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Mercoledì, 09 Ottobre 2013

Disastro del Vajont

Alle 22,39 del 9 ottobre 1963 si stacca dalla costa del Monte Toc una frana lunga 2 km di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e terra. In circa 20 secondi la frana arriva a valle, generando una scossa sismica e riempiendo il bacino artificiale.

L'impatto con l'acqua generò tre onde: una si diresse verso l'alto, lambì le abitazioni di Casso e ricadendo sulla frana andò a scavare il bacino del laghetto di Massalezza; un'altra si diresse verso le sponde del lago e attraverso un'azione di dilavamento delle stesse distrusse alcune località in Comune di Erto e Casso e la terza (di circa 50 milioni di metri cubi di acqua), scavalcò il ciglio della diga, che rimase intatta, ad eccezione del coronamento percorso dalla strada di circonvallazione che conduceva al versante sinistro del Vajont, e precipitò nella stretta valle sottostante. I circa 25 milioni di metri cubi d'acqua che riuscirono a scavalcare l'opera raggiunsero il greto sassoso della valle del Piave e asportarono consistenti detriti che si riversarono sul settore meridionale di Longarone causando la quasi completa distruzione della cittadina (si salvarono il municipio e le case poste a nord di questo edificio) e di altri nuclei limitrofi e la morte, nel complesso, di circa 2000 persone (i dati ufficiali parlano di 1918 vittime).

Alle ore 5:30 della mattina del 10 ottobre 1963 i primi militari dell'Esercito Italiano arrivarono sul luogo per portare soccorso e recuperare i morti. Reparti della Brigata Cadore, battaglioni Pieve di Cadore, Feltre e Belluno, oltre che i reparti del Genio, si prodigarono per i giorni successivi nel conforto e aiuto alla popolazione, olre che nelle pietosa opera di ricerca dei resti delle vittime.