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Massimo Btg.Tiràno
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Iscritto il: sab apr 16, 2005 6:26 pm

Fortezza - Franzensfeste e la riserva aurea italiana.

Fortezza - Franzensfeste e la riserva aurea italiana:

non è storicamente esatto affermare, come spesso è successo, che l'oro della Banca d'Italia fu rubato dai Tedeschi; le cose sono andate diversamente e questo è risaputo da sempre sia nell'ambiente della B. d'Italia di Bolzano e di Roma, sia tra le non molte persone che conoscono bene la storia recente italiana.
A Giovanni Orgera, Governatore (cioè Sindaco) di Roma nel 1944, va il merito di aver condotto un'efficace trattativa con i Tedeschi che ebbe l'effetto di trattenere in un deposito segreto situato dentro il forte austriaco di Fortezza un quinto della riserva aurea, che dopo la guerra tornò nel depositi di via Nazionale a Roma.
In corrispondenza con l'evacuazione di Roma da parte delle truppe tedesche ed italiane della R.S.I. parte della riserva fu portata a Milano con la scorta armata degli Agenti Metropolitani di Roma: tale è la testimonianza del Magg. Costa, Uff.le degli Alpini, ed allora Federale del P.F.R. di Milano, ideatore del Ridotto della Valtellina (da poco pubblicate le sue memorie: V. COSTA, “L'ultimo Federale”. Libro estremamente importante).
Secondo alcune fonti parte della riserva fu portata in America; in fotografie e in un documentario dell'epoca si vedono militari americani che sorvegliano soldati tedeschi di un reparto corazzato (lo si capisce dall'uniforme) che caricano i valori su alcuni autocarri, il tutto alla presenza di un funzionario della B.d'Italia di Bolzano.
Nel dopoguerra, e soprattutto oggi, questa vicenda non è mai stata divulgata serenamente e in termini storicamente oggettivi perchè Orgera era funzionario della Repubblica Sociale Italiana: e in quanto tale lui ed il suo operato dovevano essere dimenticati perché la parola d'ordine era (ed è tuttora) che la R.S.I. non è mai esistita. Tuttavia questo episodio non è stato l'unico: ce ne sono moltissimi altri, ben documentati ma ancora ignoti al pubblico e all'insegnamento scolastico. Guai a parlarne, come minimo saresti definito reazionario o revisionista e portato in tribunale (sì, recentemente è successo anche questo). Ma scrivere la storia basandosi rigorosamente sui documenti e sulle testimonianze della cultura materiale non è revisionismo.
A chi volesse saperne di più consiglio (esclusivamente) le seguenti letture:

ALBERTO CARACCIOLO, “La Banca d'Italia tra l'autarchia e la guerra 1936-1945”, Collana Storica della Banca d'Italia, Documenti, vol. IX, 1992, pp. 610, £. 68.000, ISBN 88-420-4152-1.

Documenti dell'epoca: consultabili nell'archivio storico della Banca d'Italia (Roma).

SERGIO CARDARELLI, RENATA MARTANO, “I nazisti e l'oro della Banca d'Italia. Sottrazione e recupero. 1943-1958”, Bari, ed. Laterza, £. 32.000.

La fortezza di Franzensfeste, davvero spettacolare, fu una delle polveriere della Br. Orobica e ogni tanto mi mandavano lì (e a Braies) per prendere munizioni. Il locale che custodiva la riserva aurea si trovava a destra appena superato l'arco di ingresso adiacente il corpo di guardia.
Nei dintorni della fortezza ci sono opere del 22° Rgp. Alp. d'arresto, con portelli mascherati delle feritoie.
Se può incuriosirvi, esiste una puntata del programma televisivo Mixer (RAI 2) dedicato alla vicenda: interessante poiché mostra la chiesa del forte, la famosa lunghissima gradinata in galleria e alcune interviste a personale della Tridentina allora in servizio.
Secondo notizie che ho sentito a Vipiteno nel 2003, esisterebbe un progetto di trasformazione della fortezza in centro culturale-museologico e a tale scopo sarebbe già  stata contattata una società  tedesca (notizie che però io non posso confermare in nessun modo). Presumo che si faranno scoperte notevoli.

(P.S.: personalmente non credo molto al “tesoro di Dongo”, ma questa è un'altra vicenda. Ritengo che sia ora di credere seriamente al Ridotto della Valtellina, viste le recenti scoperte, i dati nel nostro forum, le notizie reperibili in recenti libri su fortificazioni TODT [e forse anche Genio-E.N.R. e I.M.L.] costruite in Trentino e in Lombardia. E questo secondo me porterebbe ad un altro tema molto concreto: Alpenfestung. Non vi pare?).

Saluti alpini!
1^ Cp. AUC Scuola Militare Alpina.
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Btg. Alp. L'Aquila.
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Federico
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Grazie Massimo.

lettura davvero interessante.

Se posso permettermi un commento, circa il tuo inciso a chiusa del tuo post:

guarda che qui dalle mie parti sull'esistenza del "tesoro di Dongo" ben pochi hanno mai avuto dubbi... troppe morti "strane", troppe coincidenze troppe persone che di li a poco manifestavano capacità  di spesa insospettabili... e soprattutto troppi silenzi e troppe spalle girate quando dei ragazzi (i miei genitori e la loro compagnia di allora) si arrischiavano, per pura curiosità , a fare certe domande ai locali, nelle trattorie della zona dove in estate, di sera, si recavano a mangiare dopo le regate veliche a cui partecipavano.

Per quanto riguarda il Ridotto Valtellina: io lo metterei tra le certezze, non tra le ipotesi più o meno improbabili. Uno dei quindici fucilati a Dongo era ben conosciuto in casa dei miei nonni. Da civile era avvocato. E si era fatto una certa fama nella difesa dei cosiddetti "Spalloni", cioè i contrabbandieri. Lui, sebbene sconsigliato da amici e parenti (suo cugino era, oltrettutto, uno dei capi dei partigiani "bianchi" del Lago), che lo scongiurarono di restare, seguì il Duce. La loro destinazione, comunicata in famiglia, era Sondrio, non la Svizzera. Se il Duce avesse voluto davvero andare in Svizzera, questo personaggio avrebbe avuto tutte le possibilità  e tutte le conoscienze per fargli raggiungere la Confederazione in tutta tranquillità : conosceva tutte le guide migliori. E che un canale in quel senso fosse già  stato aperto, da un pezzo bello grosso, qualche tempo prima, lo sappiamo con certezza: la famosa attrice Doris Duranti, amante di Pavolini (tra l'altro amico del personaggio di cui parlo) e sfollata a Cernobbio, venne accompagnata clandestinamente in Svizzera da un celebre contrabbandiere del tempo, dietro lauto compenso. Se, quindi, Mussolini avesse voluto davvero scappare in Svizzera, aveva a disposizione tutti i mezzi e le conoscienze per farlo. Di certo non si sarebbe messo, con tutto il seguito, a cercare di andarci in macchina e oltrettutto attraverso un piccolo valico della Valle d'Intelvi. Più probabile, quindi, che quelle peregrinazioni fossero dovute al fatto che Mussolini avesse un randevouz, fallito, con qualche esponente dei servizi segreti Inglesi. Anche in Valtellina lo aspettavano, e non a braccia aperte: la popolazione, relativamente poco toccata dalla guerra in confronto ad altre zone del Paese, non vedeva di certo di buon occhio la possibilità  di vedere trasformata in prima linea la loro valle, cosa certa se Mussolini avesse trasformato davvero la valle in un Ridotto.

Ciao
Art. Federico
40a Btr, AMF(L)
Gr.A.Mon. "Pinerolo"
(4° Rgt. A. Mon.)
Brigata Alpina Taurinense
3°/86

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