Qualche volta mi è stato chiesto come è nata la mia passione per le fortificazioni, ed ho raccontato che tutto è iniziato quando, recatomi in zona Cavazzo Carnico per fotografare una forra posta nelle vicinanze, mi sono imbattuto nell'ingresso dell'opera 6 del gruppo Cavazzo (per me all'epoca era solo uno "strano buco").
Il "contorno" non può quindi che essere una foto che ho fatto quel giorno
Bella foto anche questa. Dovrebbe essere la ferrata italiana sulla parete nord del Mangart. Anche questo é un ricordo della Guerra Fredda, attrezzata negli anni '50 per consentire agli alpinisti italiani di salire alla vetta senza dover sconfinare con il rischio di finire nelle mani dei graniciari jugoslavi i quali avevano come casermetta l'attuale rifugio posto alla sommità della strada militare.
midnight ha scritto:Belle cose
Visto che il Mangart "tira", rilanciamo...
Io rilancio con non solo il Mangart ma Jalovec,Jof Fuart,Jof di Montasio ecc. la qualità della foto non è delle migliori (è una mia vecchia diapositiva) ma un mare di nuvole così dalla cima della Creta di Collinetta o Cellon che dir si voglia è un colpo di fortuna.
Tutte foto che celebrano degnamente le Alpi Giulie, montagne grandiose e selvagge che, nonostante le quote altimetriche non elevatissime, rimangono tra le mete alpinistiche più ardue e impegnative. Si parte dai fondovalle e per raggiungere cime e forcelle si devono coprire dislivelli notevoli. Ne sanno qualcosa gli Alpini della Julia e gli alpinisti più in generale. Fa un po' eccezione il Mangart se salito dalla parte slovena, percorrendo la famosa strada militare che porta poco sotto l'omonima forcella. Le foto in bianco e nero esaltano la severità dell'ambiente e danno un tocco un po' "d'epoca". Restando in argomento storico-militare si può ricordare come ai tempi della Jugoslavia quei luoghi fossero teatro di fughe rocambolesche e rischiosissime, con persone che per evitare le concertine di filo spinato che sbarravano le forcelle e i militari jugoslavi che le presidiavano, si calavano con metodi empirici lungo le pareti nord della catena del Mangart per scendere in Italia trovandosi spesso in condizioni disperate, molti di essi devono la vita al gruppo del soccorso alpino di Cave del Predil di cui era componente anche il fortissimo alpinista friulano Ignazio Piussi, il quale oltre a compiere imprese estreme su quelle pareti, scambiò pure qualche fucilata con i graniciari jugoslavi. Tutti episodi che appartengono a quella storia del confine orientale del dopoguerra che non è mai stata compiutamente scritta.
Grazie per queste preziose informazioni che sicuramente non tutti conoscono. Devo dire che l'idea di calarsi con mezzi di fortuna su montagne come queste mi fa accapponare la pelle, ma di fronte a certe motivazioni probabilmente si può anche osare l'impensabile.
Quoto quanto scritto da 1° San Giusto e vorrei ricordare, nelle vicinanze del Mangart anche la "via della morte" costruita negli anni venti, dai reparti alpini addetti al controllo del confine con l'allora Jugoslavia. Risistemata negli anni 40, sempre dagli alpini e ribattezzata "Via della Vita" anche grazie al fatto che tramite questa ferrata venne portato soccorso a diversi alpinisti. Posto alcune mie foto che rendono l'idea del perchè del primo nome, fatte quando avevo ventanni e venti chili di meno .
Allegati
Traverso a circa metà ferrata
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Sulla verticale sotto il mio scarpone in primo piano i ghiaioni 200mt più in basso
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Ultimo tratto verticale prima della fine della ferrata