Ieri sera sono passato in sede per gli auguri.
Nella città attraversata dalla frenesia festaiola, ha sempre un sapore antico chiudersi il pesante portone alle spalle, salire con lentezza i tanti gradini (ovviamente siamo al terzo piano dell'edificio), arrivare all'ultima rampa di scale e, alzando la testa, vedere il grande stemma dell'ANA (del 10° Alpini, come lo chiamo io) fra le due bandiere tricolori.
Eravamo pochi intorno al tavolo, sotto il quadro della morte del Capitano, con le nostre solite parole di naja, di adunate, di caccia e di gente che ormai non c'è più da tempo, anche se noi non ce ne siamo ancora accorti.
Ma ieri c'era qualcosa di diverso.
Avevano un altro sapore il panettone tagliato alla buona come se fossimo ancora in camerata, la grappa sorseggiata fra una risata e l'altra, il vino versato come si usa tra fratelli, anche se fra l'uno e l'altro corrono magari quarant'anni.
Perché questo sarà il primo Natale, da quando l'Italia è una nazione, che non vedrà militari di leva nelle nostre caserme.
Lo so, è forse solo un sentimentalismo fuori luogo il mio attaccamento al mito del "cittadino in armi", quello che per il proprio paese ha sostenuto tre guerre mondiali vincendone due.
Ma come già ho raccontato a qualcuno, quando la scorsa estate, attraversando una domenica pomeriggio la Svizzera in treno, ho visto pian piano il vagone riempirsi di ragazzi in uniforme (non in tuta da lavoro), capelli corti e volti rasati, mi son detto che abbiamo perso qualcosa di importante.
La foto (alzabandiera sul Monte Grappa) venne postata da Leonardo sul forum di Ferreamole. Mi permetto di inserirla qui perché parla da sola. "Vivi e morti sono qui".
Mandi fradis.
Luigi