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riflessioni...

Posto questa foto fatta a San Michele del Carso…. non so neanche perché
Nel senso che sono rimasto sorpreso e tuttora non so darmi una spiegazione del “disagio” che mi suscita.
Ho visitato con interesse e rispetto cimiteri di guerra (“nemici”) austroungarici in Alto Adige (Brunico “splendido” con le croci, le stelle di David, le mezzelune di legno – c’era anche uno jager Battisti , chissà se parente del “nostro” Cesare Battisti) e alleati in Romagna (Forlì, Coriano, Rimini…) ma questo monumento …in Italia (o no??)
Mi sono sentito straniero
Quand’ero stato in Jugoslavia (1984) di monumenti simile ne vidi dovunque (giustamente) come da noi ogni minuscolo paese ha il suo monumento ai Caduti della Grande Guerra.
Intendiamoci ho tutto il rispetto e l’ammirazione possibile per la Resistenza, e quella Jugoslava in particolare che effettivamente ha liberato il paese da sola (nel contesto dei progressi di russi e alleati sugli altri fronti) …

… Pensieri sparsi in attesa di commenti….
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1°San Giusto
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Re: riflessioni...

Da Italiano di Trieste avrei tante cose da dire su questo argomento e come me tanti altri che sono nati e vissuti in queste terre aspramente contese. Dall'altra parte molti Sloveni avrebbero altrettanto da dire. E' un argomento che non si può risolvere in poche righe e porta molto lontano, evoca momenti atroci rimasti nella memoria collettiva di entrambe le parti perché qui lo scontro oltre ad essere politico é stato anche etnico e questo già da prima del primo conflitto mondiale, il fascismo e la resistenza sono venuti dopo e sono stati i fattori esasperanti di un conflitto già esistente. A prescindere dalle ragioni e dai torti, che non stanno mai da una parte sola e dal rispetto per i caduti senza distinzione di etnia e fede politica, posso dire che probabilmente il disagio che provi é per il fatto che il monumento in questione si trova in territorio italiano assieme a tanti altri simili presenti in ogni paese del carso. Ovviamente quando sei stato nell'allora Jugoslavia non hai trovato nulla di simile nei confronti dei caduti italiani, anzi perfino i monumenti dedicati ai nostri caduti della prima guerra erano stati spesso distrutti. Tutto questo perché per tutto il dopoguerra e in alcuni casi ancora oggi ciò che era italiano equivaleva a fascista o comunque era espressione di sentimenti contrapposti al nazionalismo slavo. Naturalmente nella Jugoslavia comunista di Tito qualsiasi forma di opposizione a questo stato di cose era impossibile. Nell'Italia democratica nata dalla resistenza, che però rimaneva pur sempre una nazione sconfitta, bisognava pagare un tributo alla Jugoslavia e oltre alle dolorose perdite territoriali e all'esodo dei nostri connazionali che tutti conosciamo, c'é stato anche il riconoscimento ufficiale dei loro caduti, dei loro monumenti, anche quando si trattava di partigiani appartenenti a formazioni che alla fine della guerra sono state protagoniste di esecuzioni sommarie, di infoibamenti, di persecuzioni verso chiunque manifestasse sentimenti italiani, indipendentemente dal fatto che fosse fascista o antifascista. Ciò che però più rattrista e indigna in tutta questa vicenda é che ad appoggiare le pretese jugoslave, e questo va detto chiaramente per verità storica, i maggiori protagonisti furono proprio i comunisti italiani, pronti in nome dell'internazionalismo a calpestare ogni sentimento di patria, una colpa che storicamente non si può ignorare e cancellare.
1°San Giusto "FEDELE SEMPRE"
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midnight
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Re: riflessioni...

Mi associo alle belle parole di 1° San Giusto, che a mio avviso denotano una visione storica nitida, di ampio respiro ed equilibrata. L'argomento è quantomai complesso, ma certamente un buon punto di partenza consente di iniziare ad affrontarlo nel modo migliore.
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m57
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Re: riflessioni...

concordo - rispecchiano quanto penso ma non riuscivo a mettere a fuoco
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M26
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Re: riflessioni...

L'intervento di 1° San Giusto riepiloga benissimo la situazione di allora.
Molte persone di queste parti erano in primis comunisti piuttosto che italiani. Fomentati da politici senza scrupoli che vedevano nel tricolore unicamente un simbolo fascista.
Alla fine della guerra parecchi risposero all'appello della neonata federazione jugoslava per la "rimessa in moto" dei cantieri navali di Pola e Fiume lasciati sguarniti dagli esuli italiani.
Gli Jugoslavi non erano gente di mare, tantomeno tecnici navali e quindi necessitavano di manodopera specializzata.
Così molti locali spinti per credo politico si spostarono oltre confine, anche con le famiglie al seguito.
Qualcuno rimase, i più rientrarono dopo qualche anno dopo aver insegnato loro il mestiere, forse perchè le aspettative della "terra promessa" non si erano rilevate tali o forse perchè la linea del Pci, rimasta sempre fedele a Stalin, era venuta in contrasto con l'ideologia titina.
Qualche connazionale pagò anche un pegno pesante per tali divergenze politiche interne, finendo nel gulag di Tito di Goli Otoc.
Insomma non ci guadagnarono nulla se non un semplice orgoglio personale.
E' una delle varie tristi storie di questa terra di confine.
Stefano
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Re: riflessioni...

Ringrazio tutti e tre per aver condiviso il mio pensiero, parlare con obiettività ed equilibrio di questo argomento non é mai stato facile, un tempo era addirittura impossibile, ci sono voluti cambiamenti epocali e il lento trascorrere del tempo per poterne discutere con maggiore serenità.
M26 ha portato un altro esempio significativo illustrando molto bene il destino di tanti comunisti italiani che abbracciarono entusiasticamente gli ideali della nuova Jugoslavia di Tito e questo nonostante fosse apparso chiaramente, già durante la guerra, in che scarsa considerazione gli jugoslavi tenessero le formazioni partigiane italiane operanti nella Venezia-Giulia. Fu una mossa calcolata quella di ottenere da parte del IX Korpus sloveno il comando delle brigate garibaldine, sia per ridurle operativamente, sia per dirottarle verso la liberazione di località diverse da quelle italiane, ad esempio Lubiana invece di Trieste; se non addirittura di usarle per l'eliminazione di formazioni partigiane italiane non comuniste come accadde tristemente nel Friuli orientale a Malga Porzus.
1°San Giusto "FEDELE SEMPRE"
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Re: riflessioni...

concordo pienamente con la riflessione di san giusto! e ce ne sarebbe moltissimo da aggiungere... ma mi fermo qui! (:-x) (:-x) (:-x)
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Alberto Marchesi
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Re: riflessioni...

E' meglio se non faccio commenti. Sono di parte.
Dopo ormai 70 anni dalla fine della guerra qualche nostalgico del negazionismo, ha tolto la lapide affissa in memoria della scomparsa di mio nonno (probabilmente inciampato e caduto in una foiba) dalla tomba di famiglia a Dignano d' Istria.
Qualche lettura:
http://brunodam.blog.kataweb.it/2013/06 ... o-deuropa/
Probabilmente ci scorneremo per un'altro paio di generazioni, e poi tutto scomparirà....
Ciao
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sesule
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Re: riflessioni...

Assolutamente in linea con tutto quanto detto fin sopra.
Mi permetto una piccola riflessione personale (che da molto tempo faccio fra me e me e, per la prima volta, esterno).
Ma quanti di quei comunisti Italiani lo erano anche nel 1939 al massimo dello splendore dell'Italia fascista?
Perché io mi chiedo sempre (fatto salvo che l'opposizione comunista sicuramente esisteva nel ventennio ed il fascismo non l'ha trattata certamente con guanti bianchi) non è che molti (molti e non tutti eh!) di coloro che hanno indossato un fazzoletto al collo e si sono dati alla macchia dopo l'8 di settembre non fossero prima là festosi ammassati col braccio alzato (ed il palmo della mano aperta) quando vennero pronunciate le famose parole "La dichiarazione di guerra è già stata......".
Non so ma ho come l'impressione che l'abitudine di saltare sul carro del vincitore e lasciare la mala parata agli altri sia uno sport che ha radici antiche.
Questo sport, tradotto oggi, viene praticato da tutti i motti secessionisti che stanno nascendo in questi anni non ultimo, per restare in tema territoriale:

http://www.lindipendenza.com/trieste-co ... ro-il-tlt/

Non che io non sia per il riconoscimento dell'autodeterminazione dei popoli ben s'intende ma, guarda caso, i popoli vogliono autodeterminarsi sempre quando la barca va a fondo invece di prendere un remo in mano ed iniziare remare.
Certo negli anni 60-70 quando c'era il boom economico nessuno aveva la necessità di sentirsi "territorio ibero"; con il rischio, poi, di avere dei vicini pericolosi dove, invece, si viaggiava con la Zavstava e libertà era una parola abolita dai vocabolari, oggi che di qua le cose sono messe maluccio è comodo proclamare la propria autoderminazione riscoprendo, magari, la vicinanza con Vienna dove il sole splende ancora.
Ma forse sto andando un po' troppo in là e potrei diventare antipatico..................
Alpino Savorgnani Sandro
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Re: riflessioni...

Voglio contribuire alla discussione sottoponendovi due domande.

Alla fine della Prima guerra mondiale non sarebbe stato più utile per l'Italia adottare una politica di ispirazione mazziniana verso i popoli slavi del sud che come noi avevano combattuto per affrancarsi dal dominio austriaco invece di cercare solo ingrandimenti territoriali ai loro danni?

La causa dei lutti e delle perdite territoriali alla fine della Seconda guerra mondiale non sta nell'occupazione italiana dei territori jugoslavi?

Prima vinci e vuoi stravincere a danno di chi ha combattuto con te.
Poi dichiari guerra al mondo, perdi e ti lamenti di come ti trattano.

Sugli italiani e la Jugoslavia consiglio "L'Esilio" di Enzo Bettiza, noto giornalista nato a Spalato e venuto in Italia a seguito della guerra.
Marco Mattei
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Re: riflessioni...

Sicuramente l'atteggiamento dell'Italia dopo il trattato di Parigi del 1920 non è stato molto conciliante nei confronti dei popoli slavi.
Tenendo conto del fatto che in questi territori non c'è mai stata una vera linea di confine che suddivideva i "bianchi" dai "neri" ma c'è sempre stata una fascia di territorio "grigia" molto ampia un atteggiamento meno "intransigente" sarebbe stato opportuno ma chiederlo al regime fascista tutto intento, invece, a definire una identità nazionale (secondo me mai avvenuta prima, dall'unificazione del 1861 in avanti) vera e propria sarebbe stata pura utopia considerando che siamo andati a cercare pure l'impero fino all'Albania e pure oltremare........
E questa posizione per nulla conciliante ha, probabilmente, acuito e fatto crescere sentimenti "anti" tutto ed il contrario di tutto.
Alpino Savorgnani Sandro
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Re: riflessioni...

Chiedo scusa, Trattato di Rapallo.
Alpino Savorgnani Sandro
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Re: riflessioni...

Giusto anche quanto scrivono MarcoMattei e sesule
nel ventennio mi pare che non fosse neanche permesso usare lo sloveno, e siamo stati noi ad invadere la Jugoslavia.

E sono convinto che gli Italiani non siano stati poi così “brava gente” come nell’immaginario collettivo (del resto come tutti gli occupanti/colonialisti), quando è girato il vento abbiamo raccolto quanto seminato (magari con gli interessi)
- pensiero che ho già espresso in altre occasioni-
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Re: riflessioni...

Una volta, discutendo con uno sloveno sulle ragioni e sui torti di entrambe le parti, siamo giunti scherzosamente alla conclusione che nella contesa dei territori in questione c'era chi voleva assicurarsi le vacanze al mare( gli slavi) e chi le vacanze ai monti( gli italiani). Al di là delle facili battute è evidente che negli anni ci sia stato il tentativo di prevalere con ogni mezzo gli uni su gli altri, é accaduto nelle terre di confine di molte altre parti del mondo e in particolare dove si incontrano(e scontrano) lingue, culture, tradizioni e quindi mentalità profondamente diverse. Come ho detto all'inizio, il fascismo, l'invasione italiana della Jugoslavia e la lotta di resistenza, furono fattori importantissimi ma non scatenanti, andarono ad acuire conflitti preesistenti. Nella seconda metà dell'ottocento il movimento irredentista italiano iniziò a farsi sempre più forte nella Venezia Giulia, in Istria, nella Dalmazia italiana, con il chiaro intento di giungere al compimento del Risorgimento e all' unificazione di queste terre all'Italia. Dall'altra parte sloveni e croati avevano anche loro coscienza della propria lingua, cultura e tradizioni, cioè di essere un popolo ma non avevano ancora pienamente coltivato l'idea di essere uno stato nazionale e rimanevano quindi fedeli sudditi dell'impero asburgico, il quale amministrava assicurando ad ogni etnia i propri diritti. L'Austria, vedendo nel movimento irredentista sorretto dall' Italia un evidente pericolo, usò sempre di più i popoli slavi come strumento di contrapposizione agli italiani, ad esempio favorendo una migrazione di gente slava dall'interno verso la costa( ciò appare chiaramente dalla consultazione del censimento dei primi anni del novecento rispetto al precedente), sostituendo specialmente a Trieste le guarnigioni di lingua tedesca con reparti a forte componente slava e fomentando e organizzando aggressioni e vandalismi nei confronti dei circoli irredentisti italiani. Naturalmente da parte italiana si rispondeva con altrettante azioni, sia di carattere violento sia di tacita ma chiara ostilità verso la controparte slava e ormai anche verso l'autorità asburgica. Come accade sempre nella Storia tutte queste azioni e reazioni erano opera di una minoranza di persone appartenenti alle opposte fazioni ma era chiaro che ormai un forte disagio e una forte insofferenza reciproca pervadevano italiani e slavi, prevalendo su quelli che potevano essere punti di unione e di scambio. Il culmine di questo stato di cose arrivò con il primo conflitto mondiale, da una parte l'Italia tesa a compiere l'unità nazionale e dall'altra l'Austria-Ungheria impegnata a tenere unito il suo multietnico impero. In questa circostanza più che mai l'Austria galvanizzò i suoi combattenti di etnia slava contro l'Italia, dicendo loro, molto abilmente, che non erano in gioco solo le sorti dell'impero garante di tutti i loro diritti, ma soprattutto si trattava di difendere la terra slava. Qui sottolineo che per slavi fedeli all'Austria si devono intendere soprattutto sloveni e croati, tra l'altro tutti di religione cattolica, anche i bosniaci, essendo pur sempre slavi anche se in maggioranza islamizzati, fecero fedelmente il loro dovere. La quinta armata dell'isonzo venne affidata al generale Boroevic, un serbo della Krajna ma fedelissimo agli Asburgo, oltre il 40% della sua fanteria era formato da slavi i quali si rivelarono i più accaniti combattenti degli italiani. La testa di ponte di Gorizia, il Podgora e il Sabotino, era difesa in prevalenza da reggimenti dalmati, sul S. Michele, oltre agli honved ungheresi si distinsero sloveni e croati, sull'alto Isonzo e sugli altipiani di Asiago si batterono con incredibile tenacia i bosniaci. I comandi italiani faticarono all'inizio a capire questo approccio degli slavi alla guerra, attribuendo l'accanimento solo a motivazioni di innata bellicosità e non considerando quelle di carattere etnico e nazionale. Solo più tardi se ne prese coscienza tenendo in giusta considerazione la composizione etnica delle unità che si avevano di fronte. Alla fine della guerra, con la conquista di vaste porzioni di territorio slavo, l'Italia non tenne certo in considerazione i diritti di quelle popolazioni che le si erano opposte con tanta forza e l'avvento successivo del fascismo non fece altro che esasperare e peggiorare le cose con l'abolizione dell'uso pubblico della lingua madre, la chiusura di circoli culturali, l'allontanamento da posti di lavoro di un certo rilievo e per i dissidenti con l'applicazione del confino o del carcere. Certo una politica più abile e lungimirante basata sulla garanzia dei più elementari diritti e sulla concessione di una certa autonomia avrebbe evitato molte tragedie future anche se altrettanto certamente non avrebbe risolto automaticamente tutti i problemi.
1°San Giusto "FEDELE SEMPRE"
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Re: riflessioni...

:-)(-: complimenti 1°SanGiusto - come si dice. parole sante

per me fino a qualche anno fa gli austriaci erano i crucchi, i nemici storici risorgimentali. in realtà sarebbe stato più giusto il temine imperiali, in quanto quelli di lingua tedesca erano meno della metà...

quest'estate ho fatto le ferie a Grado (con puntate a Trieste, Gorizia, Caporetto, Cividale...) e mi son fatto qualche libro sul 15/18 (un solo autore italiano, gli altri austriaci o altro) ed è ben evidenziato il carattere multietnico dell'esercito e dell'amministrazione austroungarici ed il confronto slavi/italiani

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