Ecco, Hellis, quando scrivi così io mi chiedo che cosa diamine ci fai dall'altra parte (quella sbagliata

) del fiume.
Altro che opinabili, mi pare buon senso ben distillato: un po' come nella pubblicità di quella famosa grappa: via la testa, via la coda, rimane solo il buono.
Io, non avendo figli, non saprei che dirti sulla scuola. Ho 4 nipoti, però, e i miei fratelli, loro genitori, non mi paiono del tutto scontenti. Del resto, però, non è un argomento che si sia mai affrontato in profondità .
Dipendenti: noi, semplicemente, non ce li possiamo (più) permettere: costano troppo. Ma sono d'accrodo con te: i pochi che abbiamo, valgono tanto oro quanto pesano. Età : sopra i 35 anni.
Poi abbiamo dei contratti a progetto e delle P.Iva. Va da se che il nostro settore è propedeutico a questo: essendo essenzialmente dei creativi, spesso e volentieri la conservazione di una autonomia professionale è ricercata dal "dipendente". E qui nascono i probelmi: la maniera migliore per inquadrarli è, cioè, sarebbe la P.Iva. ma ci sono gli stramaledetti studi di settore, imbecille sistema messo in atto per mettere fuori mercato i liberi professionisti e deviare tutto sul rapporto di lavoro dipendente, chè sennò l'INPS annega. Il reddito minimo di una P.Iva nel nostro settore è superiore a 25.000 euri annui. Significa che paghi le tasse comunque su quella cifra, anche se non la fatturi, e se non la fatturi ti vengono a rompere le scatole (ispezioni, controlli e via cantando) per vedere il perchè non la fatturi (presunzione di reato: fai del nero. Perchè da noi funziona così: sei tu a dover dimostrare di essere innocente, non loro a dimostrare la tua colpevolezza. Evviva il Diritto). Ciò significa che un giovane che potrebbe avere ENORMI possibilità di trovar lavoro come libero professionista, nella realtà delle cose ha contro un sistema, lo Stato, che fa di tutto per castrarlo. Come è possibile immaginare che un ragazzo appena diplomato o brevelaureato in grafica e/o comunicazione "pretenda" (cioè: non è lui che pretende, è lo Stato che pretende al suo posto) di guadagnare più di 25.000 euri annui cioè più di 50 milioni di vecchie lire? Il risultato è che si fanno i contratti a progetto, che espongono il datore di lavoro a tutti i rischi del caso. In più non soddisfano il lavoratore. Se invece si dovesse assumere come dipendente la stessa persona, essa guadagnerebbe un poco di più, non molto, ma il costo sarebbe pure molto più alto per l'azienda. E non solo in termini economici. Ci sono le ferie + permessi, che si traducono, nella pratica vera, nella possibilità per il dipendente di starsene a casa almeno due mesi all'anno. Cioè tu paghi una persona 13 mensilità all'anno, e questa lavora per 10 mesi, festività nazionali escluse dal conto.
Ci rendiamo conto che è improponibile? E non mi metto nemmeno a parlare della classica sindrome da dipendente che colpisce molti, non tutti, coloro che riescono ad "agguantare" un contratto da dipendente: si siedono. Prima erano disponibili, produttivi, affidabili, onesti, e da un giorno all'altro ti ritrovi con il quasi esatto opposto. Non ne parlo perchè questo, purtroppo, fa parte del rischio d'impresa. Non dovrebbe essere così, beninteso, ma è un'altra delle storture del nostro Paese in cui, da sempre ed in qualsiasi ambito, si cerca di far pagare il conto a coloro a cui ciò non compete.
I co.co.co, che non ci sono più, essendosi trasformati in "a progetto", rendono la cosa ancora più difficile. Difficile fare un progetto che si guadagni il placet dell'ufficio del lavoro. Diminuita la forbice sui costi tra un dipendente e un a progetto.
Quando dici che il licenziamento non è il problema son d'accordo fino ad un certo punto. Se il dipendente è valido, è ovvio che l'imprenditore, prima di lasciarlo a casa, arriva fino all'impensabile, fino alla quasi chiusura dell'azienda. Invece se è una scaldabanchi, dovrebbe essere nel diritto dell'imprenditore liberarsene come e quando meglio crede. Ce la fila, li fuori, di ragazzi e ragazze che si farebbero in quattro per quel posto (ok, di volenterosi sul serio ce n'è pochi. Che la vita sia prima di tutto fottersi e poi semmai, se ce n'è, divertirsi, non è un'idea diffusa), e non vedo proprio perchè l'imprenditore debba sprecarlo per un poco di buono. Le imprese, a dispetto di certe idee che circolano, specie nei sindacati e in certi partiti di sinistra, non sono istituti di previdenza sociale. Che il lavoro sia un diritto, è altamente opinabile. Cioè, lo è, ma a fronte di precisi doveri assolti, che vengono prima dei diritti, secondo me. Nessuno, da nessuna parte, spero voglia impormi l'idea che io come imprenditore, abbia il dovere di dare il lavoro a qualcuno, che si ritroverebbe, come per magia, il diritto di avere il lavoro. E' il contrario: è lui, il lavoratore, che ha il dovere di lavorare con coscienza e sudando. E' mio il diritto di assumerlo.
Ciao
Art. Federico
40a Btr, AMF(L)
Gr.A.Mon. "Pinerolo"
(4° Rgt. A. Mon.)
Brigata Alpina Taurinense
3°/86