Da Pagine di Difesa, articolo di Franco Apicella.
E' stato di recente pubblicato, come supplemento al numero 2 del periodico dell'Esercito italiano Rivista Militare, il Rapporto Esercito 2007, “giunto quest'anno alla sesta edizione” come ricorda nella sua presentazione il capo di stato maggiore dell'Esercito, generale Fabrizio Castagnetti. La pubblicazione ha il testo bilingue italiano e inglese ed è riccamente corredata di grafici, schede esplicative e foto. Interessante per il pubblico che vuole conoscere in generale attività e problemi della forza armata, la pubblicazione è in grado tuttavia di soddisfare anche chi voglia approfondire aspetti tecnici.
Il generale Castagnetti, al vertice della forza armata dal 14 settembre 2007, ha un background professionale in cui spiccano importanti esperienze all'estero: Germania, Medio Oriente e Usa; per ultima c'è stata anche una esperienza mancata. Nell'estate del 2006, al termine del conflitto tra Israele ed Hezbollah, Castagnetti rilasciò una dichiarazione critica nei confronti dell'Onu e della sua capacità di gestire operazioni militari. Il parere fu implicitamente condiviso dal ministro della Difesa che propose all'Onu l'istituzione di una cellula strategica per la direzione della missione Unifil rinforzata di cui l'Italia si era fatta promotrice.
Quando l'Italia candidò Castagnetti alla guida della cellula strategica, l'allora segretario generale dell'Onu, evidentemente risentito delle precedenti dichiarazioni del generale, pose il suo veto e fu scelto un altro candidato italiano. Castagnetti rimase nell'incarico che allora ricopriva di responsabile del comando interforze preposto a gestire le operazioni italiane all'estero. A distanza di un anno però le autorità politiche lo nominarono capo di stato maggiore dell'esercito, dimostrando che la fiducia in lui riposta non era venuta meno. La schiettezza del generale aveva pagato.
La stessa schiettezza si legge nella presentazione del Rapporto 2007, in cui Castagnetti afferma fino dalle prime righe che l'esercito è una forza armata “uomo-centrica”, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di aspettative umane e sociali. Dopo avere accennato ad attività e prospettive, il capo di stato maggiore sottolinea senza reticenze “l'estrema criticità del quadro finanziario di riferimento, specie in merito al settore di spesa esercizio”, che comprende formazione e addestramento, manutenzione e supporto, infrastrutture, funzionamento dei comandi e provvidenze.
La preoccupazione maggiore che Castagnetti esprime nella sua presentazione riguarda il settore infrastrutture, in particolare quelle abitative, carenti rispetto alle esigenze e alle aspettative di un esercito ormai completamente professionalizzato. C'è però anche la preoccupazione che, penalizzando il settore esercizio rispetto all'investimento, si possa arrivare a “disporre di sistemi d'arma all'avanguardia, in carenza però di adeguate risorse per il loro mantenimento, ovvero per l'addestramento del personale preposto al loro funzionamento”.
I grafici all'interno del Rapporto rendono un'idea più dettagliata dei problemi. Dal 2004 al 2006 nell'ambito dell'esercito le spese per il personale - terzo settore oltre a quello dell'esercizio e dell'investimento - sono passate dal 63,50 per cento al 81,93 per cento, a scapito di investimento ed esercizio. Nel 2007 si registra una contenuta inversione di tendenza, con le spese per il personale al 77,05 per cento e quelle per l'investimento più che raddoppiate rispetto all'anno precedente: da 6,57 per cento a 13,75 per cento. A conferma delle preoccupazioni espresse da Castagnetti, resta in sofferenza l'esercizio che da 11,50 per cento nel 2006 scende nel 2007 al 9,20.
Il bilancio complessivo della Difesa è andato in flessione dal 2004 al 2006, mentre ha registrato un leggero incremento nel 2007 con il superamento della soglia dei 14 miliardi di euro. E' però ancora lontano l'obiettivo di dedicare solo il 50 per cento al settore del personale riservando il rimanente 50 per cento all'esercizio e all'investimento. Nel 2007 il personale assorbe il 61,04 per cento del bilancio della Difesa, ma la percentuale sale al 77,05 se si considera la quota di bilancio riservata all'esercito. Il dato peraltro è fisiologico visto che l'esercito è la forza armata più “manpower intensive” rispetto alle altre. Né si può pensare a ulteriori tagli di personale a meno di ridurre le capacità delle unità terrestri, principale strumento con cui si concretano le ambizioni della politica di difesa e sicurezza nazionale.
Un dettaglio tuttavia induce a pensare che l'esercito possa ottimizzare qualcosa al suo interno nel settore esercizio. Uno degli istogrammi presentati nel Rapporto illustra la ripartizione delle spese tra le diverse voci dell'esercizio; il volume di formazione e addestramento è di gran lunga inferiore a quello del funzionamento dei comandi. Il patrimonio umano, che Castagnetti pone al centro della forza armata, è fatto da professionisti che vanno formati e addestrati in maniera continuativa; la capacità operativa, la sicurezza e l'interoperabilità nei contesti multinazionali fanno parte di questo patrimonio. Gli stessi comandi si trasformano in voci di spesa inutili e in elementi di turbativa se il personale non è preparato a operare nelle funzioni cui è preposto.
A proposito di comandi, formazione e addestramento, ambizioni della politica di Difesa e sicurezza, la sezione del Rapporto in cui sono illustrati gli impegni internazionali dell'Esercito offre qualche spunto di riflessione. L'esercito italiano oggi è impegnato con un totale di circa 6.500 uomini in cinque operazioni maggiori: con l'Onu, Unifil in Libano; con la Nato, Isaf in Afghanistan, Kfor in Kosovo e Nmt (Nato training mission) in Iraq; con l'Ue, Altea in Bosnia. A questi impegni si sommano i contributi a comandi multinazionali all'estero al momento non impegnati in operazioni: Nato response force (Nrf), European battle group (Eu Bg), Multinational land force (Mlf), South-eastern europe brigade (Seebrig), Stand by high readiness brigade (Shirbrig), European rapid operational force (Eufor).
Tutto questo fa pensare ad ambizioni a tutto campo che richiederebbero risorse ben più consistenti di quell'uno per cento del Pil che ormai da anni il bilancio della Difesa stenta a raggiungere. Ci sono poi i risvolti sulla preparazione del personale e sulle qualità professionali di quanti devono confrontarsi - sia in operazioni sia in attività di pianificazione - con realtà tanto diverse; dunque formazione e addestramento cui dedicare ulteriori risorse che, stando ai dati attuali, sembrano del tutto insufficienti.
Le ambizioni dell'esercito - meglio sarebbe dire delle forze armate italiane - appaiono evidenti anche quando si passa alla sezione del Rapporto dedicata al “processo di trasformazione e digitalizzazione dell'esercito” da perseguire in un'ottica joint e combined. Con l'avvio del programma denominato “Forza Nec”, dove Nec sta per Network enabled capability, entro il 2025 si dovrebbe disporre della “Forza integrata terrestri” (Fit) (integrated land force), “strumento con elevatissima capacità di proiezione … in grado di operare secondo i più moderni principi di un approccio alle operazioni basato sugli effetti da conseguire”.
L'ultima sezione del Rapporto è dedicata alla tutela della risorsa umana dove sono esposti nel dettaglio i programmi a favore del personale che traducono in pratica il concetto di forza armata “uomo-centrica” espresso dal generale Castagnetti nella sua presentazione: provvedimenti per gli alloggi e per la sicurezza del personale impegnato in operazioni. Dopo le conclusioni, alla fine del Rapporto sono indicate le priorità del capo di stato maggiore dell'esercito: un elenco che occupa una pagina e mezza.
L'esercito con questo documento coniuga la schiettezza nell'evidenziare le carenze con l'ambizione nel tracciare le linee di sviluppo di una forza armata moderna. Ora spetta agli uomini politici prendere una decisione. Nel marzo 2007 durante un convegno di studi strategici l'ammiraglio Giampaolo Di Paola (allora capo di stato maggiore della Difesa, oggi chairman del Nato militare committee) pose provocatoriamente questa domanda a proposito delle forze armate italiane: ”Dobbiamo essere coerenti con loro (Paesi europei quali Germania e Olanda, ndr), o neanche con loro? Vogliamo essere coerenti con un paese del terzo mondo? Se avremo un'indicazione in tal senso, faremo in questo modo. Dalla politica ci deve in ogni caso venire l'indicazione: questo è il punto di fondo”. La risposta non è ancora arrivata.