Ad una piacevole vacanza nell'incantevole isola di Cefalonia non poteva mancare un omaggio simbolico di presenza e riconoscimento presso i luoghi della memoria della Divisione Acqui.
Una tristissima pagina della II Guerra Mondiale in cui un contingente italiano forte di quasi 12.000 uomini, abbandonato dal Comando Supremo Italiano (scappato a Brindisi), ignorato per ragioni politiche dagli anglo americani, venne trucidato dai soldati della Wehrmacht.
da http://www.goticatoscana.it/html/cefalonia.html
Il 30 aprile 1941, le prime truppe italiane occuparono l'isola di Cefalonia: un aereo da trasporto S.M. 82 lanciò una compagnia di paracadutisti che atterrò nell'entroterra della baia di Argostoli, capoluogo dell'isola.
Il 4 maggio 1941, avvenne lo sbarco delle truppe d'occupazione, trasportate dall'Incrociatore “Taranto”. Era la Divisione Acqui da cui dipendevano anche i reparti della Marina, un reparto di Carabinieri ed uno di Guardia di Finanza: in totale circa 12.000 uomini.
Le isole Ioniche, di cui Cefalonia è la maggiore, diventarono un protettorato italiano, o meglio, territori annessi all'Italia e sottoposte ad un governatorato civile.
Il 7 agosto 1943, poco dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943), le truppe tedesche sbarcarono a Cefalonia e si stabilirono a Lixùri, nella penisola di Palikì.
Il 9 settembre 1943, cioè il giorno successivo all'annuncio dell'armistizio italiano con gli anglo-americani, il Comando tedesco chiese al Comando della Divisione Acqui la consegna delle armi nella piazza principale di Argostoli, promettendo l'evacuazione degli italiani dall'isola ed il rientro in Italia. Iniziarono le trattative tra i due Comandi, ma non si giunse ad alcun accordo.
Il 15 settembre iniziarono i combattimenti, che durarono una settimana, durante i quali caddero circa 1.300 militari italiani sopraffatti dalla forza aerea tedesca.
Il 22 settembre - esaurite le munizioni, interrotte le comunicazioni, annientati tutti i reparti - il Generale della Divisione Acqui si vide costretto a chiedere la resa al Comando tedesco che venne stipulata e concessa senza condizioni.
In violazione di tutte le convenzioni internazionali furono uccisi in esecuzioni di massa, dai militari della divisione Edelweiss della Wehrmacht, più di 5.300 italiani fatti prigionieri. Il Comando tedesco vietò di seppellire i cadaveri che venivano bruciati o fatti scomparire in mare.
Molti italiani riuscirono a salvarsi grazie all'aiuto offerto dalla popolazione di Cefalonia.
In seguito il Comando tedesco obbligò gli italiani sopravvissuti al massacro a scegliere se combattere insieme ai tedeschi, arruolarsi nelle Compagnie Lavoratori o finire nei campi di prigionia del Nord Europa. Molti scelsero di lasciare l'isola per i campi di prigionia, così altri 3.000 italiani morirono in mare, dentro le stive delle navi saltate sopra le mine mentre erano condotti ai luoghi di prigionia. Non si conosce il numero di prigionieri italiani appartenenti alla Divisione Acqui morti nei campi di prigionia del Nord Europa.