Spero di riuscire a recuperare in qualche maniera il testo del discorso di Lenzini per pubblicarlo sul sito
Dal sito della sezione
ANA Carnia:
"Signor Procuratore della Repubblica, signor Generale, signori ufficiali, sottufficiali, alpini, personale civile, amici carissimi, signor sindaco non sarò breve. Perdonatemi questa ultima colpa. Ma quando mi sono accinto a redigere queste note di saluto nella solitudine tipica dei comandanti che devono prendere delle decisioni importanti, il principale dilemma è stato: stilare un discorso di prammatica farcito di retorica oppure continuare sulla strada della verità e del rapporto diretto che tante volte ho percorso durante i numerosissimi discorsi rivolti ai militari di leva, ai genitori, alle autorità , ai miei superiori. Chi m i conosce, conosce anche la risposta che dirò, ciò che che sento costi quello che costi, anche la mancata condivuisione da parte di alcuni. Dirò, perciò quello che mi scaturisce dal cuore, dall'anima. Voglio ricordare un vissuto troppo bello per essere menzionato o troppo brutto perchè meriti un solo rigo di memoria.
Un lungo elenco di luoghi o persone: dalla Lituania alla Bosnia, dalla Serbia all'Ungheria alla più vicina Slovenia o qui a Cividale nella lunga battaglia per la salvaguardia di questo pezzo di storia patria chiamata Ottavo Alpini.
Ovunque il nostro grande Ottavo abbia incontrato umili rifugiati o importanti presidenti, ministri o generali esso ha sempre lasciato un ottimo ricordo dki sè della propria capacità operativa, della sua alpinità . E per me è stato questo, amici, il voler vivere profondamente il comando: l'alternarsi continuo di piccoli eventi significativi di cui bisogna essere orgogliosi e tanti rospi da ingoiare con il sorriso perchè così vuole la ragione sostenuta da tutte le proprie energie psicofisiche e dai propri collaboratori più fedeli e disinteressati: ufficiali, sottufficiasli, alpini che hanno saputo offrirmi la propria incondizionata collaborazione per tutti questi anni e che non nomino ma a cui ho scritto lettere personali che spero siano state gradite.
Concludo con oggi il mio incarico di comandante dell'Ottavo. Un periodo lungo dire, forse troppo se paragonato alla pazienza di coloro a cui le mie idee, la difesa dei miei valori, le mie consolidate abitudini sono sembrate troppo gravose da condividere o i miei appunti verbali troppo acuti, i miei consigli troppo puntuali. Per farla breve sono stato un comandante all'antica, di quelli che si amano o si odiano senza mezze misure. Ne sono consapevole ed orgoglioso. L'Ottavo Alpini mi ha permesso di vivere questa splendida esperienza nel Reggimento che mio padre contribuì a ricostruire dopo la guerra e che come me ha servito sino alla fine. Ricordando mio padre voglio ricordare coloro che, vittime degli orrori della guerra o più fortunati reduci, hannos ervito con onore l'Ottavo dal 1909 ad oggi. Onore, quindi, a loro qui rappresentati dai labari e gagliardetti delle associazioni combattentistiche e d'arma e dalla Associazione Nazionale Alpini con i suoi presidenti: in particolare Cedermaz, Petrig, Ronutti, Astorri, Saldari, Canola, Galvanin, Paravan con i quali ho avuto un rapporto splendido e collaborativo anche se virtualmente li ho trattati come miei alpini dando più spesso spontanei consigli piuttosto che formulare amichevoli proposte. Loro mi hanno capito e ho letto nei loro occhi il piacere di lavorare assieme. La presenza del Presidente Nazionale Perona al mio saluto mi ha riempito l'anima di orgoglio alpino. Ma l'Ottavo non sarebbe quello che è; non avrebbe l'atmosfera che ha senza il supporto continuo, solerte, importante anche delle nostre famiglie e di chi, a vario titolo ci vuole bene; famiglie, figli, genitori persone che in questi anni ho conosciuto, visto nascere, soffrire, gioire, qualche volta purtroppo nonostante gli sforzi diversi, o morire. Se siamo onesti con noi stessi quanto dobbiamo realmente a loro. Da loro si trae la serenità e la voglia di fare, la spinta emotiva per nuovi traguardi oppure, talvolta, frizione e freno alle nostre errate aspirazioni, esse hanno saputo farci riflettere. Ebbene, un grazie alle mogli, alle madri, ai figli, alle fidanzate di chi ha sorretto tutti i miei uomini e grazie soprattutto a chi ha sostenuto me, e Dio solo sa quanto questo sforzo sia stato grande ed estenuante per mia moglie Rita, mia madre e le mie figlie. In particolare in alcuni momenti tragici in cui l'etica di comandante mi ha imposto un mio preciso dovere privandomi, però, dell'occasione di dare l'estremo saluto a mio padre, soldato anche lui dell'8°,, il 5 dicembre 2003, alle ore 14.30.
Me ne vado orgoglioso di ciò che ho vissuto e di ciò che ho contribuito a realizzare. Un'esperienza vissuta sulla propria pelle e su quella delle famiglie.
Ringrazio quanti, nella catena di comando, vorranno ancora offrirmi la possibilità di essere utile alla mia Patria, alla mia Bandiera, alla Julia che ho sempre amato e agli Alpini che ho sempre difeso.
Grazie ai cinque comandanti della Brigata e ai quattro comandanti delle Truppe Alpine che, nonostante il caratteraccio, mi hanno sempre sostenuto e, in particolare, gli amici di una gioventù ormai lontana: generali Campregher e Primicerj e ai generali Scaranari, Iob e Resce che, fedeli ad una tradizione di alpinità antica, hanno saputo leggere nella rugosità del mio essere comandante, la passione, la volontà e il profumo di un tempo passato, caro ancora a molti di noi.
Caro Panizzi, so che ti aspetta un lavoro duro per te e per la tua famiglia; a te il gravoso incarico di traghettare l'Ottavo nel futuro, nella modernità ancora da molti non capita e perciò non condivisa. Ti auguro ogni possibile soddisfazione anticipandoti che solo alla fine e solo dopo aver vissuto con anima e corpo questa esperienza potrai dire con certezza cosa significhi il nostro motto "O là o... rompi": o la và o la spacca. E se sarai un vero comandante quale hai dimostrato di essere in Kosovo, Bosnia, Iraq..."Mai daur": mai dietro l'ombra di attività di comodo o soluzioni compiacenti, ma sempre davanti a testa alta, senza compromessi, affinché la serenità di chi ha fatto il proprio dovere sino in fondo possa darti la forza di gridare sempre senza vergogna "Io comando l'Ottavo".
Viva gli Alpini, viva l'Italia e viva il nostro grande Ottavo e grazie a tutti per la vostra pazienza nell'ascoltarmi."