Questa è l'ultima della serie.
Che cosa si dovrebbe fare a questi "Italiani"?
Da "Il Giornale di Brescia" del 2 Giugno 2004.
Malati immaginari, pur di evitare la naja. Non senza una «spinta», attraverso certificati «compiacenti» e soffiate sui test psico-attitudinali per ottenere l’esonero... al prezzo di una manciata di milioni di vecchie lire. Un giro clandestino dalle grosse cifre: 102 i ragazzi bresciani e bergamaschi riformati, a fronte di 128 indagati; un volume d’affari di 500mila euro tra il 1999 ed il 2003, anche se il castello truffaldino vanta radici ben più lunghe e consolidate che risalgono almeno al 1994, parola di Finanzieri. È stata la Guardia di finanza di Chiari a chiudere il cerchio - lasciando comunque intendere che l’inchiesta non è affatto conclusa e, anzi, potrebbe presto estendersi a macchia d’olio - attorno alla presunta organizzatrice del giro, Maria Ambrosini, quarantottenne di Bornato. È stata arrestata nelle scorse ore, sulla scorta di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Francesca Morelli su richiesta del sostituto procuratore Gianfranco Gallo che ha coordinato quell’indagine in cui sono rimasti coinvolti anche tre medici di Brescia, Roncadelle e Rovato. A loro ieri mattina le Fiamme gialle hanno notificato una misura interdittiva, ossia la sospensione dall’attività professionale. Piuttosto ampia la rosa d’accuse: si va dal millantato credito al falso ideologico per induzione sino alla truffa aggravata. Sostanzialmente la donna - come hanno spiegato ieri gli investigatori, in testa il procuratore capo Giancarlo Tarquini - in cambio di una cifra che oscillava fra i 3.500 ed i 5.500 euro (per la 48enne erano rimborsi spesa), millantando «referenti privilegiati» in seno all’Amministrazione militare, ed in particolare al Consiglio di leva, ed avvalendosi semplicemente della conoscenza nelle procedure, faceva ottenere l’esonero dal servizio a centinaia di ragazzi, attraverso certificati medici che attestavano patologie di fatto inesistenti. Tre i livelli del sistema, per quanto ricostruito dagli inquirenti. Anzitutto il ragazzo veniva indirizzato ad uno dei medici compiacenti che diagnosticava una depressione o un’ansia, offrendo persino una cura a base di psicofarmaci. Successivamente l’arrestata istruiva i giovani su come affrontare il colloquio con lo psicologo della commissione medica militare, a fronte evidentemente dell’esito positivo dei test psico-attitudinali le cui risposte venivano anticipate con la consegna di copia degli stessi quiz. Infine l’arrestata, con la segnalazione del «disperato caso umano», faceva intervenire - allorquando la commissione medica era titubante - l’Angesol, l’Associazione nazionale genitori dei soldati in servizio obbligatorio di leva, sfruttando la buona fede della responsabile, risultata del tutto estranea al giro. Il collegamento con l’Angesol? Da anni la quarantottenne era iscritta a questa associazione no-profit, rimpolpando quindi il suo già lungo curriculum d’impegno civile e sociale nella nostra provincia. La presunta «raccomandazione» funzionava sia per i semplici iscritti alle liste di leva dei Comuni in occasione della «visita dei due giorni», sia per gli abili ed arruolati in attesa della chiamata con la visita di incorporamento presso il Car. Non solo, per chi già prestava servizio il giro clandestino decollava con la richiesta di visita all’ospedale militare. Coinvolgimenti sul fronte militare? Nessuno, come accertato, sino ad ora, dalla Guardia di finanza. Ma facciamo un passo indietro. L’indagine affonda le radici in una serie di intercettazioni ambientali maturate nell’ambito di accertamenti fiscali. Sono stati alcuni genitori che volevano evitare la naja ai loro figli a fornire, inconsapevolmente, elementi tali da aprire un fascicolo.
I militari di Chiari, guidati dal capitano Nicola Bia, ben presto sono riusciti a risalire alla quarantottenne franciacortina ed a mettere le mani su quella che poi si è rivelata la punta di un grosso iceberg. Giorno dopo giorno, indizio dopo indizio, il cerchio ha iniziato a stringersi già nel luglio scorso, quando la donna ha ricevuto un avviso di garanzia e le Fiamme gialle hanno allungato gli occhi sui suoi movimenti bancari, oltre ad aver piazzato numerose perquisizioni su e giù per il Bresciano. Dalla documentazione sequestrata e dagli esoneri dal servizio di leva gli investigatori sono riusciti a risalire, in quasi un anno, ad un centinaio di ragazzi che avrebbero usufruito del meccanismo ideato dalla quarantottenne. Sono infatti 128 gli indagati dell’operazione «Malato immaginario»:
26 i genitori che avrebbero pagato, 102 invece i ragazzi che hanno evitato o interrotto la naja, provenienti un po’ da tutta la nostra provincia nonché quella bergamasca e mantovana. Sono trenta i comuni bresciani da dove provenivano i ragazzi, a dimostrazione di come quel sistema per «bruciare» il servizio di leva fosse veramente diffuso.