Da noi, Batteria pluriscaglione (nel senso che c'era almeno un rappresentante di ogni scaglione arruolato), tutto girava in funzione dei mesi. La frase "si va per mesi" serviva a far capire l'ordine di in cui bisognava disporsi, in senso fisico oppure figurato, per qualsiasi cosa. Naturalmente l'ordine poteva essere crescente o decrescente, a seconda della cosa da fare. Se c'era da coprire servizi, allora i Rospi erano i primi. Se c'era da andare in mensa, i Rospi erano gli ultimi.
Io, che ho avuto l'invidiabile privilegio di rivestire l'ambitissimo ruolo di Figlio Batteria (e cioè il più rospo dei rospi, l'ultimo degli ultimi, perchè del mio scaglione, gli unici due allora in forza in Batteria erano uno in Fureria (e ne aveva già abbastanza a coprirsi da solo tutti i servizi di Fureria) e l'altro a Susa per il corso Conduttori, e, per di più, erano già arrivati da BEN tre settimane almeno) ho potuto godere di questa situazione appieno. In una situazione non drammatica (per me) come avrebbe potuto essere una esercitazione all'estero (dove, per altro, ben difficilmente sarei stato solo, dato che in quelle occasioni la Batteria era ai massimi organici). Ma tutti i campi estivi, la decina di giorni che li precedettero, la polveriera appena successiva (rientrati Sabato mattina in caserma, Lunedi mattina ero in polveriera), e diciamo fino alla fine di agosto/inizio settembre, il rospaccio fui sempre e solo io. Ricordo la prima settimana, quando arrivai. La Batteria era tutta in licenza, o quasi. Era da non molto ritornata dalla Germania, e le licenze premio, per almeno una parte del personale, erano state posticipate grazie ai famosi missili di Lampedusa, che avevano messo in allarme rosso la Batteria e - ovviamente - segato tutte le licenze. In pratica, vista anche la scarsità di personale, io montai ininterrottamente per 7/8 giorni (con una mezza giornata, una Domenica, di libera uscita, e solo perchè i miei vennero a trovarmi) di piantone diurno e notturno (naturalmente il turno centrale. Un paio di volte l'ultimo. Mai il primo)
Nulla di mortale, dico ora. Ma vi assicuro che allora non fu per nulla facile. Tanti i momenti di scoramento, e di arrabbiatura. Unita al trattamento non certo protettivo e comprensivo del Capo e del mio Sten.
Fin qui, però, si è trattato in fin della fiera di servizio. E, come ebbi modo di apprezzare più avanti, e di considerare a freddo negli anni seguenti, la cosa mi ha insegnato che ciò che la mi veniva detto i continuazione e cioè: "sei figlio e ti fotti" è la pura e semòlice verità . Funziona così dappertutto e indipendentemente dalla "cattiveria" dei non-figli dell'organizzazione in cui ci si trova.
Nonnismo? Zero assoluto. Ma non perchè i miei vejass fossero un branco di verginelle pure e caste. Semplicemente un pao di mesi prima che arrivassi io, successe che un allora rospo (sospettato fu sempre il 1°/86 se non erro), allucinato dai trattamenti, appena riuscì ad andare in libera uscita, andò da a dire tutto da conoscenze che aveva in ambiente Magistratura. Immaginatevi solo la quantità di M.... che si riversò sulla Batteria. Per cui, tutto finito. Mi raccontarono un po' di cose. Ma non avendole viste di persona - e pur non avendo assolutamente motivi per dubitare dei racconti fattimi - non ritengo opportuno raccontare.
Rimaneva - capii qualche mese dopo, e mi scusai col Vejass che, in qualità di Sergente di Giornata, mi accolse in Batteria e si beccò dei miei per lui incredibili rifiuti, solo la goliardia e la tradizione. La principale? La pincia, naturalmente. Direi sacra. Ogni volta che si faceva qualche cosa per la prima volta, si andava giù. Diciamo che si passava un bel po' di tempo a pompare
Ciao
Art. Federico
40a Btr, AMF(L)
Gr.A.Mon. "Pinerolo"
(4° Rgt. A. Mon.)
Brigata Alpina Taurinense
3°/86