Bricchetto ha scritto:L'inizio

Bricchetto ha scritto:La conclusione

Il Commento
Se avete 10 minuti a disposizione andate a leggervi
questo articolo. A me pare che possa fare ottimamente da commento alla storia che le foto postate da Bricchetto raccontano. Parte dal 1994, un po' dopo Moro&Berlinguer ma per il resto...
Ne posto qui un pochettino, però siccome è materiale © e quindi protetto per il seguito andate a link che ho riportato qui sopra.
L'«unto» de Il Corriere
Domenico Savino
25/03/2006
Nel 1994 Berlusconi vinceva a sorpresa le elezioni politiche, sbaragliando la «gioiosa macchina da guerra» di Occhetto & C.
Per il Cavaliere, lungi dall'essere un trionfo, era l'inizio di un calvario, che sarebbe sfociato nell'avviso di garanzia al G8 di Napoli, poi nella caduta del suo Governo a seguito della defezione della Lega, poi nella sostituzione a palazzo Chigi col suo Ministro del Tesoro, Lamberto Dini e poi in cinque lunghi anni di opposizione.
Ricordate che l'avviso di garanzia a Berlusconi, prima di essere consegnato al destinatario, fu annunciato sul Corriere della Sera?
Non era un caso.
Poi il prezzo che i «poteri forti» poterono esigere dalle masse assatanate di sangue berlusconiano fu il via libera a quella stessa riforma delle pensioni, contro la quale, aizzate dalla sinistra movimentista e istituzionale, erano scese in piazza minacciando sfracelli.
Il nuovo governo del ribaltone, sostenuto dal presidente Scalfaro, raggiunse l'obiettivo.
Dopo che la testa del re di Arcore era stata mozzata, anche Lamberto Dini, che quella riforma aveva avviato proprio sotto il governo Berlusconi, da rospo venne trasformato se non in principe (ad impossibilia nemo tenetur!), perlomeno in uomo rispettabile ed istituzionale.
Poi anche lui dovette cedere il passo.
C'era alle viste un altro appuntamento.
Dimessosi Dini, nel febbraio 1996, dopo aver effettuato le rituali consultazioni, Scalfaro conferì l'incarico per la formazione del nuovo governo al professor Antonio Maccanico.
A Palazzo già si parlava del ministro plenipotenziario di Enrico Cuccia.
Maccanico aveva infatti acquistato meriti e onori presso il cuore dei «poteri forti» che si identificano in Mediobanca e nel capitalismo familiare italiano, in seguito alla privatizzazione dell'istituto di via Filodrammatici.
Chi lo chiamò nel 1987 alla presidenza della banca d'affari creata da Raffaele Mattioli e da suo zio Adolfo Tino fu un giovane professore dell'Università di Bologna, da poco nominato presidente dell'Iri: Romano Prodi.
In meno di un anno Maccanico riuscì a portare Mediobanca nell'orbita privata.
Successivamente, in qualità di sottosegretario alla presidenza del governo Ciampi, lo stesso Maccanico diede il via all'antipasto delle privatizzazioni, la vendita da parte dell'IRI - presieduta un'altra volta da Prodi - del Credit e della Comit.
L'incarico a Maccanico suscitò una reazione inaspettatata.
Giuseppe Dossetti, già leader della sinistra democristiana negli anni ‘50, poi tra gli ispiratori della svolta conciliare, fondatore del Centro di Documentazione di Bologna, fattosi sacerdote nel 1959, collaboratore del cardinale Lercaro di Bologna e infine fondatore della comunità monastica della Piccola Famiglia dell'Annunziata di Monteveglio, aveva riempito da oltre trent'anni coi suoi «roventi silenzi» la vita politica italiana.
Poi nel 1994 la vittoria di Berlusconi e il progetto di modifica della Costituzione, che egli considerava quasi una propria creatura, scongelarono Dossetti dall'ibernazione politica.
Oramai anziano e malato, tenne a battesimo i Comitati per la Costituzione e tornò a parlare in pubblico.
In una di queste sortite, proprio pochi giorni dopo l'incarico dato a Maccanico, dirà : «certo Maccanico è un uomo molto sperimentato, un vero esperto distillatore di ‘semplici'. Ma ho l'impressione che, abbia o non abbia successo, non sarà facile congedarlo, assiso com'è sui poteri reali e non sui poteri oggi attenuati e quasi nominalistici del Parlamento e dello stesso capo dello Stato».
Dossetti morirà alla fine di quello stesso anno.
Ancora una volta il «vecchio», come lo chiamavano devotamente i suoi, aveva visto qualcosa, ma come era spesso accaduto in tutta la sua esperienza politica ed ecclesiale, non aveva saputo ricostruire il quadro d'insieme.
Ci penseranno i fatti a chiarirlo.
Il 14 febbraio 1996, a causa del rifiuto dei «giustizialisti» di AN al «governo dell'inciucio», presentato come «governo dei migliori», Maccanico rinuncia all'incarico.
Scalfaro scioglie le camere e alle elezioni politiche del 21 aprile 1996, all'interno dell'Ulivo, guidato da Romano Prodi, nel frattempo incoronato leader dello schieramento antagonista di Berlusconi, si presentarono due liste riconducibili all'area di centro-sinistra, quella di «Rinnovamento italiano» (Dini + Patto Segni + Socialisti del SI), e quella dei «Popolari e democratici per Prodi» (PPI + Partito Repubblicano + Sà¼dtiroler Volkspartei + l'Unione democratica, un piccolo raggruppamento di area laica, costituitosi proprio attorno all' ex ministro Antonio Maccanico).
Con buona pace di Dossetti, i suoi erano anch'essi comodamente «assisi sui poteri forti» e l'Ulivo vinse le elezioni.
Prodi forma il governo.
Durerà 876 giorni, quando il voto contrario di Rifondazione Comunista lo farà cadere.
E' un governo di «lacrime e sangue», tutto teso a «riassestare» le finanze pubbliche per portare l'Italia nell'Europa di Maastricht, quella dei tecnocrati e delle oligarchie laiciste.
Prodi spreme l'Italia come un limone, con una finanziaria, quella del 27 settembre 1996 da 62.500 miliardi di lire, cui si aggiunge il «decretone» di fine anno con misure fiscali per oltre 4.300 miliardi di lire (eurotassa) cui seguirà il 27 marzo 1997 una manovra correttiva di 15.500 miliardi e il pacchetto Treu sull'occupazione.
E' qui che inizia la flessibilità .
Ma, BR a parte, ora che governa Prodi, tutti zitti.
Il 28 settembre 1997 una finanziaria da 25.000 miliardi sarà il preludio di una finta crisi di governo, superata col «bluff» della legge sulle 35 ore.
Il 25 settembre di un anno dopo, il Governo approva una Finanziaria da 14.700 miliardi.
Oramai Prodi ha fatto quel che doveva fare e dopo un tira e molla di circa due mesi in novembre viene impallinato in Parlamento.
Il regista del golpe (ma lui smentirà sempre) viene ad essere indicato in D'Alema, che lo sostituisce a Palazzo Chigi.
Prodi se ne va … in Europa.
...
Continua, con la parte più "succosa", al link che ho dato sopra.
Ciao
Art. Federico
40a Btr, AMF(L)
Gr.A.Mon. "Pinerolo"
(4° Rgt. A. Mon.)
Brigata Alpina Taurinense
3°/86