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Aquila
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triste

che tristezza!!! purtroppo adesso esistono solo gli alpini siciliani.... che gran tristezza!!
Naja! di nuovo!!! :D :D
così è per la caserma Trieste di Casarsa dove metà  Italia è passata
se il destino è contro di noi... peggio per lui!!!
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Lele
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Re: triste

Aquila ha scritto:che tristezza!!! purtroppo adesso esistono solo gli alpini siciliani.... che gran tristezza!!
Naja! di nuovo!!! :D :D
così è per la caserma Trieste di Casarsa dove metà  Italia è passata

purtroppo non ci possiamo far nuenete se non sperare che il loro attaccamento al Corpo sia equivalente al nostro....dubito pero' chissa....
Alp. Malaguti Daniele
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Re: triste

E perchè no?
Non dimetichiamoci delle mitiche "batterie siciliane"
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cavalli
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Re: triste

Winter mica erano alpini :D
per il resto le truppe alpine come noi le conosciamo non ci sono più! oggi ci sono solo soldati con la penna :(
La Max Trid.
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wintergreen
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Re: triste

Da Alpini ieri, oggi.... sempre (*)di Enrico Ghizzardi
*****
L'artiglieria da montagna, nel dicembre 1895, invia in Eritrea, dopo la sconfitta dell'Amba Alagi, la 8a batteria siciliana del 22° reggimento da campagna (la batteria formata da 8 pezzi fu, durante il viaggio, scissa in due batterie) che, giunta in campo operativo, a Massaua prese la denominazione di 3° e 4° batteria da montagna d'Africa (capitani Edoardo Bianchini e Umberto Masotto). Nel volgere di un paio di mesi giunsero nella Colonia altre batterie da montagna, che, arrivate a Massaua. cambiarono numerazione: 5° batteria (capitano Giuseppe Mottino); 6° batteria (capitano Giuseppe Regazzi); 7° batteria (capitano Vittorio Gisla); 8° batteria (capitano Vincenzo Loffredo), oltre alle batterie 1° e 2° indigeni (ricostituite dopo l'Amba Alagi e Macallè, capitani Clemente Henry e Alfonso Fabbri) già  in Eritrea.
Furono inquadrate in due comandi di brigata di artiglieria di montagna: la I brigata era composta dalle la e 2° batterie indigeni e dalle 3a e 4a batterie siciliane; la II brigata era costituita dalle batterie 5° 6° 7° e 8°
*****
Se non è zuppa è pan bagnato!
(*) Titolo che è prorpio a fagiolo con al discussione!
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Federico
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Re: triste

Aggiungerei che il Cap. Clemente Henry, comandante della 1a Btr Indigeni (altro che Siciliani!) dà  il nome alla Caserma in cui aveva sede la 7a Btr del Pinerolo, a Susa (8a, BCS e Comando Gruppo alla Cascino, un po' più avanti lungo la stessa strada). La 7a, l'ultima Btr someggiata della Taurinense, non c'è più, come del resto il Pinerolo, ma la Henry, con questo nome, è ancora li...

Ciao
Art. Federico
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cavalli
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Re: triste

tanto per scassare la m.....chia (espressione sicula :--"" ) da montagna non vuol dire alpina, avevamo anche le divisione di fanteria da montagna eppure non portavano la penna! :D
ciao
La Max Trid.
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Re: triste

cavalli ha scritto:tanto per scassare la m.....chia (espressione sicula :--"" ) da montagna non vuol dire alpina, avevamo anche le divisione di fanteria da montagna eppure non portavano la penna! :D
ciao
:--""

Vecio, sei terribile :mrgreen:

Però, però: gli Artiglieri dei Gruppi Someggiati delle Divisioni di Fanteria da Montagna, portavano il Cappello Alpino (nappina rossa con "bollo" nero e fregio dell'Art. Campale).

L'Artiglieria Pennuta doc (quella delle Divisioni/Brigate Alpine) non si è sempre chiamata Artiglieria Alpina, anzi: se non erro si è chiamata così solo per un breve periodo, a partire dal 1934 (?) (in rapporto algli anni di esistenza della specialità , pur sotto denominazioni diverse).

Di certo io non ho fatto la Naja nell'Artiglieria Alpina: il Pinerolo, ufficialmente, si chiamava Gruppo di Artiglieria da Montagna (Gr.A.Mon.) (ma provate a dirmi che non sono Alpino, e vi schiaffo dentro tutti quanti :mrgreen: )

Ciao
Art. Federico
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wintergreen
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Re: triste

Tratto da"
L'ALPINO
- Adunata: I montagnini delle batterie siciliane eroi senza pari della battaglia di Adua
Giovedì, 11 Aprile 2002 - 07:04 (1430 Letture)
Una pagina di storia rievoca l'eroismo degli isolani nella guerra d'Etiopia.
Ce l'aveva già  Garibaldi l'artiglieria da montagna, non sui Nebrodi e le Madonie di Sicilia, ma qualche anno dopo in Trentino, quando fu messo a capo del Corpo Volontari, durante la terza guerra d'indipendenza, conclusa poi col telegrafico "Obbedisco". Erano 6 bocche da fuoco da 75, a canna rigata, ad avancarica, peso 92 chili, con le quali i serventi si esibivano già  a fare il presentat'arm.(*) La chiamavano "artiglieria leggera", un eufemismo se mancavano i muli e si doveva someggiare a spalla.
Poi nel 1885 ci fu la spedizione in Eritrea, che è sul mare, ma il retroterra è montuoso e, oltre agli alpini, ci mandarono i montagnini. Il vero connubio fra i due sarà  celebrato una decina d'anni dopo ad Adua e costerà  tanto sangue. Non avevano ancora la penna gli artiglieri (aspetteranno fino al 1910), la nappina era gialla e stava sulla destra del casco coloniale. Se ci pioveva sopra per un po' di tempo capitava come agli stivaletti, accusati di essere opera "non di scarpari, ma di librari" che, quand'era possibile, lasciavano il posto alle artigianali "cioce" di pelle di bue: ai mandriani dell'altopiano la trovata non andava però molto a fagiolo.
E non ci si poteva nemmeno confortare con un bicchiere di vino, malamente sostituito, e non troppo spesso, con rum o marsala. Scarseggiavano anche caffè e zucchero. Ai trasporti ci pensava lo zaino, detto "armadio": quello del soldato italiano era il più pesante fra tutti gli eserciti europei: gli indigeni, che giocavano in casa, rimanevano doverosamente impressionati, ma per i nostri non costituiva né vanto né privilegio.
Anche i bravi ascari ebbero la loro batteria da montagna: furono perfino studiati calibri inferiori, alla portata dei muletti abissini.
Il pezzo, calibro 75, a retrocarica, pesava 250 kg e sparava 8 colpi al minuto: a granata, con gittata massima 3 km, a shrapnel e a mitraglia.
Era servito da 6 muli: tre per il someggio e tre portamunizioni; l'affusto, rigido, rinculava da 6 a 8 metri. Le batterie indigene erano su 4 pezzi, le nazionali o, bianche, su 6. La maggior parte proveniva dal 22° rgt. artiglieria di Palermo, e il personale era costituito da montanari isolani: furono perciò battezzate "Batterie Siciliane", e con questo nome passeranno alla storia.
*****
(*) Classico passatempo degli artiglieri alpini (Nota mia)
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cavalli
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Re: triste

l'atiglieria nostra sorella senza la penna buffa anche quella....... :--""
non vi ricordate dei bersalpini? un cp. c/c dei bersaglieri che detto fatto fu trasformata in cp. c/c alpina, per mandarla in russia?
cari miei lo SME è veramente diabolico! :-P
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Re: triste

Bravo Federico... che ci provino a dirci che non siamo alpini... (:re:)
...Ma gli alpini non hanno paura

Art. Marco Zanetti
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Re: triste

wintergreen ha scritto:Tratto da"
L'ALPINO
- Adunata: I montagnini delle batterie siciliane eroi senza pari della battaglia di Adua
Giovedì, 11 Aprile 2002 - 07:04 (1430 Letture)
Una pagina di storia rievoca l'eroismo degli isolani nella guerra d'Etiopia.
Ce l'aveva già  Garibaldi l'artiglieria da montagna, non sui Nebrodi e le Madonie di Sicilia, ma qualche anno dopo in Trentino, quando fu messo a capo del Corpo Volontari, durante la terza guerra d'indipendenza, conclusa poi col telegrafico "Obbedisco". Erano 6 bocche da fuoco da 75, a canna rigata, ad avancarica, peso 92 chili, con le quali i serventi si esibivano già  a fare il presentat'arm.(*) La chiamavano "artiglieria leggera", un eufemismo se mancavano i muli e si doveva someggiare a spalla.
Poi nel 1885 ci fu la spedizione in Eritrea, che è sul mare, ma il retroterra è montuoso e, oltre agli alpini, ci mandarono i montagnini. Il vero connubio fra i due sarà  celebrato una decina d'anni dopo ad Adua e costerà  tanto sangue. Non avevano ancora la penna gli artiglieri (aspetteranno fino al 1910), la nappina era gialla e stava sulla destra del casco coloniale. Se ci pioveva sopra per un po' di tempo capitava come agli stivaletti, accusati di essere opera "non di scarpari, ma di librari" che, quand'era possibile, lasciavano il posto alle artigianali "cioce" di pelle di bue: ai mandriani dell'altopiano la trovata non andava però molto a fagiolo.
E non ci si poteva nemmeno confortare con un bicchiere di vino, malamente sostituito, e non troppo spesso, con rum o marsala. Scarseggiavano anche caffè e zucchero. Ai trasporti ci pensava lo zaino, detto "armadio": quello del soldato italiano era il più pesante fra tutti gli eserciti europei: gli indigeni, che giocavano in casa, rimanevano doverosamente impressionati, ma per i nostri non costituiva né vanto né privilegio.
Anche i bravi ascari ebbero la loro batteria da montagna: furono perfino studiati calibri inferiori, alla portata dei muletti abissini.
Il pezzo, calibro 75, a retrocarica, pesava 250 kg e sparava 8 colpi al minuto: a granata, con gittata massima 3 km, a shrapnel e a mitraglia.
Era servito da 6 muli: tre per il someggio e tre portamunizioni; l'affusto, rigido, rinculava da 6 a 8 metri. Le batterie indigene erano su 4 pezzi, le nazionali o, bianche, su 6. La maggior parte proveniva dal 22° rgt. artiglieria di Palermo, e il personale era costituito da montanari isolani: furono perciò battezzate "Batterie Siciliane", e con questo nome passeranno alla storia.
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(*) Classico passatempo degli artiglieri alpini (Nota mia)
Grazie Winter...

Che roba... ti voglio vedere io a sparare 8 colpi min (uno ogni 7,5 sec) dovendoti andare a riprendere il pezzo 6/8 metri più indietro, riportarlo in batteria, rifare il puntamento (cioè rimetterlo in batteria di bel nuovo, perchè è tutto da rifare!) ricaricare e sparare di nuovo. Io, con tutto il rispetto, ho qualche dubbio... davvero, 7,5 secondi sono pochissimi per fare tutto questo... ma gli Artiglieri del Regio Esercito, del Regio Corpo delle Truppe Coloniai dovevano essere gente assai fuori del comune dato che durante la IIGM il tran tran appena descritto, quelli della Pesante Campale che ebbero la fortuna di avere in dotazione il 149/35 (quasi tutti, chè il 149/40, moderno, lo ebbero in pochissimi) dovevano fare così dopo ogni colpo... e questo cannone pesava qualche migliaio di chili, mica 250...

Ciao
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Re: triste

cavalli ha scritto:l'atiglieria nostra sorella senza la penna buffa anche quella....... :--""
non vi ricordate dei bersalpini? un cp. c/c dei bersaglieri che detto fatto fu trasformata in cp. c/c alpina, per mandarla in russia?
cari miei lo SME è veramente diabolico! :-P
Vero... però erano autorizzati a portare le "pipe" dei Bersaglieri sul retro del bavero e a metterle in vista in libera uscita...che magnanimi, eh?
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Re: triste

No! No, le pipe dei bersaglieri nun se po' sentì!
Anche se.... le pipe..... arma dotta!
Leonardo
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Le batterie siciliane, benchè reclutate in zone "anomale", devono considerarsi truppe alpine a tutti gli effetti tanto che oltre all'armamento avevano anche il fregio dell'artiglieria da montagna. Aggiungo che oltre alle batterie operanti in Africa esisteva la VI brigata da montagna a Messina divenuta poi gr. artiglieria da montagna "Messina" che nel 1910, al pari degli altri gruppi della specialità , addottò il cappello alpino con penna e fregio dell'artiglieria da montagna.
Da non confondere con le batterie someggiate della I GM o successivamente con i gruppi someggiati per divisione da montagna che, pur portando il cappello alpino con penna, non erano truppe alpine tanto che conservavano il fregio dell'artiglieria da campagna.

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