Mi hanno segnalato questo articolo su "La Stampa", che riporto qui integralmente:
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Le carte indistruttibili dell'Armata fantasma
Un esercito falso dal '50 al '72 per spaventare il Patto di Varsavia
FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA
E' una eredità della Guerra Fredda. E come tutte le eredità si porta dietro i suoi ingarbugliati nodi. Dentro le forze armate italiane ci si sta rompendo la testa attorno a un ormai dimenticato Terzo corpo designato d'armata, che aveva sede a Padova e fu sciolto nel 1972. Qual è il problema? Che quest'ufficio dal nome così pomposo era virtuale. Una scatola vuota. Che però ha generato tonnellate di concretissime scatole piene di carta. Formalmente il comando a Padova doveva entrare in funzione solo in caso di guerra contro il Patto di Varsavia. Di fatto, ha generato un'infinita corrispondenza che serviva a confondere le idee al nemico. Le sue comunicazioni hanno viaggiato da un ufficio all'altro, elencando cannoni, e depositi di carburante, o munizioni, per mostrare una forza che l'Italia non aveva. Si sperava che in un modo o nell'altro le spie dell'Est avrebbero visionato questi documenti, con la regolare stampigliatura «segreto», e così Mosca si sarebbe ingannata sulla reale consistenza del nostro esercito. Un gioco di specchi. Il guaio è che l'ufficio non c'è più da trentasei anni, ma sono rimaste tonnellate di suoi documenti negli archivi militari. E siccome c'è il timbro «segreto» non si possono tranquillamente cestinare. Tutt'altro. Sarebbe un atto contro legge.
Dagli Anni 70, primo governo Andreotti, questo Terzo corpo designato d'Armata non esiste più. All'epoca si è molto almanaccato sui reali motivi dello scioglimento. Era stato talmente ben congegnato, che diede corpo a una consistente dietrologia di sinistra. S'immaginò che fosse stato chiuso per pericoli di golpe. Tanto più che il suo comandante in capo, il generale Carlo Ciglieri, morì nel corso di uno stranissimo incidente stradale: andò a sbattere contro un albero correndo su un rettifilo. Lo scrittore Morris West, che viveva in Sardegna e si diceva avesse rapporti con l'Intelligence Service, nel 1975 scrisse un romanzo, «La salamandra», che sembrava raccontare proprio la vicenda del Terzo corpo. Una storia a metà tra agenti segreti e militari felloni. Ne venne fuori pure un film con Franco Nero e Anthony Quinn. E tanta era la forza della suggestione di quel romanzo, che il Sisde, nato nel 1977, mise una salamandra nel suo scudetto. Secondo un'altra versione, riportata dal libro «Bombe di carta» dello storico Aldo Giannuli, il Terzo corpo designato d'armata di Padova fu sciolto dopo le proteste della Jugoslavia. «Temevano - racconta Giannuli - che si organizzasse un finto incidente di frontiera per giustificare un'aggressione».
La sua storia è stata talmente ammantata di mistero, ed è così carica di interrogativi, che persino Giulio Andreotti non sembra più venirne a capo. Qualche anno fa, lo ascoltarono in Parlamento sui misteri d'Italia. Si finì a parlare della morte di Ciglieri, che era stato comandante generale dell'Arma dei carabinieri ed era morto così incomprensibilmente a Padova. «E' rimasta da chiarire - disse allora Andreotti - la questione del generale Ciglieri “designato d'armata”. Il grado di generale d'armata fu soppresso nel dopoguerra; però fu conservato per un certo tempo (anche se non sono riuscito a conoscere la data precisa della soppressione di fatto) un incarico potenziale di "designato d'armata" che sarebbe entrato nelle funzioni nel caso di un conflitto, avente una struttura minima che aveva sede a Padova. Questo incarico fu ricoperto, come ultima delle sue mansioni, dal generale Ciglieri. Io non sono riuscito, ripeto, a conoscere la data esatta di tale soppressione, ma in via d'ufficio si può risolvere la questione... Non sono riuscito a saperlo dal ministero, perché non si sapeva quale ufficio potesse conoscere questo dato».
Appunto, a forza di giocare con gli specchi, a un certo punto del Terzo corpo designato d'amata non si sapeva più nulla. O non se ne voleva sapere. Comunque sia andata ha esaurito la sua funzione da oltre trent'anni. Eppure i documenti che per due decenni sono partiti da Padova sono ancora ammonticchiati in giro per le caserme italiane e a Roma, allo stato maggiore. Sono diventati nel frattempo un incubo legal-burocratico. Si cerca il cavillo. Una soluzione all'italiana. Lo scoglio è nella classificazione, cioè il timbro che dice: «Segreto». La legge prescrive infatti che solo l'ente originante può «declassificare» i suoi documenti segreti, ridimensionarli a carte di nessuna importanza, e quindi destinarli al macero. Ma poiché il nostro ente in questione nel 1972 fu sbaraccato in tutta fretta, come si fa? Chi altro può declassificare le carte al suo posto? Boh. Situazione grottesca, ma dannatamente complicata. E le sue carte «segrete» stanno sempre lì.
«Certo che me lo ricordo bene, il Terzo corpo designato d'armata», sbotta Francesco Cossiga. «Dunque... Secondo la pianificazione dell'Alleanza atlantica, il generale in capo a Padova era “designato” a divenire comandante in capo di tutta la Combat Zone. Sotto il suo comando, qualora fosse stato deciso dal governo un certo grado di “allerta”, sarebbero finiti tutti i militari presenti nel Triveneto. Ma non solo: il generale d'armata italiano avrebbe comandato anche i reparti inglesi e francesi che sarebbero affluiti da noi per contrastare l'invasione sovietica. Il generale avrebbe poi preso pure i pieni poteri civili. Il personale delle prefetture e delle questure sarebbe stato militarizzato e passato alle sue dipendenze. Era la guerra».
La guerra che veniva da Est. «Sa - insiste il senatore a vita - per il comando di Padova si facevano spesso esercitazioni. Tutti i nostri ministeri. E le capitali dei Paesi alleati. C'entrava anche la famosa Gladio. I suoi nuclei erano concentrati nella Combat Zone perché dovevano agevolare la fuga delle persone importanti e aiutare l'infiltrazione degli agenti dei servizi segreti. I nostri e quelli alleati. A volte, la realtà è più romanzesca di quanto si creda». Per fortuna rimase tutto sulla carta. Troppa carta.