Oggi è doveroso ricordare questa data entrata nella storia come l'ultima Carica della Cavalleria Italiana.
Alle prime luci del 24 agosto 1942 il II Squadrone di "Savoia Cavalleria" al Comando del Tenente Di Leone esce dal quadrato nella direzione opposta al nemico, e una volta scomparso dalla vista compie un ampia conversione e all'ordine di Sciabl-mano inizia il movimento verso le linee nemiche. L'entusiasmo cresce assieme all'andatura dei cavalli e al grido di "Caricat" i Cavalieri rispondono "Savoia", I Cavalli vengono lanciati con impeto verso il nemico, i russi iniziano a mitragliare per arrestare la carica. Una volta raggiunta la posizione nemica i Cavalieri iniziano a sciabolare, il Colonnello Alessandro Bettoni Conte di Cazzaso (Comandante di Savoia Cavalleria) si rende conto che il II Squadrone ha bisogno di supporto e invia il IV Squadrone appiedato in supporto. Nel frattempo il II Squadrone ha terminato la Carica ed è rientrato nel quadrato, il Colonnello Bettoni invia il III Squadrone al comando del Capitano Marchio che puntando dritto verso le linee nemiche effettua la seconda Carica che a colpi di sciabola e bombe a mano costringe il nemico a darsi alla fuga.
Passate le nove del mattino si può finalmente contare i Caduti di "Savoia Cavalleria", e di bocca in bocca passa la frase "Savoia ha Caricato", il bilancio è di 33 Caduti e 53 feriti e 150 cavalli morti.
I russi pagano un prezzo più alto, 150 Caduti, 300 feriti e 500 prigionieri.
Allo Stendardo di "Savoia Cavalleria" viene concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare, oltre a 2 Medaglie d'Oro al Valor Militare, 54 d'Argento e 49 Croci di Guerra individuali.
La Carica prenderà il nome di "Carica di Isbuscenskij, dal nome del paese vicino.
Mus in pas, leons in vuere (Muli in pace, leoni in guerra)
In realtà l'ultima carica, almeno per Cavalleria Italiana è stata fatta da "Alessandria" nell'attuale Croazia nell'ottobre 1942, ma è quasi sempre dimenticata anche se piu' cruenta per noi forse perchè colpa di ordini "superiori" come al solito dati alla leggera:
"Le perdite di “Alessandria” erano state gravi: 70 morti e 61 feriti, ovvero 131 perdite su un totale di 760 effettivi. I cavalli morti erano stati 130"
cavalli ha scritto:da brivido!!!!!! pensa che la sera prima il c.do rgt. aveva pranzato con tovaglie bianche e camerieri in giacca bianca! che tempi!!!!!!!!
tempo fa esisteva un sito (http://www.cavalleriaitaliana.it) contenente tra l'altro tutta una serie di emozionantissime testimonianze dirette su quella giornata; il sito ora non esiste più, qualcuno sa se è migrato altrove (munifico Jolly, mi sembra ricordare che tu avessi contatti con chi allora lo curava ...)
"Cosa facciamo noi dell'esercito ? Noi sforniamo efficenza"
(Da una allocuzione del vice comandante la compagnia reclute in un soleggiato primo pomeriggio di uno dei primi giorni da spina nel novembre 1978)
non saprei il perchè quella di Savoia è definita l'ultima Carica, i motivi potrebbero essere molteplici o forse solo uno!
Tornando a Savoia, con l'avvento della Repubblica il Colonnello Bettoni si congedò perchè fortemente fedele alla Monarchia e negl'anni 50 trafugò lo Stendardo di Savoia Cavalleria per consegnarlo a Sua Altezza Reale Umberto II presso Villa Italia a Cascais in Portogallo.
Mus in pas, leons in vuere (Muli in pace, leoni in guerra)
Il motivo per cui Poloj è dimenticata è che tutta quella nei Balcani è una guerra volutamente dimenticata, cancellata dalla nostra storia.
Per esempio, sembra che le Divisioni alpine nella II GM fossero solo le tre, Cuneense, Julia e Tridentina, che andarono in Russia dimenticandosi di Taurinense, Pusteria e Alpi Graie che combatterono in Jugoslavia, con i tedeschi, contro un esercito non riconosciuto una guerra che potremmo considerare asimmetrica ante litteram.
Traggo dalla presentazione sul Messaggero del 27 giugno 2009, - liberamente reperita sul sito del quotidano- del libro"L'ultima carica” di ,
Mi sembra un commento molto esauriente (anche per quanto riguarda il fatto che sia stata dimenticata).
Ci sono date che, fosse pure per semplificare processi storici più lunghi e complessi, segnano uno spartiacque tra il “prima” e il “dopo”. Una di queste, quasi sconosciuta però, è il 17 ottobre 1942: l'ultima carica della cavalleria italiana e tra le ultime nella storia (il primato spetta ai russi un anno dopo in Crimea). Quel giorno a Dolnij Poloj, in Croazia, non solo finisce un modo di fare la guerra antico di millenni, ma si chiude anche un'epoca: romantica e aristocratica, semplice e brutale, simbiosi pura tra uomo e animale.
Per molti la data simbolo è un'altra, il 24 agosto 1942: la carica del Savoia Cavalleria a Izbusenskij, in Russia. Da anni ormai, per correggere l'errore e fare ottenere il giusto riconoscimento allo stendardo del suo reggimento, i Cavalleggeri di Alessandria, si batte un reduce: l'allora sottotenente Raffaele Arcella, napoletano, avvocato e dottore in lingue e letterature slave. Amico, tra l'altro, di quell'Amedeo Guillet, protagonista di un'altra memorabile carica in Africa (Sebastian O'Kelly, “Amedeo - Vita, avventure e amori di Amedeo Guillet, un eroe italiano in Africa Orientale”, Rizzoli 2002; Vittorio Dan Segre, “La guerra privata del tenente Guillet”, Corbaccio 1993) e con cui, il 7 febbraio scorso, ha festeggiato insieme il compleanno: Raffaelle ne compiva 89, Amedeo giusto 100.
Arcella ha ora raccolto la sua testimonianza insieme a quelle di altri nel libro “L'ultima carica. Dolnij Poloj 17 ottobre 1942” (Bonanno Editore, 152 pagine, 15 euro). A differenza di Izbusenskij, dove ad attaccare i russi sono due squadroni a cavallo e tre a piedi, a Dolnij Poloj carica l'intero reggimento, cioè cinque squadroni con lo stendardo e il colonnello in testa: una scena epica, 760 uomini lanciati al galoppo all'imbrunire contro le brigate d'assalto del maresciallo Tito. In effetti l'essere un episodio della campagna contro i titini può avere contribuito a farlo dimenticare: l'occupazione italiana dei Balcani, con le atrocità commesse da ambo le parti e le opportunità politiche del dopoguerra, è stato a lungo un capitolo rimosso della nostra storia.
Ma è anche vero che già all'indomani della battaglia c'era, negli alti comandi italiani, la voglia di cancellare. Arcella ricorda il discorso del generale Mario Roatta davanti ai cavalleggeri schierati: «Al mio superiore vaglio gli ordini impartiti sono risultati illuminati. Si cancelli ogni cosa dalle vostre memorie, rimanga quello che passerà alla storia con il nome di carica di Poloj». A quelle parole, però, il comandante del reggimento, il colonnello Antonio Ajmone Cat, esplode: «Che dirò a tante madri? Che un ordine pazzo ha stroncato la vita delle proprie creature?». Roatta volta le spalle e tace. «Servì soltanto a punire se stesso - scrive Arcella, alludendo al fatto che lo sfogo gli sarebbe costato il comando - e il Reggimento privandolo di ogni riconoscimento».
Nella carica cadono 67 cavalleggeri, i feriti sono una settantina. Anche Arcella nel suo libro si chiede se quell'ordine sia stato pazzo o no, ma conclude che la «la preparazione di cavalli e cavalieri» ha trasformato «quello che doveva essere un massacro nella più grande completa eroica ultima carica della cavalleria italiana». Non solo: «l'impeto, la decisione e la rapidità dell'azione di “Alessandria” sconvolse i piani dell'avversario e fece in modo che le truppe che seguivano il reggimento non avessero perdite». Se le brigate di Tito avessero accerchiato due reggimenti della divisione “Lombardia” e l'81° battaglione Camicie nere, per gli italiani sarebbe stato un massacro ben più sanguinoso.
Lo stesso Tito riconosce il loro valore: «Abbiamo avuto l'onore di scontrarci con i Cavalleggeri di Alessandria». «Certo, a Tito non sfuggiva niente - commenta oggi Arcella - Lui ad esempio sapeva bene che noi non applicavamo le leggi vigenti, cioè il diritto di rappresaglia. Quando i partigiani trucidarono il nostro cappellano, don Giovanni Falchetti, insieme a 11 cavalleggeri che lo stavano scortando per andare a celebrare la messa presso un altro squadrone, noi non attuammo nessuna rappresaglia. E contro chi avremmo dovuto? Contro quei civili che avevano appena assistito la messa al nostro squadrone?». Anche nel mattatoio dei Balcani, insiste Arcella, i Cavalleggeri di Alessandria mantengono un comportamento esemplare: «Tutto quello di cui avevamo bisogno lo pagavamo. E nelle ore libere dal servizio, i nostri cavalleggeri, contadini del Friuli, aiutavano quella gente nei lavoro di campagna».
La bandiera del reggimento, che dopo lo scioglimento nel 1979 è conservata nel museo del Vittoriano, aspetta ancora quella medaglia d'oro che solo il presidente della Repubblica, motu proprio, potrebbe conferire. La burocrazia cieca, le tante delusioni e le omissioni sospette non hanno piegato ancora Arcella, gli altri reduci e gli amici, soprattutto di Trieste. Stanno restaurando a loro spese la chiesetta di Poloj, dove sono sepolti i caduti, e anche i diritti d'autore del libro serviranno a questo. Sarà una battaglia dura, ma chi ha sostenuto una carica di cavalleria (e poi, dopo l'armistizio, il calvario nei campi di prigionia tedeschi) ce la può fare.
«Lei mi chiede cosa si prova in una carica? - risponde Arcella a una domanda che gli sarà stata fatta mille volte - E' un'altra dimensione, che va oltre l'umano. Qualcosa di inesprimibile, grandioso, che ti ghermisce. Come sentii le prime raffiche e gli squilli di tromba, ebbi solo il tempo di pensare: “Adesso il colonnello comincia il suo discorso con Dio e con la Patria”. Poi il galoppo, un cavallo che salta in aria, le bombe a mano che gli scoppiano tra le gambe, i miei occhi che frugano nell'oscurità . E la rapidità : tra il tempo che durò e il tempo che si impiega a raccontare c'è una differenza di secoli».
Per quello che riguarda la Bandiera del Savoia, a me risulta (vedi “Bandiere e stendardi …………….1869-2007), che fu consegnata (come quella di Alessandria) a Umberto di Savoia quando era ancora Luogotenente del Regno e la Repubblica era ancora da venire.
Fu restituita al Museo delle Bandiere al Vittoriano, sempre insieme a quella di Alessandria il 19 gennaio 1984.
Non è che anche quella del "trafugamento" anni 50 sia una leggenda metropolitana?
wintergreen ha scritto:.
Per quello che riguarda la Bandiera del Savoia, a me risulta (vedi “Bandiere e stendardi …………….1869-2007), che fu consegnata (come quella di Alessandria) a Umberto di Savoia quando era ancora Luogotenente del Regno e la Repubblica era ancora da venire.
Fu restituita al Museo delle Bandiere al Vittoriano, sempre insieme a quella di Alessandria il 19 gennaio 1984.
Non è che anche quella del "trafugamento" anni 50 sia una leggenda metropolitana?
Potrebbe essere questa la verità , come potrebbe essere una storia inventata per nascondere una verità scomoda come tante verità scomode che i nostri politicanti si son ben guardati a non far trapelare al Popolo Italiano.
Un esempio, in punto di morte Sua Altezza Reale Umberto II dono al Popolo italiano la sua collezione di Monete e Medaglie e molto altro con un valore di diversi Miliardi di lire di allora. Fu un aereo dell'A.M. che in segreto prelevò il tutto, una verità troppo scomoda da far sapere.
A me piace pensare al trafugamento per mano di questo vecchio Soldato che fedele al suo Giuramento e ai suoi ideali donò lo Stendardo al suo Re.
Mus in pas, leons in vuere (Muli in pace, leoni in guerra)
Dal tuo punto di vista fai bene a crederci, non si vive di solo pane, ma per me la realtà è diversa.
Dal libro da me richiamato risulta che diverse bandiere sia di reggimenti di cavalleria (Piemonte Savoia, Genova, Saluzzo e Alessandria) che di altri reparti furono consegnate, ancor prima che diventasse re, a Umberto di Savoia, che le portò a Cascais, disponendo che fossero restituire solo dopo la sua morte.
Il tutto mi sembra molto più plausibile di un gruppo di Arsenio Lupin con i gradi.
Ultima modifica di wintergreen il ven ago 26, 2011 9:05 am, modificato 1 volta in totale.
Non ti so rispondere, ma non mi sembra che quanto si racconta sulla bandiera del Savoia e sul Colonnello Bettoni sia considerata un'accusa.
Quelli che ne scrivono e ne parlano lo fanno in positivo.
A me piacerebbe solo sapere la verità , per mera curiosità storica.
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da brivido!!!!!! pensa che la sera prima il c.do rgt. aveva pranzato con tovaglie bianche e camerieri in giacca bianca! che tempi!!!!!!!!
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e se invece di tovaglie bianche e camerieri in giacca bianca si fossero portati qualche ettolitro di liquido antigelo e qualche centinaio di calzettoni di lana?
wintergreen ha scritto:===
da brivido!!!!!! pensa che la sera prima il c.do rgt. aveva pranzato con tovaglie bianche e camerieri in giacca bianca! che tempi!!!!!!!!
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e se invece di tovaglie bianche e camerieri in giacca bianca si fossero portati qualche ettolitro di liquido antigelo e qualche centinaio di calzettoni di lana?
Winter in agosto non serviva probabilmente la mensa servì vini d'annata
La Max Trid.
EX Gran Maestro delle Fortificazioni
(riciclato NATO)
Memento Audere Semper