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La morte di Mussolini

ANSA.it

MUSSOLINI: SPARARONO IN 2, 'VALERIO' LO COLPI' ALLE SPALLE
di Paolo Cucchiarelli

ROMA - Spararono in due, quasi in contemporanea. Walter Audisio, alias il colonnello "Valerio", l'inviato del Pci incaricato di portare a termine l'esecuzione di Benito Mussolini, e il partigiano Michele Moretti, alias " Pietro Gatti". Alla fine spuntò un terzo uomo, che, vedendo Mussolini ancora vivo, gli sparò dandogli il colpo di grazia. Il primo colpisce Mussolini con una pistola. Due colpi alla schiena, mentre Mussolini si stava girando dopo una sorta di ordine e il secondo un attimo dopo colpisce Mussolini con quattro colpi di mitra al petto. La sentenza di morte è immediata, senza melodrammi, come aveva suggerito Luigi Longo. Ma non è vero, come sostenuto per decenni dal Pci, che a sparare su ordine del Comitato di liberazione nazionale sia stato solo Audisio.

E' questa la rilevante novità , supportata da una documentazione americana uscita nel 2004 dai National Archives di College Park, nel Maryland, del libro in uscita da Garzanti 'La Fine'. Gli ultimi giorni di Benito Mussolini sono raccontati nei documenti dei servizi segreti americani (1945-1946) che ricolloca i molti frammenti scomposti di una vicenda tra le più "guerreggiate" da storici e giornalisti.

Ci sono infatti almeno 22 versioni della morte di Mussolini: dal suicidio, alla doppia esecuzione, alla uccisione da parte di agenti inglesi che avrebbero scambiato quella morte con la documentazione del favoloso carteggio Churchill-Mussolini e lasciando in cambio al Pci l'oro in mano a Mussolini e ai suoi gerarchi. Quella di Mussolini è una storia infinita che trova ora il punto fermo della versione americana. Gli Usa seppero ma non rivelarono mai che la versione del Pci era contraffatta per ragioni politiche.

Il libro, scritto dallo studioso che per primo aveva ventilato questa ipotesi, Giorgio Cavalleri, da Franco Giannantoni, storico della Resistenza, e da Mario J.Cereghino (che ha ritrovato materialmente le carte) è una dettagliata ricostruzione che sgombra il campo da una cascata di illazioni, ipotesi e fantasiose ricostruzioni. Il volume ruota attorno al memorandum segreto di Valerian Lada-Mocarski (l'agente 441 dell'Oss, il servizio segreto militare Usa) del 30 maggio del 1945.

Il documento, senza però l'ampia ricostruzione critica del volume Garzanti che ne rende appieno l'importanza in sede critica, è stato pubblicato anche nell'ultimo numero di Nuova Storia Contemporanea ( a cura di Michaela Sapio) e proviene, in quel caso, dall'archivio di Renzo De Felice che intendeva probabilmente utilizzarlo per l'ultimo volume della biografia Einaudi su Mussolini. Il rapporto è il frutto della indagine condotta sul campo dall'Oss per chiarire come mai gli Usa non riuscirono ad "intercettare", nonostante i grandi sforzi, Mussolini per sottoporlo ad un regolare processo. A Pianello Lario fu un milite della Rsi, fermato dai partigiani, a rivelare che su una colonna tedesca ferma a Musso c'era un "big man".

Tutti capirono che si trattava di Mussolini. Lo colonna però si mosse e non venne subito intercettata perché la staffetta inviata non arrivò a destinazione. L'esecuzione a Giulino di Mezzegra, davanti al cancello di Villa Belmonte, è ricostruita in dettaglio sulla base delle dirette conferme avute dall'agente Usa da qualcuno che, probabilmente, vi partecipò o assistette. C'era un panorama splendido. Mussolini e la Petacci vengono fatti scendere dall'auto. "E' probabile che ora capissero cosa stava per succedere. Terrorizzati e confusi, ascoltarono la sentenza di morte del civile (Audisio) giunto da Milano. A Mussolini fu quindi ordinato di spostarsi di qualche passo verso il muro, a nord del cancello.

Quasi contemporaneamente partirono gli spari dal revolver del civile (Audisio) e dal mitra del partigiano (Moretti)". I colpi di Audisio "sembravano essere stati esplosi una frazione di secondo prima di quelli sparati dal mitra del partigiano. Le pallottole (del revolver) raggiunsero obliquamente il Duce, sulla schiena", mentre i tre proiettili sparati dal mitra lo colpirono direttamente al petto. Audisio era sulla strada in posizione sovrastante rispetto a Mussolini, l'altro era in posizione sottostante. Mussolini cadde di lato, contro il muro.

Fu poi il turno della Petacci. Sollevò il braccio in un gesto disperato, fu raggiunta da diversi colpi al petto e cadde accanto al suo amante. I loro corpi si sfiorarono. Mussolini non era ancora morto: un occhio era aperto e guardava in alto. In quel preciso momento, dal lato più basso della strada, arrivò un ufficiale dell'unità  partigiana locale (il "capitano Neri").

Voleva capire cosa fossero quei colpi di arma da fuoco. Il capo partigiano ("Lampredi") che si trovava tra i fucilatori lo riconobbe e fece il gesto di avvicinarsi. Osservando che Mussolini era ancora vivo, il nuovo arrivato lo finì con due colpi del suo revolver". Prima dell'esecuzione la Petacci chiese a Mussolini: "Sei contento che ti abbia seguito fino a questo amaro epiologo?. Secondo il partigiano, era una domanda che poteva essere ispirata sia dall'amore, sia dal risentimento". Alla esecuzione erano presenti Audisio, Lampredi, Moretti, Canali e Frangi.
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Re: La morte di Mussolini

Un altro tassello si aggiunge alle molte storie raccontate. grazie per le info.
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Federico
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Re: La morte di Mussolini

Panorama splendido? Da davanti al cancello di villa Belmonte di Giulino di Mezzegra non c'è nessun panorama splendido.

E poi ci sarebbe il particolare che l'arma che Valerio disse di aver usato, lui, invece che farne gloriosa memoria per il PCI, la donò ai comunisti albanesi: un modo più che certo, allora, di non far fare esami di nessun tipo all'arma.

Nel tritacarne finì pure il Neri: sapeva troppo e non era uomo da tacere. Così la sua compagna Gianna. In più fu lui a stilare le liste dei beni sequestrati alla colonna a Dongo, e per lui quei valori dovevano essere versati all'erario. Qualche giorno dopo quei fatti, venuto a sapere che tutto quel ben di Dio era scomparso, andò a Como dal segretario del PCI (il parmense Dante Gorreri, un tipo molto losco) a chiedere conto. Fu ucciso poco dopo quella visita. Gianna, che per un paio di mesi cercò di capire la verità  su Neri, mentre un giorno se ne tornava a Como da Dongo in bici, fu affiancata da una macchina, caricata a forza e fatta sparire (uccisa e probabilmente gettata nel Lago).

Ciao

Ps: sbaglio o il cognome Gorreri venne di nuovo alla luce per la faccenda Parmalat? Parentele magari?
Art. Federico
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