1°San Giusto ha scritto:
La considerazione finale del generale Lenzini, anche supportata da un sentimento di fiducia e orgoglio sulle capacità di resistenza dei reparti alpini, è che per la morfologia del terreno, la quantità, densità e tipologia delle difese predisposte, uno sfondamento e relativo sbocco in pianura da parte dell'avversario sarebbe stato estremamente improbabile se non impossibile.
Ripensavo alla considerazione finale: possibile che il generale non abbia tenuto conto della possibilità (tutt'altro che remota) di aggiramento non solo della fortificazione, ma anche della stessa catena montuosa?
Lo schieramento difensivo predisposto si basava anche su dati di intelligence che facevano presupporre uno sforzo principale di attacco nemico.
Molto probabilmente la pianura friulana offriva capacità di penetrazioni superiori rispetto all' insidiosa e difficile montagna. Ma era necessario difendere tutto il settore Nord - Est, assicurando la saldatura dei settori contermini delle grandi unità.
In effetti se diamo una occhiata all' ordine di battaglia delle forze armate italiane di quel periodo ci si rende conto che la pianura era davvero "affollata" di reparti pronti.
Se vi interessa fare qualche ricerca storica sulla Guerra Fredda e consultare decine di documenti militari declassificati visitate questo sito:
bat64 ha scritto:Lo schieramento difensivo predisposto si basava anche su dati di intelligence che facevano presupporre uno sforzo principale di attacco nemico.
Molto probabilmente la pianura friulana offriva capacità di penetrazioni superiori rispetto all' insidiosa e difficile montagna. Ma era necessario difendere tutto il settore Nord - Est, assicurando la saldatura dei settori contermini delle grandi unità.
In effetti se diamo una occhiata all' ordine di battaglia delle forze armate italiane di quel periodo ci si rende conto che la pianura era davvero "affollata" di reparti pronti.
Pensavo proprio a questo: mi sembra strano che un generale facesse così tanto affidamento sulla fortificazione permanente, sapendo che i reparti dislocati in pianura erano pronti proprio prevedendo il cedimento della "prima linea" costituita dalle postazioni d'arresto...
Inoltre, conoscendo le capacità di proiezione delle truppe aerotrasportate sovietiche, sembra veramente assurdo considerare insormontabili le montagne...
Se all'inizio la fortificazione doveva proseguire nel compito anche se superata era ovvio che non dovesse/potesse arrestare il nemico ma frenarlo, ritardarlo, incanalarlo..... poi se durasse minuti, giorni, settimane solo i fatti avrebbero potuto verificarlo. In montagna dovevano tenere solo per impedire l'aggiramento o sguarnire il fianco delle forze di pianura. Pure il nemico doveva in qualche modo incanalarsi per procedere innescando la nostra artiglieria. Che poi l'attacco prevedesse superiorità di almeno 3 a 1 ed aerea (dipendendo pure dalle condizioni meteo). Il -generale inverno- comanda anche ai nostri giorni. Non in assoluto, certo, ma devi comunque considerarlo. Si diceva che il miglior mezzo c/c fosse il carro armato ma noi ne avevamo pochi e vecchi quando si decise per la fortificazione permanente. Soprattutto in considerazione dell'arma atomica.
divagando un po dall'argomento iniziale vorrei aggiungere che, recenti ricerche storiche, hanno messo in evidenza alcuni aspetti:
- la volontà politica dell Blocco Sovietico di invadere l' europa Occidentale non è mai stata evidente e forte;
- il Patto di Varsavia pur essendo l' alleanza contrapposta alla Nato aveva una struttura di comando integrata molto debole;
- I loro reparti militari, pur essendo numericamente possenti, soffrivano di pesanti carenze e inefficienze.
- Una eventuale invasione sul settore italiano sarebbe stata condotta dalle armate Rumene/Ungheresi che costituivano forse la componente politico-militare più debole del Blocco Sovietico.
Sicuramente l' Europa Occidentale possedeva l'apparato economico e logistico più forte e pertanto la strategia si basava su una manovra che permettesse di guadagnare tempo per attivare il sostegno necessario alla difesa ed al contrattacco.
Penso che le analisi strategiche e storiche necessarie a trarre le giuste valutazioni, su quanto sarebbe successo in caso di conflitto, richiedano studi e conoscenze elevate.
bat64 ha scritto:
Penso che le analisi strategiche e storiche necessarie a trarre le giuste valutazioni, su quanto sarebbe successo in caso di conflitto, richiedano studi e conoscenze elevate.
Questo è ovvio, però nulla ci vieta di fare 4 chiacchiere sull'argomento
Tornando al discorso sull'ipotetica aggressione da parte del blocco orientale, ho visto recentemente un documentario, basato su interviste a veterani dell'Armata Rossa, che sottolineava proprio il fatto che non vi fosse, da parte del Patto di Varsavia, una chiara intenzione ad invadere i paesi della NATO.
In effetti, secondo quanto raccontato dagli ex militari russi, la maggior parte delle esercitazioni sovietiche erano tese a migliorare l'aspetto difensivo e non quello offensivo.
Ho trovato conferma dell'atteggiamento difensivo delle forze armate del PDV anche nella Germania Est: ho visitato una ex base della NVA (Nationale Volks Armee), trasformata in museo, dove veniva spiegato che la Germania Est temeva un attacco da parte della NATO e, proprio per tale paura, costruì una serie di centri di comando protetti in bunker sotterranei, per coordinare la difesa della nazione in caso di invasione, anche sotto bombardamento atomico.
la disinformazione era ai massimi livelli in ogni paese.
L' Albania è completamente foderata di Bunker e dialogando con un ufficiale delle Forze Armate Albanesi, questo mi riferì che in quegli anni loro erano perfettamente convinti che l' occidente avesse ferme intenzioni di invaderli e che pertanto dovevano continuare a fortificare i loro confini.
Una storia che si ripete spesso: "se vuoi mantenere il controllo del tuo gruppo trova i nemici esterni".
Sarebbe interessante invece conoscere i piani di schieramento dei reparti in tutta l' area e vedere come si integravano con i reparti d' arresto.
Sicuramente a ridosso degli stessi si sarebbero attivati campi minati e schieramenti CC per incrementare la capacitò di difesa. In pianura invece i reparti corazzati avrebbero compensato il carattere statico delle fortificazioni.
Sulla volontà o meno del Patto di Varsavia di portare un attacco all'Occidente si è sempre discusso molto. Ricordiamo però che l'obiettivo dell'ideologia comunista era quello espandersi nel mondo e questa era la politica perseguita dal paese leader che era l'Unione Sovietica, diversamente dalla Cina che ha sempre avuto obiettivi continentali. Dall'altra parte l'Occidente in generale tendeva a difendere ed espandere i propri interessi economici. Si trattava solamente di vedere qual'era il modo più oppurtuno per farlo, se attraverso uno scontro diretto oppure attraverso guerre localizzate, colpi di stato, terrorismo, incentivazione di movimenti pacifisti e così via. Personalmente credo che il pericolo maggiore derivasse da un'insostenibile crisi economica dell'URSS che ad un certo punto poteva esplodere, per volere della componente politica più dura, in un conflitto aperto con l'Europa nel tentativo di accapararsi le risorse economiche per sopravvivere. Per fortuna ciò non è avvenuto, la ragionevolezza ha prevalso assieme alla constatazione che un'attacco non avrebbe avuto la matematica certezza di un successo. In poche parole, per le varie motivazioni che avete già elencato, il Patto di Varsavia non era sicuro di poter conquistare l'Europa nel giro di 3/4 settimane, prima che il potenziale economico-militare in particolar modo statunitense potesse far sentire il suo peso.
Per quanto riguarda le varie ipotesi e considerazioni sulla capacità di resistenza del nostro dispositivo devo dire che, essendo come molti di voi appassionato e curioso dell'argomento, ho cercato più volte di capirne qualcosa parlando, naturalmente nel rispetto della dovuta riservatezza, con diversi ex ufficiali del nostro esercito. Le opinioni sono state in alcuni casi concordi, in altri divergenti se non addirittura contradditorie. Anche la documentazione disponibile declassificata non aiuta a dare un contributo sostanziale alla questione. Inoltre si tratta anche di vedere di quale periodo della guerra fredda si parla poichè negli anni la pianificazione operativa del nostro esercito e della NATO è cambiata più volte, per cui certi reparti che avrebbero dovuto eseguire determinati compiti in un periodo potevano essere destinati ad altri successivamente.Mettendo insieme varie informazioni come in un puzzle si riesce ad avere solo un quadro approssimativo ma forse anche per questo l'argomento continua ad affascinare.
Riguardo alle forze eventualmente impiegate dall'allora nemico è ormai risaputo che la prima ondata sarebbe stata composta quasi completamente da truppe ungheresi. A questo proposito posso aggiungere alle testimonianze già esistenti, che alcuni anni fa una squadra dell'UNUCI TRIESTE, sezione alla quale appartengo e che spesso partecipa a gare militari in Slovenia e Croazia, nella pausa di una di queste fu avvicinata da un colonnello dell'aviazione dell'esercito ungherese il quale saputa la nostra provenienza, con un accenno di sorriso, disse che in caso di conflitto Trieste sarebbe stata proprio il suo obiettivo.
Per quanto riguarda l'uso di forze aviotrasportate per l'azione dietro le nostre linee si può ipotizzare che, essendo prevista un'opzione d'impiego di 2 divisioni sovietiche sul fianco sud della NATO, almeno una sarebbe stata usata sul fronte italiano. E' probabile però che l'azione sarebbe stata effettuata a tergo del nostro dispositivo di pianura, sia con aviolanci che aviosbarchi sfruttando gli aeroporti esistenti(ad es. Ronchi dei Legionari), piuttosto che a favore del settore montano, senza escludere azioni in profondità a carattere di incursione operate da forze speciali.
E' possibile che l'esercito italiano fosse in grado di resistere a questo primo urto, tenendo conto che l'avversario doveva attraversare Austria e Jugoslavia e per quest'ultimo paese si trattava di vedere quale sarebbe stata la vera reazione (solo questo meriterebbe un capitolo a parte). Poi però ci sarebbero state le divisioni sovietiche di rincalzo e a questo punto bisognava vedere quali sarebbero state le condizioni materiali e morali delle nostre forze e soprattutto quanto avrebbe influito l'apporto della NATO sul nostro teatro d'operazioni.
Concordo quasi in toto con l' amico triestino (anche se le mie origini son friulane ). Due piccole questioni in cui disaccordo.
Corretto dire che la Guerra Fredda ha avuto varie fasi di distensione e acutizzarsi del confronto, ma passato il periodo di critico che corrisponde con la crisi di Berlino del 1948, la sfida si è spostata verso il Medio Oriente e terzo Mondo, tanto che gli americani hanno dato via alla politica strategica del containment per rispondere all'espansionismo sovietico. Questa condizione ha ridotto notevolmente le possibilità e la volontà di un confronto in Europa.
Per quanto riguarda la difficile condizione economica dell' Unione Sovietica, ritengo che sia stato un fattore che ha ridotto e non incrementato le sue politiche di eventuale aggressione verso l' Europa; ma giustamente qui siamo già verso la fine degli anni 60, ed infatti in tale periodo si diede vita ai primi colloqui per la riduzione degli armamenti strategici nucleari (Start1, Start2).
Per concludere anche io ho avuto la fortuna di conoscere e dialogare con un pilota di MIG29 Ungherese e questi mi disse che nel periodo in cui lui aveva prestato servizio nel Patto di Varsavia, non ha mai saputo o visto piani militari di invasione verso l' Occidente. Devo però precisare che lui si trovava in tale contesto negli anni 80 quando già si intravedeva la fine del confronto.
Beh! bat64, ovviamente qualche piccolo disaccordo tra un triestino e un friulano ci deve pur essere! Naturalmente sto scherzando e mi fa molto piacere che la discussione prosegua con molto interesse e competenza da parte di tutti. Quello che dici sullo spostamento del confronto su teatri diversi da quello europeo è vero, credo però sia difficile stabilire se una volta iniziata una forte crisi internazionale con l'apertura di un'opzione militare l'Europa poteva rimanerne fuori. Dopo le crisi di Berlino e la rivolta di Budapest ci fu quella di Cuba e lì per unanime considerazione si sfiorò il conflitto totale, persino gli Svizzeri attivarono il loro ridotto alpino. Eppure all'epoca Kennedy aveva già iniziato a mandare i primi consiglieri in Vietnam spostando la sfida nel sud-est asiatico. Successivamente, nel '73 ad accordi di riduzione dell'arsenale nucleare già avviati, si arrivò ad un grado di tensione molto elevato quando gli israeliani durante la guerra del Kippur, passarono al contrattacco oltre il canale di Suez senza accennare a rallentare l'avanzata verso il Cairo e l'Unione Sovietica fece chiaramente capire che era possibile un suo diretto intervento, similmente alla crisi di Suez del '56. Nixon ordinò il DEFCON 3 e le forze NATO in Europa furono messe in stato di allerta. Ancora nei primi anni '80 con la politica di irrigidimento di Reagan nei confronti dell'URSS e il crescente movimento di Solidarnosc in Polonia ci fu un altro acutizzarsi del confronto. Ricordo che all'epoca, ottobre '81, si temeva un intervento militare del PdV in Polonia e quindi fu segnalato il movimento delle loro truppe, io stavo prestando servizio militare proprio in quel periodo, avevamo appena concluso il campo d'arma sulla destra Tagliamento e tutto il battaglione venne fatto rientrare su allarme e schierato nella zona di diradamento sul carso alle spalle di Trieste. Certo, non è mai accaduto nulla, si potrà dire che alla fine ci si limitava a mostrare i muscoli però si può anche supporre che il continuo rafforzamento della NATO in Europa abbia effettivamente dissuaso l'URSS dal tentare qualche azzardata avventura. Sulla possibilità di un conflitto legato alla crisi economica credo che sia stata l'azione di Gorbaciov a scongiurarlo in modo definitivo.Qualche anno fa, durante una chiacchierata, un ex appartenente a Stay behind mi disse che fino al 1985 ancora si riteneva possibile un confronto in Europa, poi gradualmente sempre meno fino alla caduta del "muro"; non so naturalmente di quali informazioni disponesse ma ritengo probabile che fosse al corrente del monitoraggio che veniva fatto dagli organi di intelligence sulla situazione all'Est. Diversamente è andata,come sappiamo l'avventura argentina alle Falkland dove la dittatura militare in difficoltà con un forte malcontento interno e la crisi economica ha riversato tutto in una guerra esterna con i risultati che tutti conosciamo.
Una valutazione sull'efficacia della fortificazione permanente, stante che fortunatamente non è stata messa alla prova, è certamente difficile quanto articolata, tenendo anche conto della progressiva evoluzione tecnico-militare della stessa dai primi anni 50 fino alla metà degli anni 70 (quando avvenne il collaudo operativo delle ultime opere di fanteria d'arresto).
Ed una valutazione non può nemmeno prescindere dal corrispondente sviluppo ordinativo ed organico delle unità dell'Esercito stanziate e/o assegnate alla difesa della frontiera orientale.
Basti pensare all'iniziale schieramento su due armate con il previsto afflusso delle divisioni da nord/ovest e dal centro, alle predisposizioni di mobilitazione per il completamento dei reparti (le divisioni in prima schierata talvolta erano ad organici del 50% di quelli di guerra e diverse divisioni "ridotte" si sarebbero completate solo all'emergenza con la mobilitazione delle riserve).
Quindi il compito della fortificazione permanente era anche quello di guadagnare tempo per consentire il dispiegamente dell'intero schieramento previsto.
Comunque, pur con tutti i cambiamenti nel corso degli anni, la fortificazione rimase uno dei cardini della dottrina militare (ovviamente con gli opportuni adeguamenti del caso) e fu sempre strettamente coordinata con le azioni degli altri reparti. Tra opera ed opera erano previsti caposaldi, a livello compagnia, su apprestamenti campali preordinati ed il tutto con ampio dispiegamento di campi minati. Più o meno intorno ad un'opera "standard" sarebbero state dispiegate diverse decine di migliaia di mine antiuomo e di mine anticarro (queste in proporzione di 1 a 5 rispetto alle prime).
Per cui la fascia difensiva di prima linea aveva una notevole densità ed una notevole capacità di arresto, i problemi sarebbero forse stati "dietro" visto che la coperta è stata sempre corta in fatto di riserve di uomini ed armamenti (pensiamo ad esempio che fino alla metà degli anni 60 furono mantenuti in servizio molti gruppi di artiglieria controcarri sui vecchi semoventi M-10, M-18 ed M-36 perchè fino al completamento delle forniture degli M-47 ed all'inizio di quelle degli M-60 le riserve corazzate a tergo della prima linea non erano troppo consistenti (l'introduzione del secondo reggimento carri nelle divisioni corazzate risale al 1964 così come la costituzione dei battaglioni meccanizzati nei reggimenti di fanteria e la formazione dei GED).
Facendo un po' il conto della serva c'erano comunque nel settore di pianura un mezzo migliaio di bocche da fuoco da 90/50 che avrebbero richiesto un po' di tempo per metterle a tacere e/o sorpassarle.
Al solito documentato intervento di jolly che ben chiarisce quale sarebbe stata l'integrazione tra opere fortificate, caposaldi e forze mobili, aggiungo una considerazione sul pensiero sollevato più volte riguardo la possibilità di aggiramento, accerchiamento o sorpasso di un'opera difensiva. Nella guerra moderna caratterizzata da veloci puntate offensive e contrattacchi ad opera dei corazzati e meccanizzati, dal rapido allestimento di cortine di missili cc e campi minati, da penetrazioni in profondità effettuate con reparti aeromobili, il fatto che opere difensive e anche interi reparti venissero aggirati, tagliati fuori o accerchiati, non doveva destare alcuna sorpresa o motivo di panico nel difensore; il combattimento sarebbe continuato e la posizione tenuta, almeno finchè vi fossero state scorte adeguate e sufficiente capacità combattiva per logorare il nemico, interdire l'accesso diretto del punto difeso come via di comunicazione e costituire un punto d'appoggio per il contrattacco. Un esempio storico in tal senso lo abbiamo nell'offensiva tedesca nelle Ardenne del '44; la tenuta di reparti americani, anche accerchiati o aggirati sui fianchi, di nodi stradali e postazioni importanti come Bastogne o il costone di Elsenborn, unita a demolizioni di ponti e passaggi cruciali, rallentò fortemente la progressione delle colonne corazzate germaniche creando poi i necessari presupposti per il contrattacco.
Grazie mille e complimenti per la qualità della discussione.
Scusate, ma ora provo a deviare la discussione su un livello prettamente tattico: secondo voi, se non fosse caduto il Muro di Berlino e quindi fosse proseguito il confronto politico e militare Nato vs Patto di Varsavia, che fine avrebbero fatto le nostre fortificazioni?.... avrebbero mantenuto il loro valore intrinseco o l' evoluzione tecnologica dei moderni sistemi militari le avrebbe rese obsolete?