Dal "Corriere della Sera" di oggi.
Questi sono poi tra quelli che magari danno addosso ai fuoristrada...
Mandi.
Luigi
AL SUPERMERCATO
«La spesa proletaria? Hanno rubato telefonini e hi-fi»
ROMA - Hanno raccontato un mucchio di bugie. Tutti. I no global e anche i clienti, che spingevano via i carrelli carichi, con la testa china e lo sguardo eccitato, mentre uscivano sul piazzale del supermercato «Panorama», dove via Tiburtina comincia ad avere i suoi palazzi più alti e popolari, dove nel sabato pomeriggio della gente di Pietralata, oltre trecento antagonisti, a volto scoperto, hanno riproposto un rito antico, da anni Settanta: la «spesa proletaria». Ma quale «riappropriazione dal basso dei beni primari». Ma quali «nuovi diritti per i precari», quale «elargizione gratuita di medicine e libri». Ciò che è realmente accaduto sabato scorso in questo gigantesco supermercato, farà - forse - venire i brividi a Luca Casarini e Francesco Caruso, i grandi capi del movimento antagonista.
Le testimonianze sono numerose. Facce ancora allibite di commessi e commesse. Che chiedono di restare anonimi - «qui, chi infrange le regole, viene licenziato con una certa facilità ...» - e che poi però parlano, raccontano, ricordano. «Ce li siamo trovati davanti all'improvviso». Chi? I no global? «No, non loro: i no global erano al piano inferiore. Quelli che ci sono arrivati addosso, come cavallette impazzite, erano proprio i clienti». Età ? Uomini? Donne? «Impossibile, fare una distinzione. Giovani e anziani, maschi e femmine. Ma tutti con gli occhi di fuori».
Reparto «telefonia cellulare». «I sei telefonini che teniamo esposti sono spariti in un secondo, forse meno. Poi mi sono trovata davanti gente che mi ordinava la consegna e...». E cosa? «Beh, tre, quattro persone erano lì, che mi chiedevano addirittura un particolare modello di cellulare che, detto, per inciso, noi neppure abbiamo ancora in vendita».
Reparto «Hi-fi»: stereo, dvd, televisori. «Si sono portati via qualsiasi cosa. Ad un certo punto, li ho sentiti urlare, i nostri clienti sembravano impazziti. E ci ho messo un bel po' a spiegarglielo...». A spiegargli cosa? «Che non abbiamo tanti televisori con lo schermo piatto...».
Reparto «abbigliamento»: scarpe Nike, Adidas, e giubbotti di pelle. «Arrivavano come invasati. Prendevano tre, quattro, cinque paia di scarpe senza neppure badare al numero. Poi hanno tolto i giubbotti di pelle, ed è pelle buona, eh... dalle stampelle, e non se li misuravano neppure... arraffavano e via, giù verso la scala mobile».
E giù, al piano terra, dove c'è la zona alimentare e proletaria - appunto - cosa accadeva? Risponde un altro commesso: «Razziati pochi pacchi di pasta, di caffè... qualche decina di bottiglie di vino, di salame sottovuoto, di biscotti e di marmellata. Diciamo che è stata una spesa piuttosto... tecnologica».
Il direttore del supermercato non c'è, le sue segretarie dicono che è fuori per lavoro. Tuttavia, fin dalle prime ore, la sua posizione è parsa chiara: voglia di minimizzare, di comprendere, di dimenticare. Paura, soprattutto, di trovarsi qualche plotone di no global come «cliente» fisso.
Lunedì mattina tranquillo. I commessi che raccontano e ancora rabbrividiscono e la gente che cammina tra gli scaffali e scuote le testa. La signora Rosa Piermarini, 61 anni, pensionata: «I no global? Hanno capito che noi non arriviamo alla fine del mese». Il signor Paolo Lucarelli, 59 anni, operaio: «Ma lo sa, il governo, quanto costa un litro di latte?». Serena Gambino, studentessa: «Vivo di insalata. La spesa proletaria può essere giusta».
Solo che quando gli hanno chiuso le casse e aperto le porte, sono corsi tutti su: a prendersi la play-station.
Fabrizio Roncone