Uhm...lessi qualcosa del genere qualche giorno fa sulla Repubblica a scuola...
Ripropongo qui l'articolo in questione postato su Ferramole dall'utente 120Fornovo:
http://gazzettino.quinordest.it/
Domenica, 30 Aprile 2006
Soldato Silvia, la mamma che studia da marine
Il caporalmaggiore Di Siervi lascia la figlia di un anno e parte per diventare la prima donna da sbarco italiana
di VITTORIO PIEROBON
Non chiamatela soldato Jane, non le piace. «Quello è un film, la realtà è un'altra cosa, ben più difficile». Il caporalmaggiore Silvia Di Siervi ha le idee chiare e mantiene tranquillità e serenità , nonostante nello spazio di pochissimi giorni la sua vita sia cambiata radicalmente. Era un anonimo fuciliere dei lagunari fino a quando qualcuno ha scoperto che frequenterà un corso per diventare marine; la prima donna italiana che sbarcherà dalle navi o si calerà dagli elicotteri. Come nei film, armata fino ai denti e con la faccia tinta di nero.«Piano - dice lei con saggezza -il corso deve ancora cominciare e non ho la certezza di superarlo. E non sono nemmeno l'unica donna perché ce n'è un'altra, Rosaria Cotrò». Ha ragione lei, ma quando si entra nel frullatore mediatico è difficile liberarsene. Lei è il soldato Jane degli italiani e l'effetto moltiplicatore dei mezzi di informazione ha già fatto conoscere a tutti il suo volto sorridente. Non sarà Demi Moore, però è proprio un bel soldato: lineamenti delicati, occhi azzurri, sorriso sincero, fisico asciutto e ben distribuito. Quel che si dice una bella ragazza acqua e sapone, che non ti aspetti di incontrare tra gli austeri locali della caserma Bafile di Malcontenta nella terraferma veneziana.
- Come è nata la scelta di intraprendere la carriera militare?
«Mio padre è agente di polizia penitenziaria, quindi bene o male sono stata abituata sin da piccola a vedere divise e anfibi per casa. Diciamo che la passione mi è stata trasmessa da mio padre. Appena è stata data la possibilità alle donne di fare il militare, ho presentato la domanda di arruolamento. Sono partita nel 2002».
- Una scelta condivisa dalla famiglia?
«No, non è andata così. È stata una decisione che ho tenuta nascosta sino all'ultimo, senza dire nulla ai miei genitori. Sapevano che mi piaceva frequentare l'ambiente di caserma, perché andavo spesso a trovare mio padre, ma avevo ugualmente paura di una loro reazione negativa. Ho messo la lettera di arruolamento a tavola, sotto il piatto di papà e sono partita per Ascoli Piceno dove ho fatto il corso per diventare caporale».
Il caporalmaggiore Silvia parla velocemente, sicura, sotto lo sguardo attento di un maresciallo che "vigila" sull'intervista. Siamo pur sempre in una caserma e i soldati possono parlare con i giornalisti, ma... Non affrontiamo segreti militari. Cerco di capire cosa spinga una ragazza nata ad Aradeo, e sempre vissuta a Galatina in provincia di Lecce, ad indossare una divisa e cercare di avere incarichi da prima linea. Silvia, infatti, fa parte di una compagnia di 130 uomini che martedì 3 maggio inizieranno a Brindisi il corso di addestramento per entrare a far parte della nuova Forza Anfibia italiano. Un corpo, che a regime conterà 2500 uomini, che unirà la professionalità dei Lagunari a quella dei marò del battaglione San Marco. Un corpo superspecializzato di pronto intervento per situazioni di emergenza anche i Paesi esteri. Per essere ammessa a questo corso Silvia ha dovuto superare una selezione durissima: marce forzate con zaino in spalla, arrampicate su scogliere e pareti di roccia, salti in acqua da almeno quattro metri, lotta, guado di fiumi e così via. Ha messo in riga moltissimi maschi. Ma le prove che l'aspettano ora a Brindisi, per diventare la prima donna marine, sono ancor più dure.
- Caporalmaggiore Silvia, ripeto: ma chi glielo fa fare?
«Se non c'è la passione non si può intraprendere questa strada. È una strada che consiglio alle donne, ma soltanto se hanno dentro di sè la determinazione. Questo è un lavoro che richiede qualcosa in più dentro».
- Il suo incarico prevede anche la possibilità di essere coinvolti in scontri a fuoco e combattimenti in zone di guerra. Non la spaventa questa ipotesi«
«Quando mi sono arruolata ho messo in conto anche questo. Ho messo in conto di andare in zone di missioni operative e di essere a contatto con situazioni dure e violente. È chiaro che ho paura. Tutti gli uomini, in certe situazioni, provano paura; anche chi dice di non averne. Però è una paura che i nostri istruttori ci hanno insegnato a gestire e controllare. La paura bisogna dominarla».
- Lei ha già partecipato a missioni in zone calde?
«Sì sono state in missione in Kosovo e in Iraq a Nassirya».
- È lì che ha conosciuto Matteo Vanzan?
«No, io sono partita dall'Italia con Matteo facevamo parte della stessa compagnia». Anzi abitavano a poche centinaia di metri di distanza, tutti e due a Campagna Lupia.
- Come ricorda Matteo?
«Ho un ricordo bellissimo di lui. Abbiamo lavorato assieme perché facevamo parte della stessa squadra. Lui era una persona solare, un tipo molto divertente che sapeva sempre sdrammatizzare. Anche quando si soffriva, si sudava, si dovevano stringere i denti, lui era sempre sereno, riusciva a trovare la battuta. È rimasto nel cuore di tutti noi perché era una persona eccezionale».
- Anche suo marito è un lagunare?
«Io mio marito e Matteo facevamo parte della stessa compagnia, la prima compagnia. Dopo il matrimonio sono stata spostata di compagnia, perché c'è una regola che non consente la presenza di congiunti nella stessa linea di comando».
- Come riuscite a conciliare il lavoro comune e la vita familiare: ci sono problemi di sovrapposizione dei ruoli?
«No, semmai c'è qualche vantaggio da questa situazione nel rapporto di coppia, perché mio marito capisce di più i problemi legati al mio lavoro. Se non sono a casa per l'ora di cena, perché sono impegnata in un addestramento, lui capisce e aspetta».
- E a casa chi comanda?
«Entrambi».
- Ma chi ha il grado militare più alto?
«Lui è sergente maggiore io caporalmaggiore».
- Avete anche una figlia piccola?
«Sì, Sara di un anno».
- Ma come riesce a conciliare il ruolo di mamma con quello di soldato, che deve svolgere attività che comportano una dose di rischio?
«Adesso che si avvicina la partenza, quando guardo mia figlia mi viene voglia di stringerla un po' di più. Ma quando l'esercito mi chiederà di allontanarmi da lei per motivi professionali, ubbidirò. Mi allontanerò, momentaneamente, da mia figlia, così come ho fatto quando ho lasciato la famiglia a Galatina per arruolarmi».
- Suo marito resterà qui?
« Sì, fortunatamente, così lui potrà occuparsi di Sara fino al mio ritorno».
- Potrebbe capitare che entrambi siate impegnati contemporaneamente in missioni a rischio»
«Potrebbe succedere, però, nei limiti del possibile cercheremo di evitarlo per non lasciare sola nostra figlia».
- Vuole ricordare i suoi colleghi caduti in questi giorni a Nassirya?
«Preferisco rispettare con il silenzio il lutto dei familiari dei miei colleghi».
- Parliamo della vita in caserma. Fino a pochi anni fa le donne in caserma si vedevano solo in fotografia e in genere nude. Come vive una bella ragazza in un ambiente storicamente maschilista?
«Sì è vero, questo è un ambiente a forte prevalenza maschile. Io sono stata accettata subito molto bene, anche se è chiaro che mi sentivo un po' di occhi addosso. L'importante è stabilire subito i ruoli, io ho messo paletti ben precisi: sono una ragazza tranquilla, ma so anche farmi rispettare. Ho cercato di parlare con i fatti e ho fatto capire ai miei colleghi uomini che non ero diversa, lavoravo e faticavo come loro e facevo le stesse cose che facevano loro, senza favoritismi e differenze. L'ho messa sul piano paritetico. La stima te la devi guadagnare. Io non mi tiro mai indietro e spesso i miei colleghi rimangono stupiti nel vedermi in azione».
- Ma sotto la mimetica c'è una donna. Possibile che lei sia tutta combattimenti e addestramento duro. Quando non è un soldato, ma soltanto donna, in casa, in famiglia com'è?
«Credo di essere molto femminile. Sono un tipo estroverso, direi solare. Prima di arruolarmi facevo la cameriera ed ero benvoluta da tutti. Amo la casa, mi piace cucinare e adoro stare con mia figlia, giocare, passeggiare, ridere. Credo di essere una donna normalissima e molto femminile».
- Oltre alla passione per la divisa e le armi, ha altri interessi?
«Certamente. Mi piace leggere e andare al cinema per esempio. Cose normali e semplici»
- È ormai una veneta d'adozione. Le piace la nostra regione?
«È molto umida».
Risposte sempre secche, proprio da soldato. Silvia non ha tempo da perdere; deve riprendere l'addestramento che negli ultimi giorni è stato sovente interrotto dalle incombenze di pubbliche relazione, di donna-copertina dell'esercito italiano.
- Come sta vivendo questa popolarità che le è improvvisamente caduta addosso?
"È una situazione un po' strana, perché non mi sento una ragazza da giornale. Ma capisco che ci sia interesse per la novità di una donna che potrebbe diventare una marine. Sono sicura che dopo di me ci saranno tante altre colleghe a seguire questa strada e allora non farà più notizia, come dite voi giornalisti. Ad essere sinceri questa popolarità mi disturba un po': non vorrei che i miei colleghi pensassero che mi sono un po' montata la testa. Non mi piace essere diversa dagli altri e non apprezzo questa improvvisa notorietà . Sono una ragazza che ama la vita tranquilla».
E per essere, come dice lei, una ragazza che ama la vita tranquilla, non ha scelto pentole e fornelli, ma ha indossato anfibi e mimetica.
In bocca al lupo, soldato Silvia.
«Crepi».