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Gian Luca
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Luigi, la differenza è che il mitico Bedeschi, prima di scrivere, è tornato a casa.
O sbaglio?
Cioè, ritengo che scrivere in fogli sottili, di nascosto, con una matita, in prigionia, senza sapere quello che effettivamente sta succedendo a casa, senza sapere se e quando si tornerà  a casa, sia differente.
Sulle vicende editoriali, di cui abbiamo già  discusso, quello che dici è vero ed anzi c'è da dire che Rigoni Stern, il suo libro - portato sempre nello zaino - lo teneva sempre avvolto nello spago, senza ribatterlo a macchina tant'è che "una volta la cagna se lo portò nel cuccio", prima che capisse che se ne poteva fare qualcosa di migliore. Ebbe vita più facile per pubblicarlo, probabilmente cercò dopo bedeschi qualcuno e ci riuscì prima è vero.

Ecco, lo spirito di corpo....ecco, io rimango scettico, oppure parliamo della stessa cosa, non so.
Ritengo che il carattere distintivo per gli alpini era innanzitutto l'addestramento superiore, l'abitudine ad operare in certe condizioni, il carisma di buona parte dei comandanti, la vicinanza territoriale, anche di paese, dei reparti. Questo per me li ha fatti tornare a casa, ebbene se questo è spirito di corpo quello che dici è pura verità !
E siccome aveva un fisico forte, ed era alto e ben fatto, lo assegnarono all'artiglieria alpina... (M. Rigoni Stern)
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jolly46
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Gian Luca ha scritto:
Ecco, lo spirito di corpo....ecco, io rimango scettico, oppure parliamo della stessa cosa, non so.
Ritengo che il carattere distintivo per gli alpini era innanzitutto l'addestramento superiore, l'abitudine ad operare in certe condizioni, il carisma di buona parte dei comandanti, la vicinanza territoriale, anche di paese, dei reparti. Questo per me li ha fatti tornare a casa, ebbene se questo è spirito di corpo quello che dici è pura verità !

Dovresti sapere meglio di me cche in piena ritirata il Cap. Gallarotti ed il Ten. Valditara della 32^ del Bergamo "pretendevano" la mattina l'adunata della batteria perfettamente inquadrata.
Oggi un episodio così passarebbe per una cretinata od una prevaricazione, allora significò la vita per tanti montagnini ed anche quello era "spirito di corpo"!
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jolly46
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Ho letto tutti i vostri interventi con attenzione ed aggiungo ora qualche mio ricordo.

Premetto che ho letto Bedeschi come Rigoni Stern (anche tutto il resto della sua produzione diciamo non militare).

Ho letto entrambi per la prima volta ai tempi della scuola media inferiore(fine anni 60), erano libri di lettura scelti dal mio professore di lettere (per inciso un profugo istriano, di Pola, pittore ed anche giornalista/scrittore di cui conservo un buon ricordo e stima).

Il "Sergente" era nelle edizioni Einaudi per la scuola media (chi se ne ricorda copertina bianca con due orizzontali rosse) mentre "Centomila" era nei normali tascabili Mursia.

Già  allora il "Sergente" aveva quindi una strada preferenziale, edizione specifica per le scuole, come Primo Levi ed altri "approvati" dalla Einaudi.
Bedeschi doveva "sgomitare" nelle edizioni memorialistiche cui magari i professori non degnavano sguardo alcuno ed all'epoca ancora non erano entrati nella scuola i "magnifici" professori figli del 68.
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Gian Luca
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Tutto vero quello che dice jolly, sottoscrivo in pieno.
E' che io ho cominciato leggendo il Rigoni dei racconti di caccia e non de "Il bosco degli urogalli", letto e riletto da piccolo, e degli articoli a sfondo venatorio che scriveva sui "Diana" che rubavo a mio padre.
I racconti come "Chiusura di caccia" o "Alba e Franco" sono miniature uniche, oppure "Volpi sotto le stelle": quelli, assai più dei racconti di mio padre, mi hanno fatto prendere la licenza ancora prima della patente, con quelli sognavo da bambino, di ferme impossibili, di affetto speciale per il proprio cane, di amore per la natura. Pensando a quelli non dormivo prima delle sagre in cui portavamo la nostra peppola (fringilla monti fringilla) pluripremiata, o ilnostro merlo, che cantava sempre ma era poco creduto, o il nostro frosone, che cantava in cortile e si azzittiva alle gare.
E poi da più grande, nelle ferme dei miei cani, vedevo le ferme delle Ambre e dei Cimbri che lui raccontava.
Il Sergente l'ho letto più tardi e poi me lo sono ritrovato in terza media con la lettura comune, proprio nei libri con le righe rosse di cui parlava jolly. Insomma per dire......cos'è che volevo poi dire?
Sì, è tutto vero, la nostra storiografia è scandalosamente di sinistra, per avere Urla di vittoria nella steppa di Gaza, ovviamente edito da Mursia, ho dovuto ordinarlo alla libreria militare di Milano.
E dunque per avere un approcio più critico uno doveva appassionarsi e sbattersi, in caso contrario non se ne sarebbe accorto.
E i risultati sono stati catastrofici, sottoscrivo tutto.
Ma il confronto letterario frai Rigoni Stern e Bedeschi è un altro paio di maniche.

Vabbè, comincio a pinciare che è meglio :wink:
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Gian Luca ha scritto: (...)
Ecco, lo spirito di corpo....ecco, io rimango scettico, oppure parliamo della stessa cosa, non so.
Ritengo che il carattere distintivo per gli alpini era innanzitutto l'addestramento superiore, l'abitudine ad operare in certe condizioni, il carisma di buona parte dei comandanti, la vicinanza territoriale, anche di paese, dei reparti. Questo per me li ha fatti tornare a casa, ebbene se questo è spirito di corpo quello che dici è pura verità !
Addestramento superiore? tu conosci come venivano addestrati i carristi o i parà ? E cosa se ne facevano, in ogni caso, di un addestramento da montagna in una guerra di trincea sul greto di un fiume e poi nella guerra di movimento nella Steppa?
Il "carisma di buona parte dei comandannti", su quale base?

Certo, che ognuno combatteva la propria guerra personale ed era chiuso nel suo piccolo mondo.
Ma li salvò anche la coesione. Che nasceva dalla specificità  delle TTAA, per il loro essere tutti (o quasi) gente di montagna che nella vita civile come in quella militare divideva le stesse fatiche, le stesse montagne, le stesse consuetudini, le stesse regole morali.
I comandanti che riuscirono a suscitare tali valori nei loro uomini ("avanti! che siete alpini!", così come "la Folgore muore, ma non si arrende!"), come giustamente ricordato da Jolly, aiutarono in modo rilevante i loro uomini.

Questo, in Bedeschi ("non augurarti anche tu, di cadere nella neve e non udire alcun richiamo!") si sente, si respira.

Nel testo di Rigoni cambia pure la nazionalità  e la ritirata e lo applichi a gran parte degli eserciti occidentali.
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Gian Luca
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Scusa Bric ma il paragone era con le truppe sul fronte russo, nulla da ridire su parà  e carristi, anzi ti dirò che nel 33° reggimento carri - dove mio fratello ha fatto la naia - un tempo di stanza a Ozzano Emilia (BO) le tradizioni ed i ricordi del fronte africano erano ancora vive negli anni 90!

La coesione era frutto certamente della loro provenienza (mi sembrava di averlo scritto) ma anche di un addestramento particolare che quella coesione aumentava e cementava, superiore a quello, ad esempio, della Ravenna che pure si fece annientare. Boh, mi sembra che si stia dicendo la stessa cosa.
Se poi ho fatto la naia negli alpini è per il Sergente, dai, le peculiarità  della gente e la coesione si percepiscono eccome, come fai a dire che se cambi nazionalità  e ritirata lo si può applicare in altri eserciti?
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Luigi
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Gian Luca ha scritto:Luigi, la differenza è che il mitico Bedeschi, prima di scrivere, è tornato a casa.
O sbaglio?
Cioè, ritengo che scrivere in fogli sottili, di nascosto, con una matita, in prigionia, senza sapere quello che effettivamente sta succedendo a casa, senza sapere se e quando si tornerà  a casa, sia differente.
Forse si, forse no.
Forse si: Rigoni parla di sè, e degli altri sempre dal suo punto di vista. Abbiamo un bel libro di memorie.
Bedeschi quasi si annulla, ma nel contempo si immedesima a tal punto negli altri da voler dar voce ai morti.
Abbiamo un poema epico.

Chi preferisce il primo, chi il secondo.
Mandi.
Luigi
"Gli Alpini arrivano a piedi là dove giunge soltanto la fede alata"
(G. Bedeschi)


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