Me l'ha mandata Andrea Cavalli, penso valga la pena leggerla:
Se vi chiedono chi sono
gli Alpini.......
Chi sono gli Alpini.
Vi diranno che sono soldati con la penna d'aquila sul cappello, le fiamme
verdi
Al colletto e gli scarponi broccati ai piedi.
Non vi fidate.
Questo è soltanto il vestito di quando sono soldati, ma non basta per essere
alpini.
Vi diranno che sono corpi scelti alla visita: le spalle più dritte, i petti
più larghi,
i più saldi cuori.
Eh si, questo basta a far dei soldati speciali: granatieri e bersaglieri.
Ci vuol altro per fare gli alpini.
Vi diranno che sono patrioti. Ma se gli chiedete della Patria, è grassa e vi
parlano
del loro paese.
Come si può fare sulle Alpi a riconoscere le patrie? Di qua o di là della
frontiera
al diritto o all'inverso della montagna, lo stesso cielo, lo stesso bosco,
lo stesso
prato. E se si confina coi tedeschi si parla anche tedesco, se coi francesi
si parla
anche francese.
Le patrie si imparano a scuola, si conoscono nelle storie.
Vi diranno che sono eroi.
Ma volete saperla più lunga di loro? Se sono stati eroi se lo sono scordato.
Ora son minatori, carrettieri, muratori che riattano i loro paesi spianati
dal cannone.
I diplomi li hanno riposti nel pagliericcio e non possono perdere giornate a
Commemorare.
Alpini si nasce, non si diventa. E fu bene ispirata l'Italia quando
avvedendosi di
aver troppe porte aperte all'invasione chiamò a difenderle quelli che la
montagna
stessa aveva preparato per i suoi difensori.
Li chiamò sotto, monte per monte valle per valle, coi loro scarponi; i loro
muli,
le loro gravine. Gli dette uno zaino e gavetta doppia perché potessero star
molto
fuori. Gli disse che l'Italia era milioni e milioni di affratellati, che
avevan giurato
di vivere indipendenti, come loro nei propri paesi, che quando comandasse di
far
la guerra a quei di là era per il bene di tutti; bisognava ubbidire.
Gli alpini non sapevan politica, non avean fatto le scuole, eran figlioli di
emigranti,
neanche il pane gli aveva dato la Patria. Ma vennero sotto confidenti e
devoti.
Con serietà e tenacia aveva fatto le cose borghesi, con serietà e tenacia
fecero
quelle militari.
Borghesi avevan inventato l'architettura montanara: tabià per il fieno,
malghe
per le mucche, ponti e cisterne rustiche, mulattiere, militari inventaron
le più
belle trincee dove c'era di tutto, perfino la chiesa, trincee che sembravan
paesi.
Borghesi avevan portato sui ghiacciai i signori; militari ci portaron la
guerra
Che non c'era mai stata. E cantavan in coro canzoni, per aiutarsi nelle
peggior
fatiche.
Siccome prendevano tutto sul serio e si sdegnavan a vedere anche davanti
alla
morte le solite infami miserie, furon creduti malfidi.
Siccome prendevan le responsabilità senza consultar troppi superiori, furon
creduti indisciplinati.
Siccome fare sapevan molto ma parlare poco, quelli che sapevan parlare molto
gli rubaron l'onore.
Poi quando si accorsero che erano bravi fu peggio di prima.
Furono chiamati dappertutto, a riparar falle, a riprender posizioni.
Li portò al macello il loro valore.
Ma sempre dietro le linee lo stesso sangue paziente ricostruì d'incanto i
battaglioni.
Di nuovo Pierbon furiere, Pierbon zappatore, Pierbon cuciniere, con le
stellette
dei Pierbon passati al bracciale. E sempre più cantando salirono al
sacrificio.
Finchè tutto l'esercito li conobbe come una gente alta e buona e imparò a
sopportare
e cantare come loro.
Credete che non cantino più perché han perso tutto?
Andate sulle Alpi a vedere.
Tratto da Juia, un nome una leggenda
Curzio Malaparte