Roma, 11 nov. - Oggi ricorre l'anniversario della strage di Kindu accaduta nel 1961 durante una missione di pace dell'Aeronautica Militare Italiana, per conto dell'Onu, in Congo. Per ricordare il tragico evento il cappellano militare dell'Aeroporto militare di Pisa, Don Tiziano Sterli, officera' una messa in ricordo dei 13 caduti presso il Sacrario dedicato ai Caduti di Kindu di Pisa, presente una rappresentanza della 46esima Brigata Aerea di Pisa. La mattina dell'11 novembre 1961 decollavano da Kamina due C-119 destinati a rifornire la locale guarnigione di caschi blu malesi alla volta di Kindu, aeroporto situato nella regione del Kivu al confine con il turbolento Katanga (Congo). Atterrati a Kindu dopo le 13,00 e scaricato il materiale, tra cui due piccoli mezzi blindati Ferret dell'Onu, i due equipaggi si recavano presso la mensa Onu situata a circa un chilometro dall'aeroporto. Purtroppo verso le 16,30, mentre stavano ancora pranzando, facevano irruzione nella mensa una ottantina di ribelli dell'Armata Nazionale Congolese seguaci del colonnello Pakassa che, dopo aver immobilizzato il personale di guardia malese, lo stesso ufficiale che li aveva accompagnati, li assaliva e li malmenava trascinandoli nella prigione della citta'. Testimoni riferirono che gia' in quel frangente uno degli aviatori fosse stato abbattuto per la sua reazione. Rinchiusi in uno stanzone del carcere, poche ore dopo venivano trucidati selvaggiamente a raffiche di mitra. Alle ore 13,00 del giorno 16 febbraio 1961 il giornale radio dava il drammatico annuncio: ''i tredici aviatori italiani impegnati in una missione di pace in Congo erano stati uccisi''. La notizia faceva subito il giro del mondo, suscitando ovunque grande emozione e sentimenti di pieta' per l'ingiusta sorte toccata a questi uomini.
(da wikipedia)
I due equipaggi italiani operano da un anno e mezzo nel Congo ed il 23 novembre del 1961 dovranno rientare in Italia. La mattina di sabato 11 novembre 1961 i due aerei decollano dalla capitale Leopoldville per portare rifornimento alla piccola guarnigione malese dell' ONU che controlla l'aeroporto poco lontano da Kindu, ai margini della foresta equatoriale.
È una regione dove i bianchi non stanno volentieri e che da mesi è sconvolta dal passaggio delle truppe di Gizenga provenienti da Stanleyville e diretti nel Katanga. Nessuno è in grado di controllare questi soldati: si ubriacano; sono ossesionati dal terrore dei parà di Ciombè; privi di disciplina, compiono misfatti, ruberie, soprusi; terrorizzano non solo gli europei di Kindu, ma la stessa popolazione indigena. Gli aerei italiani però non si devono fermare, rientreranno alla base nella stessa giornata, solo il tempo di scaricare e, per gli equipaggi, di mangiare qualcosa. I due C-119 compaiono nel cielo di Kindu poco dopo le 2 del pomeriggio, fanno alcuni giri sopra l'abitato, poi atterrano. Da vari giorni in città c'è un'agitazione maggiore del solito. Fra i duemila soldati congolesi di Kindu si è sparsa la voce che è imminente un lancio di paracadutisti mercenari di Ciombe; da tempo le truppe di Gizenga che operano nel nord del Katanga, 500 chilometri più a sud, sono bombardati dagli aerei katanghesi.
Quando, il sabato, vedono volteggiare in cielo i due aerei, la paura dei congolesi aumenta; il sospetto diventa certezza: sono i parà . Il terrore e il furore s'impossessano dei soldati, che saltono sui camion e vanno all'aeroporto e poi alla mensa dell' ONU, una villetta distante un chilometro, dove il maggiore Parmeggiani e gli altri italiani si sono recati in compagnia del maggiore Maud, comandante del presidio malese. All'arrivo dei congolesi, sempre più numerosi e minacciosi, gli italiani che sono disarmati, cercano di barricarsi all'interno dell'edificio ma vengono catturati. I pochi malesi di guardia vengono disarmati e malmenati. Il primo a morire è il tenente medico Remotti che tenta di fuggire. I dodici italiani superstiti vengono assaliti; poi pesti e sanguinanti, con il cadavere di Remotti, vengono caricati su due camion, portati in città , e scaricati dove termina la via principale, L'Avenue Lumumba Liberateur, davanti alla prigione, una costruzione bassa di mattoni rossi circondata da una muraglia.
Alle prime luci della sera i militari italiani vengono finiti con due raffiche di mitra. Poi una folla inferocita si scaglia sui corpi martoriati e ne fa scempio a colpi di machete.
Questi furono falsamente accusati di fornire le armi ai secessionisti.[2]. I miliziani diffusero la notizia che seconda la quale gli italiani fossero in volo verso il Katanga e fossero stati ingannati e convinti ad atterrare a Kindu dai responsabili della torre di controllo; l'inviato speciale Alberto Ronchey per la Stampa pochi giorni dopo constatò lo stato di non funzionamento della torre di controllo a partire da vari mesi precedenti l'uccisione. [3]. Soltanto nel febbario del 1962, quel che rimane di questi italiani, martiri di una missione di pace, verranno scoperti in due fosse lunghe e strette, nel cimitero di Tokolote, un piccolo villaggio sulle rive del Lualaba, sfiorato dalla foresta.[4]
Un altro italiano venne ucciso alcuni giorni prima, sempre in Congo, durante un'imboscata da parte di alcune truppe rivoluzionare. Si tratta del volontario Raffaele Soru, anch'egli decorato con la Medaglia d'Oro al Valore Militare.
I componenti dei due equipaggi vittime dell'eccidio erano, per il velivolo da trasporto C-119 India 6002 (Lyra 5) il magiore Pilota Amedeo Parmeggiani, il sottotente pilota Onorio De Luca, il tenente medico Francesco Paolo Remotti, il maresciallo motorista Nazzareno Quadrumani, il sergente marconista Francesco Paga, il sergente Emb Martano Marcacci e il sergente maggiore Silvestro Possenti. Per l'India 6049 (Lupo33) il capitano pilota Giorgio Gonelli, con il sottotente pilota Giulio Garbati, il maresciallo motorista Filippo Di Giovanni, il sergente marconista Antonio Mamone, il sergente maggiore Emb Armando Fabi ed il sergente maggiore Nicola Stigliani. Nel 2006 l'Aeronautica Militare era stata nuovamente chiamata ad operare, per conto dell'Unione Europea e dell'Un, in Congo in supporto alle prime elezioni libere del Paese (Eufor Rd Congo). Un aereo da trasporto C-130J, 50 uomini tra equipaggi di volo, fucilieri dell'aria e specialisti hanno garantito per sei mesi il regolare svolgimento delle prime elezioni democratiche del Congo fino all'elezione del nuovo Presidente. Effettuate 210 missioni di volo, raggiungente le 420,5 ore di volo e trasportando rispettivamente 2479 passeggeri ed oltre 800.000 chilogrammi di materiali tra i quali ricordiamo quelli per l'installazione di seggi e le relative schede elettorali.