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axtolf
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37 anni della tragedia della Meloria

Livorno, 6 nov. - Il 'Queen colours', lo stendardo storico della Royal air force (Raf), l'aeronautica britannica, sara' consegnato domenica prossima al 187° reggimento Folgore in occasione della commemorazione dei caduti nella tragedia della Meloria. La consegna, che avverra' alla caserma Vannucci, si legge in una nota, andra' a consolidare il "gia' forte legame che unisce i due reparti" attraverso la consegna dello stendardo che lo squadrone di volo riceve ogni 25 anni direttamente dalla Regina di Inghilterra. Il 9 novembre 1971, proprio nello specchio di mare davanti alla citta', un C-130 della Raf, partito dall'aeroporto di Pisa San Giusto per un' esercitazione, si inabisso' nelle acque della Meloria uccidendo sei aviatori britannici e 46 paracadutisti della Folgore. Alla cerimonia di commemorazione, saranno presenti anche il prefetto e il sindaco di Livorno e l'addetto militare all'ambasciata britannica.

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Il 9 novembre di trentasette anni fa, al largo delle secche della Meloria, antistanti la costa di Livorno, ove si erge un'antica torre atta a segnalare ai naviganti la pericolosità  di quel tratto di mare, quarantasei dei nostri stupendi ragazzi, in forza al II Battaglione Paracadutisti Tarquinia, VI Compagnia Grifi "Impavidi e Bestiali" e 6 militari di equipaggio inglesi furono ingoiati dal mare con il C-130 Hercules della Royal Air Force, sul quale erano imbarcati per una esercitazione; la loro destinazione era Villacidro in Sardegna, ove si sarebbe dovuto svolgere un lancio tattico di massa che avrebbe visto complessivamente impegnati ben quattrocentosei paracadutisti italiani, con paracadute inglesi ed imbarcati su dieci aeromobili.
Un'esercitazione da sogno, in una zona lancio mai vista prima, con sorvolo di mari e monti, un'occasione da non perdere: occorreva darsi da fare per andare, per trovare un posticino anche all'ultimo minuto, con immaginabile mugugno degli esclusi e felicità  dei prescelti.
Come tutti i prescelti, anche i quarantasei uomini della VI Grifi, destinati all'imbarco sull'aeromobile denominato per l'occasione: “GESSO 4”, furono felici tanto da passare la breve notte insonne, nella frenetica attesa di assaporare il domani; e così, recandosi in aeroporto a buio pesto, a bordo degli autocarri incolonnati ed a fari accesi, fumarono, cantarono e scherzarono come tutti gli altri.
Ma, dopo circa dieci minuti dal decollo avvenuto alle ore 5,40 dall'aeroporto di Pisa, la torre di controllo registrò il silenzio radio di “GESSO 4”.
Nessuno di loro, imbarcandosi su quell'aeromobile, avrà  immaginato l'appuntamento con la morte; nessuno di loro avrà  fatto in tempo a realizzare quanto stava avvenendo.
Probabilmente non era stato ancora colmato il silenzio che solitamente accompagna il decollo, quando l'aereo, a volo radente, improvvisamente spezzando le proprie ali contro un'onda ed affondando subito dopo col suo carico umano, diveniva una bara comune.
Ancor oggi tutti ricordano le disperate ricerche, nonostante il maltempo e le avverse condizioni del mare che sembrava finanche negare i resti mortali alla pietà  dei congiunti e dei commilitoni.
Ore ed ore di infinita angoscia: tutti ricordano anche i sommozzatori che, a seguito di innumerevoli vani tentativi, riemergevano riferendo di non trovare nulla, atteso che neppure la luce delle torce elettriche consentiva loro di vedere nell'acqua estremamente torbida e limacciosa.
Tutti ricordano anche il Serg. Magg. Giannino Caria, sommozzatore dell'allora IX Battaglione Sabotatori Paracadutisti che, sceso a cercare i suoi ragazzi, rimanendo troppo a lungo sul fondo, riuscì col proprio disumano sforzo a raggiungerli davvero, rimanendo colpito da un mortale malore.
Una enorme tragedia, vissuta per molti giorni in tutta la nostra Nazione, che i paracadutisti non hanno dimenticato e non potranno mai dimenticare.
Sono tutti andati via in silenzio, senza singhiozzare o disperarsi, diritti e spalla a spalla, pallidi ma senza tremito, a testa alta, con passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra dimenticato.

Nell'adempimento del loro dovere di volontari, hanno tutti dimostrato e dimostrano che il paracadutista italiano, anche in tempo di pace, è sempre pronto al sacrificio supremo nel nome della Patria; degni eredi della stirpe degli Eroi di El Alamein, ora sono in quell'angolo di cielo con loro.
Fra quelle giovani vite, piene di ardimento e ricche di speranze per un'esistenza ancora da tentare, ma tutte da “monna morte” inesorabilmente arrestate nelle gelide acque della Meloria, vi era anche quella del paracadutista reggino Cap.le Giuseppe IANNI', alla cui memoria è altresì intitolata la nostra Sezione.
Circa quattro anni dopo, la sorella del Cap.le Iannì - Caterina, ancora in lutto (ricordiamo Caterina che rigorosamente vestiva abiti neri) - avendo nel frattempo compiuto diciotto anni, munita di regolare atto di assenso del genitore esercente la patria potestà  (all'epoca la maggiore età  era stabilita in anni ventuno e vigeva ancora la patria potestà ), si iscriveva alla nostra Associazione, fermamente volendo “assaporare” - con ampio consenso e sostegno di tutti i suoi familiari - le stesse emozioni già  vissute, nella grande famiglia dei paracadutisti, dal compianto caro congiunto, così giungendo ad effettuare, il 22 febbraio 1976, con viva commozione di tutti e, segnatamente, di quanti appartenenti alla nostra Sezione l'accompagnarono al battesimo dell'aria, il suo primo lancio da aeromobile C-119 su Cecina, con decollo da Pisa.

(Cosimo Sframeli)
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Da Paginedidifesa.it

Meloria, quel silenzio tragico di Gesso 4, Valerio Volpini

Livorno. E' notte. L'alba è vicina ma non ha ancora la forza per illuminare la costa. Il cielo è attraversato dal rombo di una formazione di aerei da trasporto C-130 dell'Aeronautica militare britannica. A bordo i paracadutisti appena ventenni della brigata Folgore, diretti in Sardegna per l'esercitazione denominata Cold Stream (corrente fredda). Sarà  proprio la corrente fredda della tragedia a spazzar via la vita di cinquantadue di loro. Un bagliore, un fragore e la torre della meloria diventa testimone della tragedia.
Era il 9 novembre 1971 quando lo specchio di mare distante solo poche miglia dalla costa, si rese protagonista di una delle peggiori tragedie che gettò Livorno e la brigata nel completo lutto. I dieci aerei militari, partiti dalla base militare di Pisa S. Giusto e diretti in Sardegna per raggiungere la zona di lancio di Villa Cidro, erano contraddistinti ognuno da un numero di gesso posto sulla fiancata del velivolo. Uno di questi, non arrivò mai all'appuntamento. Era il Gesso 4. Essendo un lancio tattico, la quota di volo doveva essere bassa per non essere intercettati dal radar. Le secche della Meloria lo inghiottirono e con sé la vita di sei aviatori britannici e 46 paracadutisti in servizio di leva effettivi alla 6^ compagnia Grifi.

Oggi a distanza di trentatré anni c'è chi non dimentica e non vuole dimenticare quei funesti momenti. I preparativi degli equipaggi, le pacche sulle spalle che i ragazzi si davano in vista di un lancio che non effettueranno mai. Le testimonianze di chi all'epoca era presente e in prima persona ha vissuto la strazio del recupero dei corpi che il mare impietosamente restituiva, insieme con l'angosciosa attesa dei familiari.

E' questo il senso del libro che "Meloria - Il Gesso 4 non risponde" vuole esprimere nelle sue pagine. Un libro fortemente voluto dagli autori, il generale Antonio Milani, poi comandante della brigata Folgore e il generale Dario Orrù, già  comandante del 185° artiglieria paracadutisti e stampato dalla sala stampa della brigata.. Ricordi e approfondimenti sulle cause dell'incidente sono capitoli ben trattati nel libro, così come suggestive sono le mappe e i documenti dell'epoca, in aggiunta alle varie testimonianze, fra le quali quella dell'allora comandante della brigata Ferruccio Brandi.

Insomma una precisa rivisitazione di quella che è stata la più grande sciagura che abbia colpito per numero di vittime il paracadutismo militare nazionale. "Con quest'opera - ha spiegato Paolo Frediani, delegato del Comitato onoranze caduti alla Meloria - l'intezione è stata quella di effettuare un'accurata ricostruzione dei fatti, che mettesse in luce come persero la vita quei giovani ragazzi e lasciare a futura memoria una testimonianza per le generazioni successive". E fu proprio durante quegli istanti che alla tragedia si aggiunse un'altra tragedia. Il sergente maggiore Giannino Caria, sommozzatore del reparto speciale della brigata, perse la vita durante un'immersione nei fondali.

Nel testo un ampio capitolo ricorda la sua opera volontaria che lo portò alla morte e al successivo conferimento della medaglia d'oro al valor civile. "Allo scopo di trasmettere alle future generazioni gli ideali e i valori del sacrificio compiuto - ha proseguito Frediani - riteniamo doveroso tenere sempre acceso il loro ricordo. Bene ha fatto il ministero della Difesa a conferire la promozione a titolo onorifico a tutti i caduti. Occorre lasciare una traccia dettagliata e storica dell'avvenimento, coinvolgendo tutti coloro che in quei momenti vissero da molto vicino il succedersi delle situazioni, in primis la brigata e la città  di Livorno con il suo calore".
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Aquila
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Re: 37 anni della tragedia della Meloria

FOLGORE!!!!!! :twisted: :twisted: :twisted:
e si moriva..
hai trovato un parà  caro ax, duro a morire!
se il destino è contro di noi... peggio per lui!!!
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Luigi
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Re: 37 anni della tragedia della Meloria

"Ora se ne vanno, guardateli se ci riuscite. Non piangono, non maledicono, non si disperano. Spalla a spalla si allontanano, pallidi si, ma senza un tremito! Con quel passo lieve e fermissimo che un tempo si diceva appartenesse ai Guerrieri e agli Eroi."
(D. Buzzati)

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