Dal Piccolo di oggi 18/10/10
Con tanto di foto del PCO di Monte sei Busi
LA STORIA. IL GIALLO DI DOBERDà’ DEL LAGO
Sulle gallerie del protosincrotrone resta il mistero, furono scavate prima delle fortificazioni della guerra fredda
Emerge questa ipotesi dagli ulteriori sopralluoghi effettuati a Selz Il sindaco Vizintin pensa a un incontro pubblico per far luce sulla vicenda
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di ROBERTO COVAZ
GORIZIA ”Doberdò, il mistero delle gallerie dimenticate” titolava il reportage del Piccolo di venerdì 23 luglio. Da allora molto si è dibattuto su questa vicenda ma c'è solo un elemento certo: il mistero rimane. Rimane perché la caratteristica di queste gallerie è vistosamente difforme da quella delle note fortificazioni sotterranee predisposte all'epoca della guerra fredda. Le gallerie si trovano in località Gmajna, sulla destra della provinciale che sale da Selz a Doberdò. Sono situate a una profondità di 37 metri e avrebbero uno sviluppo di parecchie centinaia di metri. Nel 1969 avrebberdo dovuto ospitare il protosincrotrone, poi costruito al Cern di Ginevra.
LINEA DI DIFESA. Una delle tesi più accreditate è che le gallerie fossero parte integrante della rete sotterranea difensiva. Parliamo degli anni in cui la minaccia dell'Est gravava sull'Occidente democratico e sul Goriziano e sul Triestino si sentiva il fiato poco rassicurante della Jugoslavia. Le gallerie difensive nella nostra zona erano sotto il controllo del 33° Btg. di fanteria d'arresto Ardenza. C'è un nel libro fotografico intitolato ”Sentinelle” che testimonia di questo reticolo. Sarà presentato prossimamente a Gorizia. Delle fortificazioni e della Soglia di Gorizia si fa riferimento anche nell'incalzante giallo di Giulio Angioni ”Gabbiani sul Carso” (Sellerio).
SENTINELLE. L'ultimo ufficiale di complemento del 33° Ardenza incaricato di presidiare una di queste postazioni è stato Fabio Gentile, attuale vicesindaco di Gorizia. Ricorda. «Nel dicembre 1990 fui destinato alla postazione di Sablici, che costituiva il caposaldo dell'Ardenza e comprendeva anche la fortificazione di Savogna e le altre del Vallone. A Sablici avevamo nove postazioni mitragliatrici, un mortaio e tre cannoni. Negli ultimi tempi disponevamo di una capacità di fuoco a pieno ritmo di appena due minuti. Il nostro compito era di rallentare il più possibile l'avanza del nemico. Eravamo come gli arditi con il teschio bianco sul fazzoletto nero».
Molti anni prima, tra il 1958 al 1960, ufficiale dell'Ardenza in servizio nelle fortificazioni era pure Ettore Romoli, sindaco di Gorizia: «Ero alla caserma Toti di Farra. Io e altri ufficiali presidiavamo tutte le postazioni lungo la Mainizza, alcune mascherate come fossero magazzini dell'Anas. In quella vicina alla trattoria alle Viole, ancora esistente, c'era un sollevatore meccanico che in caso di bisogno faceva sbucare dal terrapieno un carro armato Sherman».
LA TESTIMONIANZA. Il giornalista ed ex eureputato Demetrio Volcic è una voce autorevole che offre interessanti spunti di riflessione: «Ora si ha consapevolezza che il terreno è bucato dal Brennero fino a Fiume. La provincia di Bolzano ha utilizzato perte di queste fortezze sotterranee mettendole a disposizione per fini turistici e storici. Ci sono testimonianze che queste fortificazioni sono state scavate fino al termine della Seconda guerra mondiale e non è da escludere che possano essere state utilizzate anche da organismi Nato fino agli anni Ottanta quando è cessata la contrapposizione Est-Ovest. Ci sono gallerie anche in Slovenia, ma la Jugoslavia ha sempre tenuto segreta questa presenza. Oggi è affascinante considerare che per molti decenni le popolazioni delle zone di confine come la nostra siano vissute su un territorio al di sotto del quale ci sono migliaia di gallerie per scopi bellici. Poco o nulla sapevano le popolazioni locali di questi lavori, eseguiti nella massima segretezza. A fronte delle conoscenze che abbiamo oggi di queste fortificazioni possiamo immaginare che questo tipo di strutture potessero in qualche modo essere utili per i ponti-aereo Adriatico-Vienna in caso di minaccia sovietica».
IL SINDACO. Detto questo resta per intero il mistero sull'effettiva origine delle gallerie del protosincrotrone. Interessanti spunti di riflessioni li offre lo speleologo triestino Claudio Pristavec, che da solo è sceso negli abissi indicati dal Piccolo (vedi articolo sotto). Ma anche a Doberdò e più in generale nell'Isontino ha consistenza l'ipotesi che queste gallerie nulla hanno a che fare con le fortificazioni note e ampiamente esplorate. Dunque, come venire a capo del mistero?
Particolarmente interessato alla vicenda è il sindaco di Doberdò, Paolo Vizintin. «La vicenda del protosincrotrone era nota solo ai più anziani in paese. Stiamo cercando di approfondire la storia di queste gallerie ma non è facile. Dovrebbero essere ancora di proprietà del Demanio militare».
Per capirne di più il sindaco non esclude di organizzare in futuro un incontro pubblico a Doberdò in cui sentire le testimonianze dei più anziani e degli esperti. La fruizione di queste gallerie potrebbe rivestire aspetti assai interessanti sotto diversi punti di vista.
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