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scrik
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LETTERATURA ALPINA

ciao a tutti, sono nuova di questo forum, però conosco l'autore e gran parte di voi. Mi piacerebbe scambiare, se vi va, quattro chiacchere letterarie alpine.
Magari dandoci qualche suggerimento o facendo recensioni o ancora commenti su qualche frase che può aver colpito. Poi può servire anche a rinfoltire la parte bibliografica del sito... si sa mai...:)

Intanto inizio con un libro che io amo moltissimo. Piero Jahier "Con me e con gli alpini" (Quaderno Primo)
Lo potete trovare edito da Mursia oppure online interamente presso questo link: http://www.archive.org/stream/conmeecon ... t_djvu.txt
e sarà nella libera uscita, quando il cantiere metterà fuori il tavolo, che un gotto biondo bagnerà la penna e suggellerà la stima. (P.Jahier 1916)
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Re: LETTERATURA ALPINA

Io consiglio la lettura de "I lunghi fucili" di Cristoforo Moscioni Negri, il tenente del "sergente".
Finora ho letto tre libri scritti da reduci del Vistù.
Questo in particolare mi è piaciuto perché piuttosto schietto: poca retorica antibellicista di contorno, non vengono dimenticati i dissapori con i comandanti e la meschinità dettata dall'istinto di sopravvivenza.
Per esempio ho vi ho trovato conferma degli investimenti di sbandati a opera degli autocarri in ritirata, che battevano disperatamente le piste per sfuggire alla sacca, come rappresentato in una scena affettatamente patetica inserita in uno dei film suggeriti da btgtolmezzo, il macchiettistico "Italiani brava gente", dove un furgone carico di assiderati investe storpi e feriti che gli si parano davanti, con tanto di cappellano che in tal girone dantesco sgrana un rosario di nunc et ora morte nostra amen: nel libro è riportato un episodio relativo all'inizio della ritirata (ad Opyt o Podgornoje, mi pare, ma controllerò meglio) in cui il nostro tenente puntò il fucile contro l'autiere di un mezzo per far passare in sicurezza, tra i ranghi scomposti della colonna sbandata, gli uomini del proprio plotone.
Solo Bedeschi, tra gli altri, alla fine della sua opera prima fa riferimento alle slitte che trascinandosi fuori dalla sacca stritolavano sotto lo scafo e i pattini le ossa di chi, precedendole, si era accasciato sulla neve una volta per tutte.
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