Marco Mattei
Soldato
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Reparto: Battaglione L'Aquila

Un alpino abruzzese che ancora racconta della Russia.

Fra un po' sarà l'anniversario di Nikolajewka ed in questi giorni di gennaio mi viene da pensare a che punto si trovavano i nostri alpini in ritirata. Dove era Rigoni e Danda con il Vestù, Revelli con il Tirano, Corradi con il Comando della Tridentina, gli abruzzesi del Battaglione L'Aquila con Prisco.
Oltre che sui libri, le storie della Ritirata ho la fortuna di ascoltarle ancora dalla viva voce di un alpino del mio paese che dopo mille traversie ha riportato la pelle a casa. Si tratta di Augusto Di Loreto, classe 1918, che per noi tutti è "zio Augusto".

Zio Augusto aveva fatto un corso da radiofonista ed partecipò alla campagna di Grecia con la Divisione di fanteria Arezzo. Il reparto di Augusto, incalzato dai Greci, arrivò sulla Vojussa in piena. Per salvarsi bisognava attraversarla a nuoto. Augusto, che non sapeva nuotare, ebbe la fortuna di aggrapparsi ad un tronco per passare ma molti furono travolti dalle acque.

Rientrato in Italia fu aggregato alla Tridentina con il grado di sergente ed arrivò a Bergamo poco prima della partenza, giusto in tempo per ritirare la nuova divisa ed il cappello alpino. In Russia era schierato sul Don davanti alla città di Pavlosk. Le radio non funzionavano e Augusto fu mandato a Rossoch per un corso di combattimento anticarro organizzato dai tedeschi. Gli diedero una tuta mimetica bianca con un teschio nero sul petto, uno stemma che non prometteva niente di buono. Infatti insieme ai tedeschi prese parte a azioni oltre il Don che consistevano nello scavare buche nei punti di passaggio dei carri armati russi, attaccare mine magnetiche sotto i carri, tirare una cordicella e rotolare al lato della strada per ripararsi dall'esplosione della mina. Le prime azioni ebbero successo, poi i russi tenevano un carrista di vedetta pronto a sparare e di ritorno da una pattuglia poco fortunata Augusto riportò sulle sue spalle un tedesco ferito.

Quella tuta imbottita di fattura tedesca con il simbolo della morte gli salvò la vita durante la ritirata quando si dormiva all'aperto a -40°. Augusto non era in reparti organici, faceva parte del fiume di sbandati e di Nikolajewka ricorda la corsa nel tardo pomeriggio per entrare nell'abitato. Mi ha raccontato di situazioni in cui se l'è vista veramente brutta, di uno scontro con un ufficiale italiano finito a pistolettate, di quando con alcuni compagni sfuggì alla prigionia uccidendo i partigiani russi che li avevano presi e portati in un'isba. Dopo Nikolajewka fu ferito ad un piede durante un mitragliamento aereo, si trascinò a pecoroni per due giorni ed una notte finchè trovò posto su una slitta. All'ospedale di Charkow evitò l'amputazione del piede con la pistola di ordinanza in pugno e lasciò la città con l'ultimo treno sotto un bombardamento.

Tornato in Italia , perse il piede. L'otto settembre si trovava all'ospedale del Celio a Roma quando si sparse la voce di un rastrellamento dei tedeschi. Nel fuggi fuggi smarrì il cappello alpino che aveva riportato dalla Russia.
Augusto ha fatto una carriera in Banca d'Italia e solo da pensionato, tornato al paese si è fatto coinvolgere dal nostro Gruppo alpini. Ha comprato un cappello nuovo ed il fregio di reduce di Russia, procurato da un alpino della Valcamonica, glielo abbiamo regalato in occasione del cinquantenario del Gruppo nel 2004.

Già nel 1812 alcuni del mio paese parteciparono alla campagna napoleonica di Russia in reparti organizzati dal Re di Napoli Goiacchino Murat. Nel 1942-'43 zio Augusto era con la Tridentina ma i più erano nel Battaglione L'Aquila ed il cappellano militare Don Ascenzo De Rosa fu Medaglia d'argento.
Speriamo che in questo secolo qualche altro politico incosciente non ci organizzi un'altra settimana bianca in Russia.
Marco Mattei
Battaglione L'Aquila
Cp. 119 Mortai
"Va sicure, ce stengh'i"

Occhio alla penna!

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