerra" di retrovia era diventata vitale e i registi dell'invasione volevano tornare in fretta alla "bella guerra" delle avanzate e delle bandierine sulle mappe.

L'attacco in corso vuole, e deve, essere la spallata finale al regime, l'apertura della battaglia di Bagdad, perché da questo "final push" non ci può essere ritorno o un'altra "pausa strategica". Per la terza volta, dopo la prima settimana di esaltazione e la seconda di contraccolpi depressivi, la guerra prende dunque un volto nuovo. Non più le facce di generali e politici in polemica, ma il viso grazioso e tenero del soldato Jessica, la teen ager salvata dai carcerieri iracheni. Non più soldati costretti alla sporca guerra del contro terrorismo, ma il vento delle colonne corazzate in corsa verso i sobborghi, ormai a 30 chilometri dall'ultima fortezza del regime. La regia della guerra ha cambiato film e ha contrattaccato, lanciando l'azzardo di quell'assalto finale dal quale potranno venire soltanto la vittoria in tempi accettabili o un altro, ancora più grave contraccolpo psicologico.

E' stato nella notte di martedì, dopo una giornata infernale per il segretario della Difesa Rumsfeld costretto a respingere le accuse di fallimento che erano arrivate anche nelle aule del Parlamento, che il copione è cambiato. In quelle ore, mentre da Washington aumentavano le pressioni sul comandante al fronte, Tommy Franks, perché ricominciasse subito l'avanzata - naturalmente "di sua iniziativa", si affretta a dire la Casa Bianca - i commandos calavano con perfetta coincidenza di tempi sull'ospedale militare di Nassirya, per riportare a casa la soldatina bionda e annunciare la sua salvezza in una conferenza straordinaria convocata alle quattro del mattino in Qatar.

Nella guerra delle pubbliche relazioni, che accompagna passo per passo, caduto per caduto, ogni guerra moderna, Jessica era la "giornata di sole" che l'America attendeva per restituire un viso innocente alla violenza del combattimento.
I registi avevano calcolato bene. Tra la ripresa dell'avanzata sulle strade Irakene e la commozione per il recupero della ragazza in divisa, scoppiava l'effetto della "coda che agita il cane" dell'opinione pubblica. Qui sul fronte occidentale, i genitori di Jessica, semplice famiglia di montanari nel West Virginia, erano su tutti i teleschermi a commuoversi di sacrosanta gratitudine per un Bush anche lui "felice e commosso".

Sul fronte orientale, i marines e il Settimo Cavalleria cominciavano a correre verso Bagdad spazzando via i rottami della Guardia Repubblicana. Cadeva l'ultimo ponte sul Tigri ad Al Kut, come cadde il ponte di Remagen sul Reno davanti ad Eisenhower in marcia verso il cuore del Terzo Reich, e i generali da talk show potevano tornare a giocare con le bandierine piantate sulle mappe, anziché brontolare contro il "piano di battaglia".

E' il giorno dell'euforia. La "resistenza irachena" sembra dissolta, due divisioni "distrutte" e la Borsa scoppia di ottimismo, le tv mostrano finalmente le prime immagini di bambini sciiti sorridenti che si sgomitano attorno attorno ai carri armati per contendersi le caramelle lanciate dai "liberators", e questa mitizzata Guardia Repubblicana con i suoi nomi pomposi, la "Medina Luminosa", la "Nabuccodonosor", la "Bagdad", la "Hammurabi" non si vedono, forse si arrendono, collaborano, disertano. Si sono dissolti nella polvere? Non ci sono mai stati? Si sono ritirati a Bagdad per la loro Stalingrado? Preparano quelle armi chimiche che l'armata di Bush è venuta ufficialmente a eliminare e che nessuno ancora riesce a trovare? "È sempre più probabile che le usi", dice il generale Stanley McChrystal nel briefing del Pentagono. È una paura, ma anche una speranza di giustificazione a posteriori della guerra "per disarmare Saddam".

In attesa che si sciolga il mistero di Bagdad, di sapere se la capitale è ormai il guscio vuoto o il nocciolo duro del regime in agonia, il successo di questa controffensiva militare e propagandista è stato, nel primo giorno, importante. È riuscita a spostare lo sguardo del pubblico dalla guerra interna fra generali e politici alla guerra sul campo, perché le tv preferiscono sempre sequenze di panzer che sparano a dibattiti in studio tra teste parlanti. E ha ridato la sensazione che "l'iniziativa", la nuova parola d'ordine del giorno, sia saldamente nelle mani dell'esercito americano. La guerra rimane, per chi la vede a 10mila chilometri, lo spettacolo più terribile e affascinante del mondo.

Ma il successo nel "cambiare il segno" della guerra ha in sé il seme di un rischio proporzionato alla grandezza dell'azzardo. Un'altra "pausa" in quella che già  è raccontata come la battaglia finale, un'altra stasi del fronte a 30 chilometri da Bagdad porterebbe un contraccolpo psicologico ancora più violento della prima stasi attorno al "cerchio rosso", l'immaginario vallo eretto da Saddam a 90 chilometri da Bagdad e superato senza problemi. Franks non può più fermarsi. L'euforia deve essere mantenuta.

E' condannato ad avanzare, a raggiungere Bagdad, ad andare fino in fondo e consegnare la testa del "mostro sanguinario" ai suoi superiori. Rispetto ai suoi predecessori al comando dei disastri in Vietnam o in Libano o in Somalia, Tommy Franks ha un enorme vantaggio: ha un obbiettivo solido, tangibile e chiaro, un "punto di gravità " come vuole la dottrina militare classica. Bagdad. Quando cadrà , e oggi lui ci ha dato la speranza che la fine sia misericordiosamente vicina (si sente parlare d'un arrivo trionfale a Bagdad già  domenica), potrà  dire di avere vinto la sua guerra. Poi, ne comincerà  un'altra, nella cosiddetta pace dell'occupazione militare, ma gli occhi impazienti del mondo guarderanno già  un altro film.
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dal Corriere del 3 aprile

Le democrazie divise dall' idea delle armi
di Beppe Severgnini

Scrive un lettore dall' Australia: «Ho l' impressione di vivere in una cultura bellicosa». Aggettivo sbagliato, ma questione centrata e fondamentale. Perché s' estende a tre Paesi amici che combattono in Iraq (Stati Uniti, Gran Bretagna e, appunto, Australia). E' vero che vedono e vivono la guerra diversamente da noi? Dovessimo rispondere con un monosillabo, diremmo: sì. Ma di questi tempi è meglio non fermarsi ai monosillabi. Ripartiamo dagli antipodi. «Vivo qui da anni e mi ha colpito quanto e come l' Australia celebra le imprese militari» scrive Guido Tresoldi. E si domanda: «Forse perché il Paese d' origine (l' Inghilterra) aveva conquistato mezzo mondo? O perché gli anglosassoni erano dalla parte "giusta" nelle ultime guerre mondiali? Comunque sia, mi chiedo perché la cultura anglosassone, tanto democratica, esalta così la guerra?». Esaltare, di nuovo, non è la parola giusta. Ma non c' è dubbio: il mondo di lingua inglese mastica e digerisce la guerra in modo diverso dal mondo latino (scandinavo, ora anche tedesco). Pensate a Bbc World e SkyNews. Non si può imputargli il patriottismo petto-in-fuori di Fox Tv e neppure le imbarazzanti omissioni di Cnn. La campagna militare viene seguita e commentata, evitando euforie o disfattismi prematuri. Le vittime civili vengono ricordate con dolore, ma senza la prominenza dei nostri telegiornali. «La guerra è questa» è il sottotesto di ogni immagine e resoconto. Un fatto del mondo, un passaggio storico, un lavoro che, una volta iniziato, va concluso (la mia non è un' approvazione, è una constatazione). Questo concetto è chiaro a molti, in Gran Bretagna. Per conquistare i dubbiosi, Tony Blair evoca «la liberazione degli iracheni dalla dittatura», che sarà  una conseguenza dell' auspicabile, rapida vittoria degli angloamericani, ma non è certo il movente della campagna. L' attacco all' Iraq è un' azione preventiva contro un terrorismo che, alleato col Saddam di turno, potrebbe diventare apocalittico. Questo è il timore di ogni persona ragionevole, in Occidente e non solo. Perché, allora, la maggioranza di noi europei non voleva la guerra? Risposta: perché la ritiene un metodo anacronistico d' affrontare i problemi del mondo. Perché la ritiene controproducente (non stiamo seminando odio?). Perché abbiamo sviluppato una repulsione di massa contro la guerra moderna. Perché nella nausea di fronte a un bambino colpito da una bomba americana è nascosta la nostra stima per l' America: da lei ci aspettiamo molto (da uno come Saddam, niente). Perché, tra tanti articoli della Costituzione che noi italiani citiamo e ignoriamo, ce n' è uno che conosciamo a malapena eppure intimamente rispettiamo: il principio fondamentale (art.11) secondo cui «l' Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Gli Usa, la Gran Bretagna e l' Australia non hanno un articolo 11: eppure sono tre vere democrazie. La guerra, in quelle culture politiche, è uno dei mezzi di risoluzione delle controversie internazionali. Un mezzo drastico, cui ricorrere raramente e con cautela. Ma è un mezzo. Non un tabù. Robert Kagan, autore di «Potere e debolezza», il manifesto ideologico della campagna irachena, riassume così la differenza: «Gli americani sono di Marte, gli europei di Venere». Altri sostengono: l' Europa è ormai in «fase ateniese» (colta, cauta, riflessiva); l' America in piena «fase spartana» (brusca, pratica, impetuosa); la Gran Bretagna è in mezzo. Una lettrice diciottenne, Chiara, ha una teoria: «In classe abbiamo parlato della guerra. Mi sembra sia emerso che l' America s' è montata la testa». L' ammetto: può sembrare, guardando certa tv e ascoltando alcuni personaggi dell' amministrazione Bush. Ma non credo. La testa americana non s' è montata. Ma resta diversa. Questo è meno grave, Chiara, ma non è meno complicato.
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jolly46 ha scritto: Perché, tra tanti articoli della Costituzione che noi italiani citiamo e ignoriamo, ce n' è uno che conosciamo a malapena eppure intimamente rispettiamo: il principio fondamentale (art.11) secondo cui «l' Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Perche' tutte le volte si fermano a questo comma e non leggono tutto l'articolo 11?!?!?!?
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lele ha scritto:Perche' tutte le volte si fermano a questo comma e non leggono tutto l'articolo 11?!?!?!?
PAROLE SANTE!!!!!!!!!!!!!!!!!! allora nn sono solo io che lo dico!
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Nicola
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Vorrei approfittare del post per riportarvi qualcosa che ho sentito l'altra mattina alla radio. Hanno intervistato uno studioso italiano dell'islam (forse è possibile ascoltare l'intervista sul sito di Radio 2, è andata in onda venerdì mattina poco prima delle otto) , il quale ha detto secondo me una cosa molto interessante: stava ricordando che la conoscenza dell'islam che abbiamo noi occidentali è praticamente nulla, e fin qui niente di nuovo. Diceva che tutto ciò che si sente è spesso frutto di sentito dire e di errate interpretazioni (che spesso sono quelle date proprio dagli integralisti islamici) e anche qui nulla di nuovo. Poi ha aggiunto qualcosa che non avevo ancora mai sentito: l'idea di cultura islamica alla quale non prestiamo orecchio non è quella degli studiosi del Corano, ma è quella dei politici arabi. Sono loro che parlano alle folle, è la loro voce che viene riportata ed amplificata dai media.
A questo punto ho pensato alla distanza siderale che c'è in questo momento tra la classe politica italiana e le persone che essa rappresenta... se è così difficile capire coloro che ci rappresentano, se è così difficile farci capire da loro, come possiamo pretendere di dare un giudizio assennato sul credo praticato da 1 miliardo di persone?
Questo esula dal discorso Saddam, dittatore che calpesta quotidianamente le credenze del suo e degli altri popoli, il problema secondo me è pensare al futuro e prepararsi a gettare un ponte conciliatore con una religione che - è bene ricordarlo - è la più affine in senso assoluto al cristianesimo.

Rispondo poi a Jolly sulla questione "far fuoco sui civili".
SE QUESTO E' UN UOMO, mi viene in mente... (non tu, il militare in senso lato)
Ho sempre apprezzato i tuoi interventi nei quali chiarivi che la nostra civiltà  è improntata sulla difesa del superfluo, sono parole sacrosante anche se desolanti. Se però arriviamo all'assunto che per esportare questo splendido modo di vivere in Somalia ed altrove tutto è legittimo, allora io faccio un passo ulteriore (venuto meno il principio...).
O lasciamo che si ammazzino all'inverosimile e all'infinito senza intervenire, cosa che abbiamo fatto in molte altre parti del globo (e nemmeno una bandiera a sventolare dai balconi...) o eliminiamo alla base il distinguo militare/civile, facendo fuori tutto ciò che potrebbe essere pericoloso.
Altra considerazione: un militare che falcia con un mitragliatore uno o più civili e magari poi si accorge che erano innocui cosa potrà  pensare di se stesso? Sarà  ancora lo stesso uomo? Una volta tornato a casa lo racconterà  a tutti con vergogna o con orgoglio? Oppure lo seppellirà  nelle pieghe della memoria, covo di futuri malesseri?
Troppa retorica nelle mie parole, si vede che l'ultima guerra è finita da quasi 60 anni. Però ho sempre in mente la bella utopia dell'esercito moderno che, forte della sua superiorità  tecnica ed organizzativa, non dovrebbe aprire il fuoco per primo contro gli straccioni che va a combattere senza aver messo in gioco la propria incolumità  contro la possibilità  di assassinare gente inerme.
Ma forse un utopia così non se l'era sognata nemmeno Campanella...
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Rispondo a Nicola ma l'argomento credo sia di interesse per tutti.
Nicola ha purtroppo centrato il problema.
Io non ho la risposta a quella mia domanda, nessuno credo l'abbia, io posso pensare in mille modi, ma sono qui al computer, fra poco sarò a giocare con i miei figli, domani sarò in ufficio a sentire le solite s........e dei miei superiori: ma non sono e non sarò mai in prima linea con un'arma in mano e trovarmi a decidere in pochi secondi cosa fare!
Il soldato in prima linea è l'anello terminale di una catena dove più alto altri hanno deciso anche per lui, che deve solo eseguire degli ordini, l'unica cosa che può fare è crearsi un vincolo di fratellanza ed amicizia con i suoi compagni, un patto silenzioso di reciproco aiuto e sostegno, un vincolo indissolubile che forse è uno dei valori più profondi che possano nascere fra gli uomini.
Non esiste al mondo persona più sola e precaria del soldato in prima linea:
"si sta come d'autunno sugli alberi le foglie" disse il grande poeta Ungaretti.
Forse trovandosi nell'ipotesi che ho fatto, magari vedendo cadere l'amico al suo fianco, sparerà  anche sui civili, farà  l'errore di colpire gente inerme convinto in quel momento di essere nel giusto e nella legittima difesa.
Sì, quell'atto resterà  per sempre nella sua vita e nella sua coscienza, niente e nessuno potrà  alleviarlo.
La guerra, tutte le guerre, alla fin fine si riducono ad un solo atto essenziale dove l'uomo è solo con se stesso: spara per uccidere chi ti sta di fronte se non vuoi essere ucciso.
E quanto ho qui detto non è per cinismo o giustificazione ma perchè penso sia purtroppo la realtà !

Vorrei aggiungere delle altre considerazioni più attuali, ma lo farò più avanti, questo è un tema "centrale" da non mischiare ad altro.
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Ciao ragazzi.
Stamattina sono più acido del solito, sarà  la demenza senile che impera.. poi visto che questo forum si è da qualche tempo assopito, cercherò di mettere un pò di legna sotto al fuoco...

16° Giorno di guerra e ancora manca una motivazione seria e credibile (che non siano meri interessi economici e realpolitici) per la quale è stata condotta.
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...se gli arsenali chimici saltano fuori da adesso in poi, i dubbi sulla loro provenienza saranno comunque tantissimi

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