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Pierpa
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24 maggio

Nel 91° anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa, un ricordo e una preghiera rivolte ai caduti del Regio Esercito e dell'Imperial-Regia Armata.
MAI DAÛR!
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fuarce friul
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24 maggio.
L'esercito marciava.
E, appena raggiunta la frontiera per far contro il nemico una barriera, cadeva sul Kolovrat, in comune di drenchia (ud) il primo degli oltre 600.000 morti che la grande guerra fece tra le file italiane: il suo nome era Riccardo di Giusto, udinese, dell'8° reggimento alpini battaglione Cividale.
alpini del gemona...mai daur!
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C.le Busbani
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Da questa terra, molto vicina al Piave ed ai piedi del Monte Sacro alla Patria, un ricordo ed una preghiera a chi ha sacrificato la propria vita per il bene dell'Italia e, quindi, anche per noi.
GLORIA A VOI SOLDATI, partiti dalle Vostre case, immolati per la nostra Patria e per noi tutti.
Omar Busbani
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cavalli
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una guerra sangunosa e inutile visto che con pò di più accume politico diplomatico si poteva ottenere buona parte di quello che si è ottenuto senza entrare in guerra. Alla fine chi ci ha rimesso è stato il popolo!
la max trid.
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axtolf
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Un ricordo anche da parte mia, indipendente da discussioni storiche su questo evento.

Devo dire che non vi è traccia di questo anniversario su nessun sito, nè tra quelli di notizie, nè sul sito dell'esercito.
Non che ci sia da "festeggiare" l'inizio di una guerra ben inteso, ma come al soltio un po' piu' di attenzione alla nostra storia non farebbe male.

Ricordo che oggi è anche la festa l'arma della Fanteria.
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Federico
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Mi limito a riportare i primi periodi e il relativo link ad un blog che secondo me scrive cose in molta parte condivisibili.

Il 24 maggio del 1915 comincia quella che può essere considerata a tutti gli effetti come la prima, grande esperienza collettiva degli italiani, nel senso che tutti, non solo i combattenti, ne furono in qualche modo coinvolti.
Quel giorno, novantuno anni fa, l'ambasciatore Avarna presenta la dichiarazione di guerra italiana all'Impero Austro-Ungarico. Con questo atto, il governo italiano dà  seguito agli accordi contratti coi nuovi alleati (l'Italia era sin dai tempi di Crispi formalmente alleata con Austria e Germania) nel Memorandum sottoscritto a Londra il 26 aprile. Tra l'altro il governo, nella sua seduta del 22 maggio, diede disposizioni soltanto per quanto riguarda le ostilità  contro l'Austria-Ungheria, omettendo di manifestare alcuna intenzione verso la Turchia e la Germania. La guerra alla prima fu dichiarata il 28 agosto, mentre con la seconda s'attese un anno, agosto 1916.
Usando il linguaggio del tempo, L'Esercito italiano avrebbe condotto una guerra “ininterrotta ed asprissima” “sotto l'alta guida di Sua Maestà  il Re” “con fede incrollabile e tenace valore” per quarantun mesi, fino alla vittoria del 4 Novembre 1918.
Fuor di retorica, poco purtroppo rimane nella coscienza collettiva del sacrificio di una generazione, ben altra gente rispetto a noi, con ben altra disciplina e capacità  di resistere alla sofferenza e al terrore. E' un peccato, per almeno due motivi.

Il primo è una convinzione che ho già  espresso più volte in questo blog: le sofferenze e la solidarietà  delle trincee, effettivamente furono la prima grande opportunità  di forgiare un tipo realmente "italiano", una identità  condivisa, come ci si auto-percepiva per la prima volta, calabresi e lombardi assieme: tutti umili ma tenaci solidali e vincenti, cementati dalla sofferenza. Un popolo intero focalizzato, allora sì, a "resistere resistere resistere", con tenacia e spirito di sacrificio, costruendo bottom up tra freddo fame reticolati e cannonate una visione di sè, di noi, che ancor oggi non possediamo.


Il seguito, lo trovate qui:

http://neoquidnimis.blogspot.com/2006/05/24-maggio.html

Ciao
Art. Federico
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Luigi
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Brano famoso, di quelli una volta d'obbligo.
Ma non guasta il riproporlo, sperando di non tediarvi.
Di Piero Jahier, "Il soldato Somacal Luigi".
Mandi.
Luigi


Il soldato Somacal Luigi

Il soldato SOMACAL Luigi da Castion - recluta dell' '84, terza categoria - era stato cretino dalla nascita e manovale fino alla chiamata.
Cretino vuol dire trascurato da piccolo, denutrito, inselvatichito. Manovale vuol dir servo operaio, mestiere sprezzato. Il suo lavoro consisteva in nulla essere, tutto fare. Ne porta i segni il corpo presentato alla visita militare. Somacal ha offerto alla patria un fardello di ossa tribolate in posizione di manovale.
Sporge in fuori l'osso dell'anca, che aiuta a camminar sciancati quando si deve equilibrare la secchia di calcina; gli ingranaggi dei suoi ginocchi pesanti gonfi di noccioline reumatici empiono i pantaloni, il suo busto è una groppa che aspetta in eterno di ricevere pesi; la testa si rannicchia fra le spalle, come cosa ingombrante, perché un uomo che porta, la testa gli dà  noia; le sue mani di corame chiaro stringono sempre il badile; lo sguardo cerca-terra: per non inciampare.

Questa è la posizione del manovale, in cui Somacal si é presentato. Somacal deve star sulla posizione di attenti, invece.
E cos'è la posizione di attenti che «dovete prender subito voi, se siete buon militare» se non: le calcagna unite sulla stessa linea, le punte dei piedi ugualmente aperte e distanti fra loro quanto è lungo il piede, le ginocchia tese senza sforzo, il busto a piombo, il petto aperto, le spalle alla stessa altezza, le braccia pendenti, le mani naturalmente aperte con le palme rivolte verso le cosce, le dita unite col pollice lungo la costura laterale dei pantaloni, la testa alta e diritta, lo sguardo diretto avanti? La posizione d'attenti é la negazione della sua vita. Somacal vorrebbe essere buon soldato, perché é un mestiere che consiste nel passeggiar col fucile e vi passano la minestra il pane e il vestito come gli altri tale e quale (lui che non gli toccava che resti quand'era in squadra operaia), ma il suo corpo tutte queste cose non le può fare.

Prova l'attenti; prova il saluto; ma quando gli pare di esser riuscito, la mano non resiste più a mantenersi tesa, le ginocchia cominciano a tremare (vieni presto, caporale, a verificare) e quando il caporale arriva a lui tutto ha ceduto. È tornata la posizione di manovale. Somacal in uniforme é un burattino.
Il caporale lo tira fuori dai ranghi, lo fa marciar solo; e ridono tanto i suoi paesani, cottimisti con lui per la Germania, perché l'è qua Somacal che era anche allora una «mà cia». Ci vuole in carovana, per sopportar la fatica. Infine, Somacal é interrogato e, parlando, scopre l'ultima qualità  di burattino: ha anche la lisca Somacal Luigi. Per esser completo. Somacal gli hanno impedito di imparar l'operaio perché era così buon manovale.
Ora gli impediranno di imparare il soldato per serbarlo ridicolo. Ci vuole, in camerata; «una mà cia»; per sopportare la noia.

È vero che Somacal si rinfagotta, che non sa farsi la cravatta (perché non si deve sforzar il collo chi vuol portare), che si mette il cappello torto (perché é impossibile che sul suo cappello ci sia un fregio); ma se c'è una giacca macchiata, alla vestizione, finirà  certo sulla groppa di Somacal Luigi; sarà  suo il fucile che non ha tempo, fucile scappatore; e la scarpa del gigante che nessuno ha voluto, e la borraccia che geme; mentre sarà  di tutti, invece, il suo barattolo di grasso che tesorizzava nel buco del tavolato, o il suo stoppaccio per nettare il fucile. Su Somacal tutti si arrangiano; é una festa quando viene ripreso: ora ci farà  ridere il nostro burattino. C'è speranza di riuscire. Il suo tenente non ha riso quando l'ha guardato; anzi ha detto che un soldato non conta per quel che l'han fatto i suoi parenti, ma per quello che sa diventare. È un tenente che conosce: « manovale - ha detto - é come la donna di casa che anche se fa tutto non é riconosciuta, ma poi - quando si é soldati - e oggi manca il bottone, e domani il fondo delle mutande é partito: ah! - si scopre - ghe voleva la femmena quà  via ».

C'è speranza. Per due, per quattro sarà  troppo difficile ancora. Ma ci son delle cose, intanto, da poter imparare. Somacal imparerà , intanto, a far. bene quello che nessuno fa, perché tutti lo sanno fare: correrà  fuori tra i primi all'adunata; arroncigliolerà  le cignoline; ramazzerà  per levare il sudicio e non per farlo sparire. Poi imparerà  gli esercizi - quando tutti li sanno fare e sbagliano perché tanto li sanno fare; - Somacal, che sta attento, li farà  bene, allora. Non sarà  più tirato fuori in castigo quando si marcia di fronte «guida destr»: Ocio, Somacal, vegnì fora vù; no stè a far confusion diceva il caporale. Ora: numero uno o numero due, Somacal sa «sparire». Forse il tenente che conosce si accorgerà  che ha migliorato.

Poi la marcia; ma per la marcia non ha da imparare: si tratta di andar sotto il peso: é una cosa di prima. Poi imparerà  a tener pulito il fucile; nessuna canna lustrerà  come la sua; fategli ispezionarm: ecco la luminosa spira delle quattro rigature. Somacal é tranquillo: sul fucile non ci sarà  osservazione. Lo sa lui che i granellini di polvere non ci possono entrare (tappato, in camerata; ma non lo dite: é proibito). Ormai Somacal sta per riuscire soldato.
Ma invece, pervenuto a questo punto, ecco che non può più bastare. Ecco ancora qualcosa di nuovo. Ecco il Tiro. Il fucile non era fatto per crociatet e ispezionarm, ma per tirare. E Somacal non può tirare. Somacal ha dovuto tener sempre bene aperti i due occhi in vita, e invece al Tiro di recluta bisogna chiuderne uno. Impossibile farlo stare. Se provi a tapparlo con una mano, come fai a «sbarare» ?
E se rivolti il cappello e lo tappi colla tesa, non basta ancora. Quel cane di occhio seguita a vedere. Bisogna bendarlo col fazzoletto. Unico rimedio. Dunque Somacal si avanza verso la stazione di tiro bendato stretto, come a mosca cieca. Ah! se il tenente non lo vedesse! ah! se lo lasciassero accomodar tranquillo a suo modo! proprio lo hanno lasciato, e ha fatto 30, Somacal Luigi. Ed é successa la cosa meravigliosa.

Che il suo tenente lo ha visto e si avvicina. Che non si é avvicinato per rimproverare; che lo ha chiamato SOMACAL LUIGI; che viene per parlare a lui che vorrebbe esser sottoterra invece: ocio, Somacal, la posision d'atenti ora. Che ha chiamato anche il capitano: «Ocio, Somacal, sguardo diretto avanti» all'infinito. « Ecco il mio amico Somacal che ha fatto trenta » dice il tenente. Dice proprio amico. Amico lo chiama, anche dopo. Perché anche lui ha cercato come Somacal di imparare la vita. Gli darà  il permesso, scriverà  alla sua donna di accoglierlo bene, perché é un buon soldato, suo amico, allora che Somacal ha inaugurato il suo nuovo sguardo di redenzione. Non possiamo descriverlo, noi che non siamo stati redenti mai, una cosa nuova: non l'aveva mai fatta vedere perché nessuno ne aveva cercato. Ma doveva averla pronta sotto quegli occhi d'angelo serafico montati in un viso di cretino pellagroso.

Allora che Somacal ha smesso di ridere. Somacal sorride al suo tenente, invece, sempre che lo incontra lo porta in alto nei cieli dell'amore con quel sorriso di redenzione. È allora che Somacal - siccome si sente felice - riesce a non farsi riformare. I nocciolini reumatici lo mandano due volte sotto rassegna, ma Somacal torna alpino. Gli scoprono un fià  de gola grossa laggiù all'Ospitale. Ma Somacal resta alpino. Non per la patria. Somacal non saprà  mai cos'è la patria. Ma perché si sente in un'aria buona.
Vorrebbe rimanere in quell'aria buona fino alla fine. Vorrebbe sentirsi ripetere che é il suo amico. Purché lo dica ancora: sei il mio amico.
Certo, Somacal, soldato stronco, uomo zimbello, sei il mio amico. Ho trovato vicino a te l'onore d'Italia. Dico che é in basso l'onore d'Italia.
"Gli Alpini arrivano a piedi là dove giunge soltanto la fede alata"
(G. Bedeschi)


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Nicola
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Sapore antico. Mi ricorda un po' "Ciaula scopre la luna".
Bello :) .
S.ten Nicola Pagotto
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79° Compagnia
171° corso AUC SMALP 3/98
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Brividi.
Grazie Luigi, nessuna paura di tediarci.
E siccome aveva un fisico forte, ed era alto e ben fatto, lo assegnarono all'artiglieria alpina... (M. Rigoni Stern)
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Francesco
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cavalli ha scritto:una guerra sangunosa e inutile visto che con pò di più accume politico diplomatico si poteva ottenere buona parte di quello che si è ottenuto senza entrare in guerra. Alla fine chi ci ha rimesso è stato il popolo!
la max trid.
Condivido il giudizio storico politico.
E' un dato di fatto, che quella generazione diventata popolo italiano in senso pieno, ancora oggi abbia parecchio da insegnarci.
Onore ai soldati. Requiem ai caduti.
Ten. Francesco Papi
5° a. mon.
Gr. Bergamo
32^ btr.

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