"Secondo le stime della Caritas sono 900.000 gli stranieri che potranno beneficiarne (sic!) della legge sulla cittadinanza, un numero che nel 2008 salirebbe fino a un milione e mezzo di persone".
Così sul "Corriere della Sera" di oggi.
Quando fra mezzo secolo gli storici vorranno trovare una data per segnare la fine di quel poco della nostra nazione che ancora sopravviveva, quella dell'eventuale approvazione di questo provvedimento potrebbe essere una buona scelta (non che ne mancherebbero altre in quantità ).
La logica che muove in superficie questa decisione è talmente lampante che non c'è bisogno di parlarne: voti, voti e ancora voti. Più sotterranea ne esiste una molto più pericolosa, che discende direttamente dall'egualitarismo imperante: gli italiani saranno ancora meno italiani, gli stranieri verranno sradicati dalla loro terra d'origine, con tutto quanto ne consegue.
Nessun razzismo in queste mie osservazioni, anzi; solo amarezza e poche constatazioni oggettive.
Come l'avversione per la nostra "civiltà ", se ancora si può chiamare così, che anima non pochi di questi futuri "italiani" ("La nostra arma più potente è il ventre delle nostre donne"), o le osservazioni inascoltate di qualche economista sul sovrappopolamento della penisola, o le difficoltà di integrazione (comunque fallita) affrontate prima di noi da Francia e Gran Bretagna. Senza salire su altri piani di discussione, i quali ormai suscitano solo, ahimè, ilarità .
A proposito di ilarità , se qualcuno pensa di poter aspirare ad un posto di lavoro ormai da tempo scoperto, questi sarebbero i titoli richiesti:
Conte dell'Impero, Luogotenente Generale e Feldmaresciallo; Signore di Hohenegg, Osterburg, Gleiss e Haindorf; Presidente dell'Imperial Consiglio Aulico Militare; Gran Maestro dell'Artiglieria e Fortificazioni; Governatore della Raab e Colonnello-proprietario di un Reggimento di Cavalleria; Reale Consigliere Segreto; Camerlengo e Cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro.
Ma temo che anche stavolta non si presenterà nessuno con i requisiti necessari.
Mandi.
Luigi