Hellis ha scritto:La Repubblica è un giornale come un'altro. Mica leggo solo quello. Diciamo che ogni tanto, seppur in modo pilotato etc etc, resta forse l'unico giornale dove qualcuno ogni tanto fa giornalismo d'inchiesta.
Ma non illuderti: non ci spendo molti soldi in edicola (Focus a parte). In genere preferisco un libro, e non di quelli da filosofi eruditi: Il Maestro di Scherma, La pelle del tamburo, La neve cade sui cedri, Simon, Il figlio dei ghiacci.... insomma qualcosa che mi rilassa e che mi porta lontano, dopo giornate passate sulle bizze matematiche dell'automazione.
Per rispondere a Federico: ci sono due guai sul fatto di cambiare lavoro.
Il primo è che il mio lavoro mi piace. Parecchio. E non ci metto nemmeno un 'nonostante tutto', perchè ho la fortuna di fare qualcosa che mi piace e che mi permette di vivere.
In seconda battuta ci permette, impegnandoci anche con rinunce, di fare in modo che mia moglie possa crescere le nostre bimbe, senza per forza cercarsi un lavoro. Dopo 9 anni e mezzo da genitori posso dirti che è una scelta che paga.
Ah, ma guarda Hellis, che io ti capisco benissimo, dato che più o meno siamo nelle stesse condizioni (lavorativamente parlando).
Ma il punto è proprio questo: chi, come noi, rischia del suo e conseguentemente si crea degli spazi di autonomia e di autonoma gestione del suo, è sommamente inviso alla cosiddetta casta e, sopratutto, a chi alla casta sta sopra (perchè qualcuno al di sopra c'è, è impossibile che non lo
sentiate, che non ne abbiate come una vaga sensazione da qualche parte).
E' ovvio che il mio scritto di prima era una sorta di prestare la tastiera al parassita simbolo par excellance: colui che vive, letteralmente, grazie alle fatiche altrui e che, pagato con le tasse estorte a quest ultimo (estorte perchè il servizio reso in cambio è, in confronto alle cifre sottratte all'economia reale, inesistente e perchè buona parte dei cosiddetti servizi sono in realtà intralci e pesi morti), in molti casi non riesce nemmeno più a pensare che, per definizione, il suo ruolo è quello del pubblico servitore. Per costui siamo noi, la sua linfa, ad essere al servizio suo, e non il contrario.
Tu, col sudore della tua fronte, e col dolore della tua schiena, consenti a tua moglie di dedicasi all'educazione delle tue bimbe: ciò che dovrebbe essere la norma in una società in ordine. Però, agli occhi del castaiolo doc, tu in questo modo non fai che sottrarre "carne" alla macina pubblica e quindi, in ultima analisi, ad un suo (della macina) possibile ulteriore ingrassamento. Tu sei un ostacolo alla crescita ulteriore del moloch. Ti assicuro che questa è una sacrosanta verità , molti di costoro codesto pensiero non ce l'hanno in maniera plateale e aperta come io ti ho esposto, si tratta però di una sorta di sottofondo esistenziale per cui, alla fin fine, tutto ciò che è privato (cioè TUO) è brutto e da eliminare.
Io ho potuto toccare la cosa con mano, purtroppo, quando siamo stati visitati da una coppia di ispettori INPS: mai in vita mia, avendo seguito la cosa in prima persona ne sono stato diciamo così, protagonista, ho avuto la sensazione di essere profondamente disprezzato, odiato personalmente e direi ontologicamente da qualcuno come in quell'occasione. La morale della faccenda è stata: tu, maiale, puoi
esistere solo ed esclusivamente alle mie condizioni. Come dici? Che non è fattibile pena chiusura e se chiudi 12 persone vanno a casa? Non ci interessa per nulla, anzi: costoro verranno a dipendere ancora più direttamente da noialtri, che su di loro potremo lucrare ancora un pochino di potere. Tu non
sei niente, che noi non si voglia.
Ciao
Art. Federico
40a Btr, AMF(L)
Gr.A.Mon. "Pinerolo"
(4° Rgt. A. Mon.)
Brigata Alpina Taurinense
3°/86